Ciao Monica
Monica. Ti ho conosciuto nel 1989 incrociandoti sul sentiero che porta al rifugio: salivi veloce e avevi un figlio sulle spalle. Noi invece avevamo gli zaini carichi di materiale per scalare lo Strobel: procedevamo lenti e con meno scioltezza. Non ero mai stata prima alla Casera e una volta raggiunta la radura ricordo di aver provato una sensazione di pace immensa, di idillio. Tu eri già affaccendata e ci hai detto rapidamente dove sistemarci: era bastato uno sguardo per creare un’intesa e farci sentire a casa nostra. C’era poca gente e così, più tardi, abbiamo avuto modo di chiacchierare e conoscerci: più o meno la stessa età, ma mondi diversissimi: io cittadina romana turista sui monti, tu valligiana, di casa, già mamma e con un entusiasmo travolgente, decisa a trasformare il "tuo" rifugio, che allora era poco più di quattro tavole inchiodate, in un angolo di paradiso . Non ricordo cos’altro ci siamo dette, naturalmente, sono passati troppi anni. E non so neppure di cosa abbiamo parlato le volte successive che sono salita "da te". So solo che in tante occasioni, nel corso della mia vita, ho pensato a te come a una donna che aveva fatto una scelta di vita che io anche avrei voluto tanto osare e non ho avuto il coraggio di fare. Un giorno, diversi anni dopo, un amico che era passato per la casera mi ha allungato una busta dicendomi: "Questa è per te da Monica". Mi avevi mandato una cartolina con il rifugio e la Rocchetta sullo sfondo, salutandomi con grande affetto e regalandomi quel piccolo portachiavi di legno con la Casera, che ho conservato gelosamente. Poi sono passati gli anni. Due giorni fa stavo parlando con mia figlia per decidere dove andare in montagna a fine luglio. Non ci crederai, ma le avevo proposto proprio la Val di Zoldo e le avevo parlato di te, raccontandole chi eri e cosa facevi: "Non la vedo da decenni – le ho detto – mi farebbe piacere andare a trovarla, è da tanto che ci penso". Non ho fatto in tempo: ieri, nel chiedere ad un amico informazioni su vie facili in zona, ho saputo della tua scomparsa, avvenuta proprio quella mattina. Uno schiaffo. Violentissimo. Verrò ugualmente, Monica, sono certa di ritrovarti in quella radura, di rivedere il tuo sguardo in quello di tuo figlio e di tuo fratello. Vorrei che mia figlia potesse conoscere lo stesso il tuo sentiero, i tuoi alberi, le tue stanze e respirare il profumo di quel prato verde.
di Francesca Colesanti
PELMO D'ORO 2018 - XXI edizione
La Giuria attribuisce la Menzione Speciale Pelmo d'Oro 2018 a Monica Campo Bagatin
Esempio perfetto di valenza montanara, alpinista e madre, Monica Campo Bagatin ha saputo trasmettere la profonda passione per le sue montagne nel Rifugio Bosconero, da lei gestito fin dall' inaugurazione per oltre trentacinque anni. L'accoglienza e la serenità che ha saputo infondere attorno a sé, nonostante le difficoltà di gestione e rifornimento, hanno fatto diventare il Rifugio Bosconero tra i luoghi più amati da valligiani e alpinisti, che qui trovano non solo un punto ideale di appoggio a bellissime escursioni o impegnative e ambite ascensioni, ma anche un rifugio "dell'anima" alla caoticità del mondo moderno.