Cuori di Ghiaccio al Grand Flambeau, Monte Bianco. Di Anna Torretta
Ricevo la telefonata da Oliviero Gobbi, patron Grivel, "Senti c’è Vertical, la rivista francese, che prepara un articolo sulle vie del Grand Flambeau, ci serve gente, puoi venire?" Non si rifiuta mai una chiamata del Boss, ma tra me e me penso alla qualità della roccia di quella montagna e a tutte le pietre che ho visto alla base delle vie, tutte le volte che ci sono passata. In realtà questa punta l’ho sempre snobbata per pareti apparentemente più nobili. Ma sono andata indietro nei ricordi e mi è tornato in mente il canyon di Pont Rouge in Quebec. Laggiù per trovare le vie di dry, devi solo cercare la montagnetta di sassi per terra alla base della via, e poi alzare gli occhi e vedere la fila di spit che proteggono il tiro. Non è roccia solida, se un passaggio si modifica perché si smonta, si farà in un altro modo, ma a Pont Rouge c’è uno dei Festival di ghiaccio e dry più famosi del Nord America. E allora perché non avere una cosa simile in alta montagna, qui da noi, a due passi dalla funivia? Dove la gente che frequenta il Monte Bianco è anche più preparata ai pericoli oggettivi (leggi alle pietre che possono cadere)?
Al mattino alle 8 in funivia, ci ritroviamo con Florant Pedrini, di Annecy, il fotografo di Vertical, con François Cazzanelli, che rappresenta il futuro dell’alpinismo per le nuove generazioni, il "direttore d’orchestra" Ezio Marlier, il Boss Oliviero Gobbi ed io, la "zia" del drytooling italiano. Ci aspettano condizioni molto dry, nonostante la neve dei giorni scorsi, perché il vento ha pulito tutto, ma il freddo ci fa sentire l’atmosfera invernale. Insieme a noi a scalare anche due militari francesi di Chamonix, e una cordata di polacchi.
Ci siamo divertiti come sulle grandi vie a ritrovare le stesse difficoltà in versione ridotta, François ha anche aperto una piccola variante, per rendere la salita più spettacolare. Nei giorni successivi si sono alternati altri grandi nomi della scena alpinistica: Jeff Mercier è venuto ad aggiungere una via con la guida alpina e fotografo Mathis Dumas, mentre Jon Bracey saliva a ripetere la sua linea, aperta con Enrico Bonino. Anche Emrik Favre è salito, in questi giorni, per una visita a lasciare la firma negli innumerevoli diedri che solcano la parete. Mentre sulle linee vicine, altri alpinisti a loro volta si divertivano. Sono tornata un’altra giornata con la guida alpina Enrico Bonino, che è di casa al Grand Flambeau, per salire altre linee che a causa del tempo erano sempre più dry, mentre Ezio dirigeva i lavori dal basso e Florant era dietro alla macchina fotografica. E’ stato un incontro tra nazionalità diverse, soprattutto italiani e francesi, in un gioco di condivisione, uniti dalla passione per il misto, dove l’amicizia va prima di tutto. Marlier non è stato il primo a salire e non sarà l’ultimo sul Grand Flambeau, ma a lui si deve il giardino che c’è oggi, che prende il nome di Cuori di Ghiaccio, il gruppo virtuale di Facebook fondato da Monia Gaibotti.
Il Gran Flambeau non è il nuovo Eden della scalata del misto moderno, ma un "parco giochi", diventato pubblico in cui entrare senza fare troppo rumore. Si tratta di un terreno di alta montagna, ma a portata di mano, a pochi minuti dalla funivia di Punta Helbronner, la Skyway. È principalmente costituito da un terreno friabile, con intermezzi di roccia solida, e belle fessure, ma anche terra gelata e sassi che muovono, infatti a volte prende la denominazione di Grand Marcione. Per salire le linee è richiesta esperienza alpinistica nel mettere le protezioni rapide, ma anche lettura della via e della roccia. I sassi possono cadere al passaggio delle cordate, quindi anche il sovraffollamento delle linee è assolutamente sconsigliato. È un terreno in cui fare esperienza per le grandi vie del Monte Bianco, ma anche per passare una divertente giornata senza un lungo avvicinamento. Le condizioni della parete sono molto variabili, a seconda della quantità di neve, del freddo, del vento e dell’umidità dell’aria. Non bisogna partire per salire una linea, ma essere pronti a passare a quella a fianco, se la scelta è occupata ed essere liberi di tornare indietro se le condizioni non ci sono.
Un po’ di storia
Il Grand Flambeau è una piccola guglia di granito molto fratturato, che emerge dal ghiacciaio del Monte Bianco, vicino a Punta Helbronner. La montagna non ha mai destato grandi interessi alpinistici. Salita la prima volta il 20 luglio 1876 da Henri Cordier, Jacob Anderegg and Kaspar Maurer dalla cresta sud-est che sale dal col de Saussure, quando il ghiacciaio aveva metri in più di spessore e molta neve che lo ricopriva. Migliaia di alpinisti, per generazioni, sono passati sotto al Gran Flambeau senza degnarlo di uno sguardo. Negli anni sono stati diversi però quelli che lo hanno utilizzato come terreno di allenamento, per fare foto e pubblicità, dai militari, a Reinhold Messner per la Levissima. Ma l’unico grande utilizzo è quello di essere l’ancoraggio principale del pilone sospeso della "Liaison", la tanto criticata funivia dei ghiacciai. Siamo sulla linea di confine tra Francia e Italia, perché il Grand Flambeau fa parte della cresta spartiacque tra i due stati, linea ancora stupidamente causa di attriti tra Francia e Italia, proprio in queste settimane oggetto di discussione in parlamento.
Attenzione
L’alpinismo è un’attività pericolosa a rischio e pericolo di chi la pratica. Ricordate che durante l’estate il Grand Flambeau è soggetto a rilevanti scariche di pietre. Le soste non sono attrezzate per le calate e molte hanno un solo spit, la linea di calata dalla cima è lungo la via Moniamena. Inoltre, nelle stagioni fredde sono da preferire le giornate coperte a quelle di sole, ed è molto importante valutare lo zero termico, per evitare le cadute di sassi.
Attrezzatura: una serie completa di friend fino al 3 BD, cordini, fettucce.
Link: vai a tutte le vie del Grand Flambeau nel database di planetmountain.com