Cerro Nora Oeste in Patagonia salita da Paolo Marazzi e Luca Schiera
Tutto è nato da una foto di una parete vista nel 2017 e scalata poi nel 2018. Quella volta dalla cumbre abbiamo visto un mondo attorno a noi e abbiamo capito che quel mondo doveva essere scoperto. Il Cerro Nora Oeste era l’epicentro di questo vortice. La tempesta perfetta. Così abbiamo deciso che lo avremmo scalato. Con noi Giovanni Ongaro e Andrea Carretta, praticamente fino al bordo del ghiaccaio,poi Luca ed io abbiamo proseguito da soli.
Ci intimoriva solo pensare di farlo e ci ha fatto cagare sotto vederlo dal vivo. È stato un timore reverenziale verso quella parete, un po’ come l’incontro con un 'baba'. Ci siamo spaventati talmente tanto, con quelle condizioni pessime della parete, che stavamo per tornare verso casa senza nemmeno provarci.
Poi ci siamo fermati, come se dormirci sotto, in una piccola truna scavata da noi, fosse sufficiente per sentirsi parte di quella montagna, e durante la sera e la notte qualcosa è scattato. Le nostre menti hanno visto una linea che i nostri occhi fino a quel momento non stavano guardando. Qualcosa di salibile, apparentemente senza troppi pericoli oggettivi e in giornata. Così siamo partiti, era presto, ma nessuno aveva sonno.
Tutto era liscio e scorrevole, come se avessimo avuto la relazione della via sottomano. Appena a destra e appena a sinistra vedevamo sempre qualcosa che non andava, ma lì, la linea che stavamo seguendo era perfetta. Così, quasi senza rendercene conto eravamo in cima, per rivedere un’altra volta quel mondo di ghiaccio e roccia attorno a noi, a distanza di qualche anno. Ma questa volta ci sentivamo davvero in cima all’occhio dello Hielo.
La via è di circa 900m, sale lungo lo spigolo ovest, con i primi 300m lungo un canale di neve per poi continuare su una parte di roccia misto e ghiaccio. Il grado massimo è 6a+ su roccia e M6+ di misto. Abbiamo pensato di chiamarla Zenin, soprannome di Mario Conti, che proprio nel periodo in cui stavamo entrando verso la parete è uscito un giorno a camminare sulle montagne sopra casa e purtroppo ancora adesso risulta disperso.
A conti fatti, sono serviti sette giorni di avvicinamento, per poi scalare e sfruttare il giorno di bello, altri due giorni per tornare in una zona più o meno sicura, e uno ancora per recuperare il resto del materiale. Da lì, dopo 10 giorni consecutivi di attività, finalmente due giorni di pausa, anche grazie al maltempo. È pazzesco come una tenda sotto il diluvio possa prendere le sembianze di un luxury hotel cinque stelle. Dopodiché, recuperate le forze, altri due giorni di cammino per il trasporto del materiale verso il lago Colonia, da dove iniziare a navigare con i parkraft, prima il lago e poi il fiume.
E, come l’avventura perfetta, anche questa parte ha avuto le sue peripezie, tra ribaltamenti nel fiume, scontri frontali con le rocce nel mezzo delle rapide e forature, siamo finalmente arrivati alla civiltà. Un viaggio pazzesco. Una via che ci ha regalato momenti unici. Semplicemente, un sogno che dopo tanto tempo si è realizzato.
di Paolo Marazzi
La spedizione ringrazia: il Club Alpino Italiano per aver promosso e sostenuto la spedizione
Marazzi ringrazia: Arc'teryx, Black Diamond, SCARPA, Alba Optics, Ragni di Lecco