Fitz Roy: Via del Tehuelche seconda ripetizione
Nel gennaio 2009 due guide alpine sloveni, Urban Azman e Boris Lorencic, hanno compiuto la seconda ripetizione della Via del Tehuelche sulla parete Nord del Fitz Roy, in Patagonia. La via era stata aperta con l'uso di corde fisse da Carlo Barbolini, Massimo Boni, Mauro Petronio, Angelo Pozzi, Mauro Rontini e Marco Sterni nel 1986 ma il gruppo era stato costretto a rinunciare circa 100m sotto la cima vera e propria a causa delle fortissimi raffiche di vento sulla cresta sommitale. In ogni caso tutti i componenti della spedizione sono arrivati alla fine della via, che può considerarsi una linea autonoma per il fatto che finisce sulla via Francese (Afanassief).
Dieci anni dopo questa bellissima via di 1300m, che prende il nome dagli antichi abitanti della Patagonia, era poi stata completata con la salita in vetta a Rolando Garibotti e Doug Byerly in stile alpino e in due giorni. Urban Azman e Boris Lorencic sono saliti il 12 e 13 gennaio e ora sono soltanto il secondo team ad aver raggiunto la cima.
Poco prima del loro ritorno gli Sloveni hanno approfittato di una finestra di bel tempo per ripetere la via Fonrouge - Comesana sulla Aguja Guillaumet e, fatto molto più importante, hanno partecipato ad un complicato salvataggio di un alpinista colombiano infortunato sulla Torre de la Media Luna. I pensieri di Lorencic, tra l'altro vincitore del Piolet d'Or 2006 per la salita del Chomo Lhari assieme a Marko Prezelj, obbligano a riflettere.
Via del Tehuelche, Fitz Roy
Il 10 di gennaio le previsioni davano due giorni di bel tempo quindi abbiamo raccolto il nostro materiale e abbiamo lasciato i comfort di El Chalten - la Chamonix argentina - per raggiungere la sella Del Cuadrado dove abbiamo trascorso la notte.
Abbiamo iniziato ad arrampicare alle 7.00 di mattina, salendo per facili fessure verso un'enorme cengia chiamata "Grand Hotel" a circa 1/3 della parete. Siccome le fessure erano riempite di ghiaccio e a volte nascoste sotto la neve procedevamo lenti. Così otto ore dopo la partenza abbiamo raggiunto il Grand Hotel dove ci siamo fermati per riposare.
Sopra il Grand Hotel il "Diedro di Marco" incombeva “minaccioso” - 50 metri di fessure off-width che costituiscono il passo chiave della via, il tiro più difficile. Urban è salito da primo, accompagnanodo il suo sforzo con incastri artistici, un linguaggio colorito e soltanto un Camelot 6 per proteggersi. Questo tiro ci ha spremuto notevolmente, rendendo i tiri seguenti, ricoperti da un leggero strato di verglas, più seri di quello che avrebbero dovuto essere.
Alle 2 di notte avevamo salito cinque tiri, circa 300m, ed eravamo esausti. Abbiamo riposato 4 ore fino all'alba prima di raccogliere le nostre riserve di energie e fare un altro sforzo. Abbiamo dormito poco in una posizione di estrema scomodità, Urban rannicchiato su una piccola cengia mentre io dondolavo sopra l'abisso attaccato all'imbrago. Sentivamo i nostri corpi, intirizziti dal freddo che lentamente si scongelavano con il tipico formicolio ai fianchi e i crampi debilitanti dei piedi.
Alle 6 di mattina quando è sorto il sole stavamo già arrampicando, sollevati di essere in moto nuovamente dopo ore di doloroso riposo. Come per le lunghezze precedenti, le fessure erano riempite di ghiaccio e l'infido verglas ci ha costretto a salire in artificiale (A2) qualsiasi cosa che fosse più difficile del 6a. Mentre il sole si alzava eravamo esposti a cadute di ghiaccio e larghe lastre di ghiaccio scivolavano accanto a noi nell'abisso. La salita in artificiale ci ha rallentato e mentre salivamo abbiamo iniziato a temere lo spietato tempo patagonico - sul ghiacciaio Hielo Continetial abbiamo visto comparire tutti i segni delle tempeste - il "Cassandra Patagonico" presagiva tempo inclemente e disagi in divenire.
Ma il tempo ha tenuto e circa 10 ore più tardi l'arrampicata è diventata più facile e finalmente siamo riusciti a piazzare delle protezioni decenti e a riposarci su soste buone. Ma questa tregua non è durata molto perché in breve siamo arrivati sugli ultimi 5, difficili tiri. Sono partito sul primo e, forte dell'obiettivo cosi vicino, ho tirato una lama che si è staccata senza fare rumore. Sono piombato giù per 10m con la lama ancora in mano... Poi l'ultimo dei 5 tiri difficili l'abbiamo salito nel buio.
Dopo tutto questo ci aspettavamo un finale di facili roccette, circa IV grado, per raggiungere la cima - ma siamo rimasti scioccati: davanti a noi c'era un muro di ghiaccio. Senza piccozze e ramponi eravamo bloccati. Nella ricerca di altre opzioni abbiamo trovato un "pozzo di ventilazione" - una trovata miracolosa. Questo camino ci ha portato su terreno più facile - più facile dei tiri sotto ma più difficile della descrizione della via; e sicuramente più difficile di quello che volevamo alle 2 di mattina. Era come se la parete non si volesse arrendersi fino in cima.
Siamo arrivati in vetta alle 3 – dopo 34 lunghezze in totale - e dopo una breve pausa per le foto abbiamo iniziato la lunga discesa mentre cominciava a nevischiare. Le calate fino al ghiacciaio ci hanno richiesto 8 ore, e siamo stati costretti anche ad abbandonare una delle corde che si era incastrata. Nella tarda mattina abbiamo raggiunto il ghiacciaio, da qui siamo scesi per il Passo Guillaumet e quindi siamo arrivati in tenda. La sera stessa eravamo a El Chalten, al sicuro nell'ostello Lago del Desierto dove abbiamo festeggiato la nostra salita.
Siamo rimasti ad El Chalten per un'altro mese - godendo l'ambiente bellissimo, ricostruendo le nostre forze con cibo decente. El Chalten è un posto bellissimo che offre immense opportunità all'alpinista che abbia delle aspirazioni. Essere allenati è essenziale: questo non è un posto per gente poco allenata e per gli alpinisti part-time. Il tempo inclemente non ci ha permesso di arrampicare nelle falesie e fare boulder attorno a El Chalten, ma a due giorni prima della nostra partenza una finestra di bel tempo ci ha permesso di salire la via Fonrouge - Comesana sulla Aiguille Guillaumet.
Appena prima della nostra partenza da El Chalten un alpinista Colombiano si è rotto una gamba poco sopra il bivacco degli norvegesi, sotto la Torre de la Media Luna. Un gruppo di salvataggio è stato creato dai climbers: la nota spiacevole è che di 100 arrampicatori presenti a El Chalten, soltanto 10 si sono offerti volontariamente di partecipare al soccorso. Vorrei prendere questa opportunità per far breccia nella coscienza di tutti quelli che credono di essere auto sufficienti in montagna. Non lo siete e non lo siamo! Questo purtroppo è più evidente quando succede un incidente. In paesi dove esistono soccorsi organizzati le procedure sono ben conosciuti ed allenati. Ma in luoghi dove non esistono questo tipo di organizzazioni, dipendiamo tutti uno dall'altro.
Quando un nostro compagno rimane ferito - specialmente in posti remoti - le nostre realizzazioni sulle pareti e le nostre fantastiche salite perdono tutto il loro valore - quello che conta in quei momenti è solo il numero delle mani che vogliono aiutare il ferito. C'è bisogno di ogni mano, specialmente se il salvataggio si trova in un terreno complesso come nel caso dell'alpinista colombiano. Amici alpinisti, l'arroganza e l'indifferenza non aiuta, troppo presto uno di noi, uno di voi, avrà bisogno dell'assistenza di qualche altro, di uno sconosciuto nelle montagne, per aiutarti a salire in futuro, per vivere un'altro giorno. Pensateci... Buona fortuna!
Boris Lorencic - Slovenia
Via del Tehuelche
Fitz Roy, 3375m, parete nord
Prima salita: Carlo Barbolini, Massimo Boni, Mauro Petronio, Angelo Pozzi, Mauro Rontini, Marco Sterni, 1986.
Dettagli: 1300m, 6b + / A2
Salita: 12 - 13/01/2009, 44 ore
Note: tutti i componenti della spedizione sono arrivati alla fine della via, che finisce sulla via Francese (Afanassief).
Fonrouge - Comesana
Aguja Guillaumet, 2579 m, cresta NO
Dettagli: 600m, 5 + / A1
Salita: 31/01/2009, 4 ore
Salite in Patagonia di Urban Azman e Boris Lorencic del 2006
El Mocho: Benitiers, 500m, 6b, A1, 4 ore
Ag. Saint Exupery: Claro de Luna, 800m, 6c, 7 ore
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