Ghost Dog sul Sasso Pordoi per Corrado Pesce e Jeff Mercier
Ma torniamo a Pesce e Mercier. Dopo aver appurato assieme all'amico Andrea Di Donato che la linea sul Sassolungo non era in condizioni di essere salita, il 3 dicembre i tre hanno cambiato obiettivo in base ai consigli che gli avevano dato gli amici. Il Pordoi, dicevano, sembrava in condizione e quindi i tre alpinisti hanno salito la via Fedele per "dare un'occhiata e per capire un po' che strategia adottare" e dopo aver salito 150m hanno lasciato il materiale e sono scesi lasciando le corde. "Eticamente discutibile" mette subito le mani avanti Korra "ma se non altro ci ha permesso di riprenderci dalla serata precedente."
Il giorno successivo, sveglia presto e risalita delle corde fisse "per guadagnare tempo prezioso", poi purtroppo Di Donato non si sentiva bene e ha deciso di scendere a valle. Dopo aver salito, ancora al buio, qualche lunghezza su roccia Pesce e Mercier hanno raggiunto il primo ghiaccio, un'esile e fragile colata di 45m protetta all'inizio da due spit piantati durante un tentativo precedente. Il tiro successivo ha superato la grande stalattite a forma di piovra e li ha poi portati ad una zona meno difficile dove hanno proseguito in conserva. "L'ambiente è fantastico e il ghiaccio era a 60 - 70 gradi, molto bagnato e quindi facile da scalare" ci ha spiegato Pesce, aggiungendo "visto che si trattava di un budello non volevamo fermarci in un punto così esposto."
A questo punto mancavano solo due tiri per raggiungere l'enorme cengia ma la salita era diventata una corsa contro il tempo: alle 13:30 il sole avrebbe toccato la cascata, rendendo la scalata molto pericolosa. Anzi, precisa Pesce, "in realtà il cengione prende il sole molto prima e già dalle 11 il volume d'acqua che colava è aumentato in modo preoccupante..."
Un tiro di 30m, dietro un cono di ghiaccio e mal prottegibile, ha poi aperto la strada per la bella candela finale di 30m, salita fortunatamente senza problemi da Mercier. Finalmente al sicuro sulla cengia i due hanno deciso di lasciare tutta l'attrezzatura e continuare la salita il giorno seguente, quindi una volta asciugato il materiale hanno attraversato la cengia, legati e assicurandosi a vicenda nei tratti potenzialmente a rischio di valanga.
Il giorno seguente li ha visti risalire presto con gli sci e già all'alba erano in azione per affrontare gli ultimi 200m per raggiungere il plateau sommitale. Qui, come ci ha spiegato Korra, "le difficoltà non sono estreme, è piu un misto tra sezioni tecniche, talvolta su ghiaccio scollato e terreno più facile". Poi, una volta in cima, i due sono scesi velocemente al colle e quindi sono rientrati a valle.
Alla nostra domanda come mai hanno spezzato la salita invece di continuare Korra ha risposto "Sarebbero bastate un po' di nuvole ed una conoscenza del plateau per scendere di notte, era quello che pensavamo di fare in tre, ma essendo in due tutto era più complicato. Sui primi tiri lungo la via Fedele il secondo di cordata arrampicava con 4 picche, due paia di ramponi, le 10 viti da ghiaccio, ed il materiale di primo soccorso. Abbiamo largamente sopravvalutato diversi aspetti di questa avventura, come la difficoltà del passaggio della piovra - non sempre quel tipo di profilo riserva delle difficoltà oneste e la roccia era splendida e protteggibile senza spit. Inoltre non volevamo scendere di notte dal Pordoi. Il che, dopo, ci è sembrato eccessivo e farà sorridere coloro che conoscono quei posti, ma è un po' naturale quando si "visitano" posti lontani da casa."
Da notare che questa è la prima volta per Korra in Dolomiti e quindi l'ultima domanda era d'obbligo, com'è stata l'esperienza? "Bella! Siamo stati entrambi colpiti dalle possibilità di salite su misto qui in Dolomiti. La verticalità ed il carattere delle salite è impressionante, le linee su roccia sono veramente interessanti per la loro lunghezza. Poi nella stagione fredda è tutto molto, molto bello. Torneremo sicuramente."
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