Eiger: la via Metanoia di Jeff Lowe finalmente ripetuta da Thomas Huber, Stephan Siegrist e Roger Schaeli
Un quarto di secolo dopo l’epica prima salita della via Metanoia da parte di Jeff Lowe sulla parete nord dell'Eiger, l’alpinista tedesco Thomas Huber e gli svizzeri Stephan Siegrist e Roger Schaeli sono finalmente riusciti nella prima ripetizione di questa leggendaria via. Come molti si ricorderanno, Metanoia era stata aperta da Lowe in solitaria in nove travolgenti giorni dell’inverno del 1991 nei quali il grande alpinista statunitense aveva aperto una sorta di "direttissima" tra la via degli Giapponesi e la via Harlin, senza spit e senza corde fisse, affrontando condizioni a dir poco avverse ed una caduta, quasi fatale, durante l’ultimo giorno in parete prima di essere recuperato in elicottero. Dal 27 febbraio al 4 marzo di quel lontano 1991 Lowe aveva effettuato una salita innovativa ed audace, sia in termini di stile che di impegno, che gli aveva anche regalato una visione allargata, più "illuminata", sulla vita in generale.
Nel corso del tempo la via è stata avvolta nel mistero, anche perché è stata più volte tentata senza successo. Fino alla fine dello scorso dicembre 2016 quando Huber, Schaeli e Siegrist hanno iniziato il loro primo tentativo. Dopo un secondo bivacco circa 70 metri a sinistra della cengia centrale, nella parte alta della parete dove Lowe aveva effettuato la sua quinta notte da solo, i tre sono stati costretti a ritirarsi a causa di un repentino peggioramento del tempo. Un secondo tentativo è seguito il 28 dicembre, ma anche questo si è fermato a causa di una tempesta. Il trio è tornato il 29 dicembre e, salendo a questo punto direttamente dallo Stollenloch - il famoso buco della galleria dove passa il treno - ha intrapreso il terzo e decisivo tentativo. Dopo un bivacco vicino alla cengia centrale i tre hanno continuato verso l’alto e hanno raggiunto la vetta in serata il 30 dicembre 2016. Mentre Lowe aveva salito l’intera via senza spit, Huber, Siegrist e Schaeli hanno piantato uno spit da 8mm ad una sosta per "evitare il rischio che cadesse l’intera cordata di tre persone." Inoltre, hanno utilizzato uno spit da 10m sul tiro prima del traverso Hinterstoisser che credono sia stato piantato per supportare il team che ha filmato il documentario "Metanoia."
Jeff Lowe, a cui è stato diagnosticato una malattia neuro-degenerativa 16 anni fa che lo ha costertto alla sedia a rotelle, è stato comprensibilmente entusiasta della prima ripetizione della sua "Metanoia". Il 66enne ha dichiarato: "Thomas Huber ha chiamato per darmi la buona notizia che lui, Roger Schaeli e Stephan Siegrist erano riusciti a ripetere "Metanoia "Sono contento e soddisfatto che abbiano trovato la via difficile, audace, bella e 'visionaria'. La loro conferma sulla qualità di Metanoia è molto gratificante e allo stesso tempo abbastanza umiliante. Ancora meglio, Thomas capisce quello che volevo fare con quella salita; cercavo di creare un esempio di come gli alpinisti possano progredire in una maniera ambientalmente consapevole che onora lo spirito dell'alpinismo estremo."
EIGER METANOIA di Thomas Huber
Il grado di 7/A4/M6 ha un suono piuttosto avventuroso. Soprattutto se applicato ai 1800 metri della parete nord dell'Eiger. Dietro a queste cifre si nasconde un nome misterioso: Metanoia. È un termine greco che significa un cambio fondamentale del proprio pensiero, avere una nuova visione del mondo. La salita prometteva di essere un'avventura impegnativa.
Jeff Lowe, un eccezionale alpinista statunitense, aveva affrontato la nevosa parete nord dell'Eiger da solo nel febbraio del 1991. Il suo obiettivo era una linea inviolata e diretta fino in cima. In quel momento la sua vita era estremamente turbolenta. Le cose non andavano bene e, sia nella vita privata sia finanziariamente, aveva toccato il fondo. Alcuni dei suoi amici pensavano che la sua impresa fosse un atto suicida. Ma per quanto fosse dura la realtà di Jeff, lui ha comunque operato come un orologio svizzero in quel mondo ripido e ghiacciato che è la parete nord dell'Eiger. Con coraggio ha affrontato le tempeste, le placche di roccia ricoperte di neve e ha salito con maestria le sezioni in arrampicata artificiale fino all' A4, spesso lontano da ogni protezione decente. La sua non era una "salita borderline", come noi alpinisti amiamo definire avventure di questo genere. Jeff era semplicemente in un altro mondo, ben distante dalla solita realtà. Qui soltanto gli istinti intrinsechi e l'intuizione ti mantengono in vita. Il suo amore per la figlia era l’unico legame con il mondo "normale".
Jeff ha raggiunto la vetta dopo nove giorni. I suoi amici lo hanno riportato al mondo in elicottero, pochi istanti prima che un'altra tempesta colpisse l'Eiger. Ha chiamato il suo vuoto, durato nove giorni, "Metanoia". Da quel momento in poi la sua vita ha avuto una nuova prospettiva. Da allora ha affrontato le sfide della vita con una mentalità diversa, lavorando duramente con se stesso, con raffinatezza e sensibilità e, allo stesso tempo, divertendosi.
La sua storia mi ha ispirato e mi ha incuriosito. Non esiste una dettagliata descrizione della via.
Nessuno conosce l’esatta linea di salita, o quanto sia difficile davvero. La linea era stata tentata più volte fino ad oggi, ma non era stata ancora ripetuta. E poi c’era quel nome misterioso. Suonava come la porta di accesso ad intuizioni fondamentali!
L’alpinista svizzero Stephan Siegrist, che è stato sull'Eiger oltre 30 volte, è stato immediatamente attratto da questa storia. Ha portato a bordo anche l’alpinista svizzero Roger Schaeli, che due volte aveva salito la vicina Direttissima dei Giapponesi. Jeff mi ha dato alcuni consigli preziosi per quanto riguardava la linea da salire. Così la nostra avventura su Metanoia poteva iniziare!
Mi sono recato in Svizzera la settimana prima di Natale, il tempo era perfetto. "Ora o mai più!" ho pensato. Abbiamo salito il contrafforte della parete nord dell’Eiger alla luce delle nostre lampade frontali e abbiamo attraversato una difficile fessura a sinistra, il primo tiro chiave della via Heckmair, verso lo strapiombo di Toni Kurz. È una sensazione devastante, essere direttamente sotto il punto dove l'alpinista tedesco Toni Kurz è morto esattamente 80 anni fa, appeso alla corda, di fronte ai suoi soccorritori, mentre pronunciava le sue ultime parole: "Ich kann nicht mehr", non ci riesco più.
È arrivata la luce, tutto era tranquillo, tutto andava bene. Sono salito più a sinistra, verso l'inizio di Metanoia di Jeff, pensando a casa mia. Steff si è preparato per prendere il comando. Faceva freddo, non c’era vento, il clima perfetto! Roger assicurava, io avevo freddo e Steff invece ha salito il primo tiro su roccia favolosa. Una vecchia corda utilizzata probabilmente per una discesa in doppia ha facilitato la nostra salita sulla parte compatta della via. Siamo saliti più velocemente di quanto pensassimo, ma la corda trovata in parete ci toglieva l'avventura. Con il coltello l’abbiamo tagliata dove possibile. Abbiamo percorso il traverso Hinterstoisser. Per le successive due ore e 35 metri Roger è stato occupato con birdbeak, ganci e continue scariche di neve. A questo punto ci siamo resi conto quanto Jeff, all’epoca, deve aver lottato!
Le giornate sono brevi, così siamo arrivati alla fine del secondo nevaio al tramonto. Abbiamo creato una piattaforma dopo aver trascorso una gelida ora a colpire il ghiaccio con le nostre piccozze, non vedevamo l’ora di mangiare la nostra zuppa calda. Roger e Steff, che hanno trascorso ore e ore bivaccando in questa parete, si raccontavano barzellette e ridevano, si sentivano proprio a loro agio. Io invece svevo un po' d'ansia. Ci trovavamo, dopo tutto, sulla parete delle pareti, sulla nord dell’Eiger. Ero stato qui con mio fratello Alexander ed altri amici di Berchtesgaden esattamente 20 anni fa in inverno. All’epoca avevamo impiegato 3 giorni in condizioni di intenso freddo per salire la classica via Heckmair! Ora le condizioni invece erano di gran lunga migliori, quasi perfette. Ma ci trovavamo su una delle vie più dure dell’Eiger, su una Direttissima, su Metanoia. Riuscivo a malapena a distinguere la sagoma dello strapiombo di roccia sopra di noi. Sembrava minaccioso, difficile, folle. Ho provato a ridere ogni tanto, ma ero troppo assillato e "immerso" nella storia di Jeff. I nostri sacchi a pelo hanno reso il bivacco sopportabile. Abbiamo un detto tra noi: "Uno bravo accetta tutto e non si lamenta." Ma nessuno di noi riusciva a dormire per davvero. Metanoia era entrata nelle nostre menti, ci ha seguito nei nostri sogni ad occhi aperti. Forse le battute quella sera erano semplicemente un modo per affrontare lo stress della situazione, considerando quello che ci aspettava il giorno seguente.
Abbiamo lasciato il calore dei nostri sacchi a pelo alle 5 del mattino, siamo entrati nel freddo della notte. Il nostro fornello sibilava mentre si scioglieva la neve. Abbiamo bevuto del caffè caldo e ci siamo mangiati una barretta di muesli, poi alla 5.30 abbiamo iniziato nuovamente a salire, affrontando a zigzag sezioni di misto e piccoli nevai per raggiungere la prima grande sezione della parete. Sul mio imbrago ho sistemato una doppia serie di Friends, nuts, ganci e beak. Ero pronto per Metanoia! Quattro tiri hanno richiesto quattro ore e la parete mi ha offerto tutto quello che l’arrampicata ha in serbo: sezioni dove una caduta non è un'opzione, almeno che non sia molto dolorosa, traversi con la corda, passaggi tecnici, distanti dalle ultime protezioni, roccia marcia e soste complicate su roccia dubbiosa. Il terreno sopra di noi ora si appoggiava un po’. Ero molto contento che tutto stesse procedendo bene. Ero anche completamente esausto mentalmente. Steff ha subito ripreso il comando. Sapevamo che raggiungere la cengia centrale non sarebbe stato male, lì avremmo avuto la migliore chance di trovare un posto per un altro bivacco. Ci siamo resi conto del nostro potenziale proprio lì. La nostra squadra aveva funzionato perfettamente, ci completavamo l'uno con l'altro. L'esperienza che Steff e Roger hanno sull'Eiger era il presupposto perfetto. Noi avevamo quello che Jeff non aveva. Lui era da solo, non era mai stato su quella parete prima, poteva solo contare su se stesso. Ho cercato di immaginarmi al suo posto dopo ogni passaggio difficile. La sua lotta è scorsa davanti ai miei occhi come in un film. Ciò che ha compiuto è semplicemente follia.
Steff ha salito il ghiaccio ripido e la roccia nera e fragile fino alla cengia centrale mentre le stelle brillavano sopra di noi. Le giornate sono brevi, dannatamente brevi! Erano solo le 5 di pomeriggio ed era già buio pesto. La "cengia centrale" non era all'altezza del suo nome. Era piccola, inclinata e non era adatta ad un bivacco di tre persone. Roger ha attraversato 70 metri verso sinistra per raggiungere un piccolo recesso nella parete. Finalmente un buon posto per riposare durante la notte. Erano già le 7:00 quando l’abbiamo raggiunto. Ha cominciato a nevicare. Ma era bello essere lì, in questo bivacco spettacolare! Un grande strapiombo ci proteggeva dalla caduta di massi e dalle scariche di neve, mentre sotto di noi la parete si perdeva verso il basso. Un'oasi nel mondo selvaggio dell'Eiger, un nido d'aquila. Abbiamo mangiato, ma barzellette questa volta ce ne sono state poche. Abbiamo chiesto a Charly Gabl le previsioni del tempo e lui ci ha annunciato una tempesta in arrivo. La neve non sarebbe stato un problema, durante la notte avrebbe già smesso di nevicare. Il vento, però, era previsto che soffiasse da sud. Ciò significava Foehn, una tempesta, con il vento che raggiungeva una velocità fino a 60, 70 chilometri all'ora. Steff ci ha detto che non avremmo avuto alcuna possibilità. Le scariche di neve dall’alto avrebbero reso l’arrampicata sotto la cima impossibile e la caduta di rocce, a causa del vento, avrebbe reso il tutto ancora peggio. Giù di morale ci siamo stetti nei nostri sacchi a pelo. Poi tutto ad un tratto s'è fatto chiaro come di giorno! Non stavamo sognando. Un elicottero volteggiava davanti a noi nella neve e ha illuminato il nostro bivacco con il suo faro. Abbiamo dato il segno che eravamo OK. Non eravamo noi l'oggetto della ricerca notturna. L’elicottero è volato verso le fessure difficili. Per la successiva ora abbiamo assistito ad un salvataggio long line di due alpinisti dal Ragno Bianco. Di notte, durante una leggera nevicata. Pazzesco! Era quasi mezzanotte, metà della notte era già finita. Finalmente tutto era tranquillo e con la neve sembrava Natale.
Al primo mattino la parete nord si era trasformata notevolmente. Il bastione di roccia nera e minacciosa sopra di noi era imbiancato dalla neve. C'era vento, le nuvole ci circondarono e tutto si era fatto molto disagevole. O meglio: era inverno! Non un buon giorno per l'Eiger. L'unica decisione ragionevole era ritirarsi. Abbiamo iniziato a scendere su soste quasi artistiche, a volte discutibili. Eravamo accompagnati da valanghe di neve polverosa e costanti scariche di neve. Abbiamo attraversato i pendii di ghiaccio per raggiungere la traversata Hinterstoisser, poi la fessura difficile. Dopo otto ore abbiamo finalmente raggiunto lo Stollenloch. Eravamo al sicuro e l'unica cosa che volevamo fare era trascorre il Natale a casa. Quel giorno il vento sulla vetta dell'Eiger ha raggiunto picchi di 180 chilometri all’ora.
Il tempo ci ha dato un'altra possibilità subito dopo Natale, il 27 di dicembre. Metanoia non ci lasciava in pace. Eravamo nuovamente sotto lo strapiombo di Toni Kurz. Abbiamo fissato le corde sui primi tiri, volevamo partire il giorno dopo! La nostra nuova strategia era, dopo aver fissato le corde, di riuscire a salire tutta la parete con solo un bivacco. Oggi toccava a Roger salire da capocordata. Affrontava una sfida difficile e artificioso, con beak, ganci e passaggi di misto poco sicuri. Ci è voluto più tempo del previsto perché avevamo tagliato le vecchie corde fisse in molte sezioni. Faceva freddo ma siamo comunque riusciti a fare esattamente quello che avevamo programmato.
Una tempesta ci ha colpito nuovamente il 28 dicembre. Superato il contrafforte siamo stati investiti da tutti i lati da scariche di neve polverosa. Non aveva alcun senso continuare. Siamo fuggiti allo Stollenloch. Due ore dopo eravamo seduti davanti a delle birre e delle frittelle di patate. Non avremmo avuto alcuna chance quel giorno. Ma se volevamo passare il Capodanno con le nostre famiglie, d'ora in poi tutto doveva essere perfetto.
Il 29 dicembre il vento si è calmato e Charly ci ha dato l’OK per i successivi giorni. Abbiamo preso una scorciatoia e abbiamo raggiunto la parete direttamente dallo Stollenloch. Abbiamo attraversato i pendii di ghiaccio per raggiungere le nostre corde fisse, due ore più tardi stavamo nuovamente salendo. Il nostro obiettivo era di raggiungere la cengia centrale e il nostro bivacco al nido d’aquila. Ognuno di noi ha tirato i tiri che aveva salito da capocordata la settimana prima. Siamo stati veloci, il morale era alto. Abbiamo raggiunto la cengia centrale alle 4 del pomeriggio. Steff ha fissato una corda sul tiro successivo mentre io ho attraversato 70m a sinistra verso il bivacco. Abbiamo chiamato questo esposto traverso "il traverso dell’Aquila". Le stelle hanno cominciato nuovamente a brillare nel cielo sopra di noi mentre sotto le luci di Grindelwald scintillavano. Molte persone laggiù si stavano preparando per il nuovo anno o insieme agli amici parlavano dell’anno passato davanti ad una birra. Noi abbiamo steso i nostri sacchi a pelo in una realtà completamente diversa, nel mondo di Metanoia.
Il giorno successivo, il 30 dicembre, Steff è salito da capocordata e ha trovato la linea di Jeff attraverso fragili diedri e fessure. Al traverso dell’Aquila ho preso io il comando. Roger invece è salito da primo due tiri più in alto. Protezioni un po’ distanti sulla placca, poi un imbuto strapiombante. Jeff aveva descritto questo come il tiro più bello di tutta la via. Bello, per me, è tutta un'altra cosa. La roccia era friabile, era una situazione seria, su terreno estremamente ripido. Roger ha salito un tiro di 60 metri per raggiungere la grotta dell’eremita, sotto la Mosca. Qui Jeff aveva trascorso altre due notti in questa cavità rivolta verso il basso. Noi ci abbiamo trascorso solo pochi minuti. Erano le due e avevamo ancora la possibilità di raggiungere la cima quello stesso giorno. Abbiamo salito il piccolo pendio di ghiaccio della Mosca verso le Fessure Finali. Ancora un tiro difficile, friabile, e abbiamo raggiunto la via degli Giapponesi. Roger la conosceva bene, era lui il nostro asso quel giorno. Ha arrampicato velocemente e ha salito l’ultimo tiro in fretta, passando le vecchie corde fisse ed uno spit con anello. Jeff aveva lasciato il suo zaino qui. Quello stesso zaino che poi è stato recuperato nel 2011 da Josh Wharton durante le riprese del documentario "Metanoia". Abbiamo salito gli ultimi 20 metri nella penombra. Poi un ultimo segno di Jeff: un vecchio bong (un cuneo in alluminio forato, usato come ancoraggio, ndr) segnato con nastro blu. Da qui lui era salito verso la cima slegato, tornando alla vita dopo nove giorni in parete.
Dietro di noi c'era l’avventura fredda su una via folle lungo la parete nord dell'Eiger! Il sole che era già tramontato aveva lasciato il cielo con una luce irreale. Quel giorno abbiamo capito perché questa via si chiama "Metanoia".
Con Metanoia, Jeff Lowe è stato in grado di dimostrare che è possibile realizzare delle sfide impossibili soltanto con il cuore. Con la sua salita ha stabilito nuovi standard nell’alpinismo. Oggi questa Metanoia, questo nuovo modo di vedere il mondo e questa nuova mentalità, aiuta Jeff ad affrontare la sua malattia con gioia, coraggio ed amore. Questo atteggiamento è ciò che mi ispira nella vita. Noi, Steff Roger ed io, siamo grati di aver vissuto Metanoia per cinque giorni. E da domani si celebra un anno nuovo!
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