Dente del Sassolungo e Sassopiatto
"Da qui, messere, si domina la valle ciò che si vede, è.
Ma se l'imago è scarna al vostro occhio scendiamo a rimirarla da più in basso
e planeremo in un galoppo alato entro il cratere ove gorgoglia il tempo." (Banco del Muto Soccorso 1991
Le Dolomiti riescono sempre a sorprendere. Guardate il dente del Sassolungo: certo non ci sarebbe nome più adeguato per descrivere questo campanile ricurvo, questa autentica zanna, che svetta e si distingue pur se messa nel mezzo tra colossi di tutt’altra mole come la Torre Innerkofler e il Sassopiatto. E guardate al Sassopiatto: al suo enorme triangolo, con il piano inclinato che con andamento costante e perfetto degrada verso sud mentre, sull’altro lato, è sostenuto da imprendibili bastionate. Fanno una bella coppia il Dente e il Sassopiatto pure se nulla sembra accomunarli, se non la vicinanza e l’essere a chiusura della fila dell’ala più meridionale del Sassolungo. L’uno offre il più docile accesso alla vetta ed è il regno degli escursionisti, l’altro è il simbolo del sesto grado e delle mille forme che può assumere un campanile "made in dolomia". Sono differenze e contrasti a cui le Dolomiti ci dovrebbero aver abituato, ma che ogni volta ci stupiscono e irretiscono, spiazzandoci anche un po’.
Come spiazza l’impresa della Guida fassana Luigi Bernard che, riprendendosi una bella rivincita sulla mancata prima delle Cinque Dita, il 28 giugno 1889 dalla forcella del Sassopiatto trova la sua solitaria via per la cima del Dente. Si può ben immaginare, il Bernard, mentre s’inerpica tra le nervature della zanna alla ricerca della via meno erta, ma pur sempre verticale, per sbucare in cima. Si può ben pensare che sia stato come trovare la strada verso il cielo. La strada che più di ogni altra gli ha aperto le porte verso tutte le altre cinquanta e più nuove salite della sua lunga carriera di Guida, che lo vide tra i protagonisti su tutte le cime del Sassolungo. Come protagonista, in quelle ricerche e vagabondaggi tra i segreti delle rocce, è stata la coppia formata dal chirurgo viennese Hans Lorenz e da Oskar Schuster (lo stesso che ha dato il nome alla famosa fessura sulla nord ovest delle Cinque Dita). Il 18 settembre 1895 i due trovano una variante finale a quella via, già percorsa dallo stesso Schuster e da Wilhelm Lohmüller, che s’infila tra le crepe della parete est del Sassolungo. Proprio sulle loro tracce, già l’anno dopo, nascerà quello che ancora oggi è il sentiero attrezzato Oskar Schuster. Un classico per tantissimi escursionisti che ogni anno lo percorrono raggiungendo la cima della muraglia del Sassopiatto, per poi discenderne la rocciosa schiena inclinata.
Ora, esplorati i lati più deboli, il nostro viaggio per gli opposti contrasti di queste montagne dalle infinite visioni e vie, potrebbe continuare sull’altro lato della montagna, quello difficile ed erto della Prima Torre del Sassopiatto che svetta a due passi dal Rifugio Vicenza. Il 23 e 24 luglio del 1936, sulla parete Nord Est di questa colonna che sorregge il peso dell’immenso scivolo del Sassopiatto, avremmo incontrato Gino Soldà e Franco Bertoldi impegnati nella loro bella via che s’incunea tra gialli strapiombi. Gli stessi che, neanche un mese dopo, avremmo incontrato sulla parete nord est del Dente. Trecentocinquanta metri di ardui strapiombi, fino ad allora insoluti, che i due affrontarono prima con una ricognizione, poi con un tentativo ed un bivacco imprevisto che li portò in vetta. Certo non deve essere stato del tutto casuale se quella via attese ben 27 anni prima di essere ripetuta da Carlo Platter e Emilio Talmon.
E’ ovvio che stiamo raccontando non solo dell’epoca d’oro del sesto grado ma anche di lotte epiche. Poi stiamo parlando di uno dei rappresentati più notevoli di quel periodo come sicuramente è stato Soldà. Tanto notevole che non si può lasciare la Guida di Recoaro senza citare le altre sue vie in quella strepitosa estate del ’36 che lo vide, sempre insieme a Bertoldi, autore anche della salita del diedro Ovest del Campanile Wessely e soprattutto della diretta alla parete Nord del gigantesco Sassolungo. Una via immensa, ripetuta nel 1969 in prima solitaria da quel Reinhold Messner che, proprio in quegli anni, era il simbolo dei nuovi limiti dell’arrampicata e dell’alpinismo. Non fu un caso, dunque, se di lì a poco Reinhold con Sepp Mayerl ritornò sulla grande nord del Sassolungo per tracciare una nuova via…
Ecco alla fine del nostro giro siamo ritornati nuovamente al gigante, al Sassolungo. Perché da lì, "messeri", si domina la Valle e ogni più piccolo masso, singolo dente, torre, spigolo e parete che compongono questo strano mondo a cui alcuni uomini sanno parlare.
di Vinicio Stefanello
pubblicato su Alp Grandi Montagne #31 Sassolungo
>> Vai alla quarta puntata, Torre Innerkofler
L'ALTRO SASSOLUNGO
Capitolo 1: Introduzione
Capitolo 2: Punta delle cinque dita
Capitolo 3: Punta Grohmann
Capitolo 4: Torre Innerkofler
Capitolo 5: Dente e Sassopiatto