Grønn, nuova via di misto invernale allo Zucco Barbisino (Alpi Orobie)

Il report di Marco Serafini che il 16 gennaio 2022 insieme a Emanuele Cavenati e Lorenzo Maddaluno ha completato Grønn, una nuova via di misto invernale sulla parete nord dello Zucco Barbisino nella Valle dei Mughi (Piani di Bobbio, Alpi Orobie). I primi due tiri corrono paralleli alla via Andrea Dry (V. Cividini) di cui Grønn condivide l'attacco.
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Grønn allo Zucco Barbisino (Alpi Orobie): si inizia a schiavare strapiombi sul quarto tiro
archivio Marco Serafini

Sono le cinque di mattina quando io ed Emanuele inforchiamo gli sci e iniziamo lentamente a risalire la strada di servizio dei Piani di Bobbio. Il silenzio è interrotto solo dal fruscio delle pelli e dal ticchettio dei bastoncini sulla neve gelata. La temperatura è appena sopra lo zero. Fa troppo caldo per accendere i cannoni e anche i gatti, che ci hanno accompagnato nei precedenti avvicinamenti, oziano alla base delle piste. Ancora intorpidito dal sonno, mi chiudo nel cappuccio della giacca come se volessi tornare a letto e lascio che gli sci scorrano da soli. Presto cominceremo a scambiare battute per rompere la tensione, ma per ora ci godiamo il silenzio e il buio, come se avessimo rimandato la sveglia di qualche minuto.

Non è la prima volta che saliamo ai Piani di Bobbio. Nel vallone dei Camosci, proprio sopra le piste da sci, aprimmo la nostra prima via di misto sulla piccola parete dello Zucco di Pesciola. Da allora siamo tornati ogni anno per aprire una nuova linea, ma senza mai avventurarci nella ben più selvatica Valle dei Mughi, dominata dalla Nord dello Zucco Barbisino.

Questa parete è tutta un’altra bestia, sia per dislivello che per esposizione e qualità discutibile della roccia. Le vie classiche che da bambino salivo d’estate con mio padre sono diventate pericolose e frequentate solo d’inverno, quando la neve trattiene i massi pericolanti. Gli ultimi anni l’ho sempre guardata di traverso, sperando un giorno di poter aprire una via anche lì. Eppure gli sci non hanno mai preso quella direzione e ci hanno sempre portato verso la più solare parete del Pesciola, dove arrampichi sentendo le grida degli sciatori e ti senti già con i piedi sotto al tavolo del rifugio.

Iniziare un grosso progetto richiede un periodo di convincimento, come il ragazzino che cerca il coraggio di lanciarsi da un tuffo troppo alto. Bisogna prima esaurire tutte le scuse; arrampicarsi troppo in alto ed essere costretti a lanciarsi nel vuoto. Così nell’inverno del 2021 eliminai anche l’ultima scusa, pellando fino alla base della parete con mio padre e i miei cani, per scovare la linea di salita. Quel giorno nacque Grønn, tracciando con le dita una linea che solcasse direttamente la fascia strapiombante al centro della parete. Scrutando il Barbisino con il cannocchiale che utilizziamo durante le ricognizioni, intravidi un solco nerastro che sembrava tagliare di netto gli strapiombi. Non potendo però valutare la qualità della roccia, tornai a casa con la speranza che il colore più scuro indicasse roccia più sana, rispetto al giallo/arancio che contraddistingue questa porzione di parete.

Un amico di recente ha scritto del godere della lentezza di queste aperture. Penso proprio che si riferisse a questo momento, quando torni a casa con un'idea che piano piano diventa ossessione. La foto della parete sul desktop in ufficio e la mente che sale la linea centinaia di volte al giorno. Le prime uscite, dove scopri se quello che avevi immaginato è reale o resterà solo sulla carta, e un pezzo dopo l'altro, la tua via che prende forma.

Per due giorni spingiamo l'immaginazione fin sopra gli strapiombi, dove la parete inizia ad inclinarsi. Risalendo le piste ripasso mentalmente le prime lunghezze. Ne restano quattro o cinque da aprire, l'ultima volta ci siamo calati dopo il tiro chiave. Più di metà via ancora da scoprire, ma dovremmo aver superato le difficoltà maggiori.

All'ingresso della Valle dei Mughi lasciamo gli sci e incontriamo Lorenzo, che ha passato la notte in tenda. La luna è piena, ma bassa, donando a tutto una tonalità giallastra. La neve è dura e primaverile, frutto di un inverno mancato, con poche precipitazioni e temperature imbarazzanti. Risaliamo la valle quasi di corsa. Lentamente il cielo si trasforma in una piscina tropicale, infiammato da un azzurro turchese che mi è capitato di vedere solo alle prime luci invernali. Giunti all'attacco spegniamo la frontale e ci dividiamo il materiale, mentre il JetBoil ronza contento e ci prepara un po' di acqua calda.

Ci slegheremo al tramonto, otto ore e mezza più tardi. Tra i nodi, un'avventura bellissima, con un tiro centrale da mozzare il fiato. Un tiro emozionante, molto continuo ed aereo; si arrampica nel punto più esposto della parete, a picco sui pendii nevosi basali. Superata la fascia strapiombante rincorriamo il sole per altre cinque lunghezze tra camini, traversi e scivoli di neve gelata. Riusciremo a sfiorarlo, dopo nove tiri uno più emozionante dell'altro, sbucando alla croce di vetta sotto un cielo terso che inizia a tingersi di arancio. Due pacche sulle spalle e imbocchiamo il sentiero di discesa scherzando su possibili nomi per la via e confrontandoci sulla gradazione dei tiri.

Ora come sfondo sul desktop c'è un'altra parete. Il Barbisino è dimenticato tra le righe della relazione di Grønn e la mente già corre sulla nuova linea da scoprire.

di Marco Serafini

SCHEDA: Grønn, Zucco Barbisino, Alpi Orobie


Link: www.nuoveviesulleorobie.it




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