Cecoslovacchi d'inverno sul Monte Agner, il Gigante di pietra
Ivo Ferrari racconta, attraverso i ricordi dei protagonisti e di Mauro Chenet, la storia dell'avventura dei cecoslovacchi Josef Rakoncaj e Jaromir Stejskal che, dal 29 Febbraio al 4 Marzo 1980, realizzarono la prima salita invernale della Via Dei SudTirolesi (aperta nell'agosto 1967 da Reinhold Messner, Heini Holzer e Gunther Messner) sulla parete Nord-Est del Monte Agner. Una storia d'alpinismo e di alpinisti di altri tempi sul Gigante di pietra delle Pale di San Martino (Dolomiti).
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Josef Rakoncaj e Jaromir Stejskal in vetta al Monte Agner dopo la prima invernale della Via Dei SudTirolesi
Josef Rakoncaj
“Col binocolo in quelle giornate colorate di bianco e nero, seguivo la loro progressione. Poco prima che venisse buio preparavano il bivacco a suon di “badilate”: osservavo la neve gettata nel vuoto, immaginavo i loro terrazzini spioventi diventare comodi letti destinati alla notte... l’Agnèr era carico, come lo è sempre d’inverno e a valle, alla Locanda, il termometro segnava sotto, molto sotto lo zero”. Così Mauro Chenet ricorda quei giorni di un inverno passato.
Negli anni del secolo scorso, un gruppo di forti alpinisti soggiornava al cospetto delle grandi pareti d’inverno, compiendo con le loro famose “campagne alpinistiche” numerose prime. In Valle di San Lucano sorge, slanciato e ombroso, il Monte Agnèr, il Gigante di Pietra: un appicco maestoso segnato da storiche vie, la Sudtirolesi è una di queste. Mentre il “mondo” alpinistico sembrava rivolto solamente alla stupenda Civetta, la Parete delle Pareti, il Gigante Agordino era, e lo è tuttora, il regno del silenzio.
Alla fine del febbraio 1980, due alpinisti dell’Est arrivano in Valle San Lucano:
“Erano fuori dalla Locanda: due zaini enormi, si gelava e la stufa bruciava legna in continuazione, parlavano una lingua incomprensibile, ma dai loro visi si intuiva determinazione”.
Il giorno ventotto viene speso per raggiungere il bivacco Cozzolino: bisogna scavare un trincea nella neve. Ore ed ore di difficile marcia al cospetto di un ombra “gigantesca”, nel silenzio più totale. La “scatola” del Bivacco è riparata, grazie ad un enorme sasso, da pietre, neve e slavine. All’interno, coperte ammuffite e rese dure dall’umidità e dal gelo.
Ventinove febbraio: dopo la solita misera colazione, si esce all’aperto, poca differenza dall’interno, ma un colore diverso... Salire fino all’attacco della Sudtirolesi è complicato d’estate, figuriamoci d’inverno con il canale carico di neve, gli zaini pesano e il freddo è pungente, a nord niente si assesta. Una lunghezza ed il giorno finisce, lasciati i carichi più pesanti alla base si ritorna al Cozzolino per un’altra notte tra le sue lamiere.
Primo marzo, la relazione poco precisa costringe i due Cecoslovacchi ad inventarsi “nuove” e “complicate” lunghezze, forse la relazione è scritta in italiano? Ci si alza piano piano, lunghezza dopo lunghezza, appiglio dopo appiglio... ed è di nuovo notte!
Le notti invernali sono lunghe, lasciano il tempo ai pensieri di scontrarsi tra loro, i dubbi sono sempre in agguato...
Due marzo: quarto e quinto sostenuto, tutto da pulire, tutto da salire... le giornate sono terse, magnifiche, sono invernali...
Tre marzo: i tiri più duri, ghiaccio da spaccare e appigli da ripulire, roccia da chiodare, gli zaini meno pesanti ma il fisico sempre più provato dalla fatica amplificata dal freddo...
Quattro marzo: camini terminali, ancora neve, alle ore quindici due uomini raggiungono prima la cima e poi il bivacco Biasin, sono i soli sulla montagna, hanno appena vinto il Gigante, sono riusciti nell’impresa. Sì, perché salire d’inverno il Gigante non è cosa facile. Poca gloria li aspetta ma tanta, tantissima soddisfazione. La notte al Biasin è più confortevole ed i raggi del sole arrivano a scaldarlo la mattina del cinque marzo. Si scende a Frassené dove la solita “anima” benevola riporta gli Alpinisti in Valle di San Lucano La Sudtirolesi ha avuto l’invernale.
Mauro ricorda ancora:
“Erano lì fuori con un piccolo fornello, non so cosa stessero cucinando, ma la Ester li ha fatti entrare, al caldo. Senza parlare troppo, hanno bevuto brodo e mangiato minestra, erano stati in parete compiendo una salita straordinaria … era bello guardarli, ci siamo scambiati sorrisi e loro hanno voluto il nostro indirizzo, quello della Locanda. Poi, ogni anno ricevevo una cartolina, erano sempre in giro per il mondo a scalare montagne … si ricordavano sempre di quel brodo e quella minestra … era bello ricevere cartoline”.
di Ivo Ferrari
Si ringrazia Josef Rakoncaj
Via Dei SudTirolesi, parete Nord-Est, Monte Agner (Dolomiti) Apritori: Reinhold Messner, Heini Holzer e Gunther Messner 17-18 agosto 1967
Prima Solitaria: Bruno De Donà 16 settembre 1978
Prima Invernale: Josef Rakoncaj e Jaromir Stejskal 29 Febbraio 1-2-3-4 Marzo 1980
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Negli anni del secolo scorso, un gruppo di forti alpinisti soggiornava al cospetto delle grandi pareti d’inverno, compiendo con le loro famose “campagne alpinistiche” numerose prime. In Valle di San Lucano sorge, slanciato e ombroso, il Monte Agnèr, il Gigante di Pietra: un appicco maestoso segnato da storiche vie, la Sudtirolesi è una di queste. Mentre il “mondo” alpinistico sembrava rivolto solamente alla stupenda Civetta, la Parete delle Pareti, il Gigante Agordino era, e lo è tuttora, il regno del silenzio.
Alla fine del febbraio 1980, due alpinisti dell’Est arrivano in Valle San Lucano:
“Erano fuori dalla Locanda: due zaini enormi, si gelava e la stufa bruciava legna in continuazione, parlavano una lingua incomprensibile, ma dai loro visi si intuiva determinazione”.
Il giorno ventotto viene speso per raggiungere il bivacco Cozzolino: bisogna scavare un trincea nella neve. Ore ed ore di difficile marcia al cospetto di un ombra “gigantesca”, nel silenzio più totale. La “scatola” del Bivacco è riparata, grazie ad un enorme sasso, da pietre, neve e slavine. All’interno, coperte ammuffite e rese dure dall’umidità e dal gelo.
Ventinove febbraio: dopo la solita misera colazione, si esce all’aperto, poca differenza dall’interno, ma un colore diverso... Salire fino all’attacco della Sudtirolesi è complicato d’estate, figuriamoci d’inverno con il canale carico di neve, gli zaini pesano e il freddo è pungente, a nord niente si assesta. Una lunghezza ed il giorno finisce, lasciati i carichi più pesanti alla base si ritorna al Cozzolino per un’altra notte tra le sue lamiere.
Primo marzo, la relazione poco precisa costringe i due Cecoslovacchi ad inventarsi “nuove” e “complicate” lunghezze, forse la relazione è scritta in italiano? Ci si alza piano piano, lunghezza dopo lunghezza, appiglio dopo appiglio... ed è di nuovo notte!
Le notti invernali sono lunghe, lasciano il tempo ai pensieri di scontrarsi tra loro, i dubbi sono sempre in agguato...
Due marzo: quarto e quinto sostenuto, tutto da pulire, tutto da salire... le giornate sono terse, magnifiche, sono invernali...
Tre marzo: i tiri più duri, ghiaccio da spaccare e appigli da ripulire, roccia da chiodare, gli zaini meno pesanti ma il fisico sempre più provato dalla fatica amplificata dal freddo...
Quattro marzo: camini terminali, ancora neve, alle ore quindici due uomini raggiungono prima la cima e poi il bivacco Biasin, sono i soli sulla montagna, hanno appena vinto il Gigante, sono riusciti nell’impresa. Sì, perché salire d’inverno il Gigante non è cosa facile. Poca gloria li aspetta ma tanta, tantissima soddisfazione. La notte al Biasin è più confortevole ed i raggi del sole arrivano a scaldarlo la mattina del cinque marzo. Si scende a Frassené dove la solita “anima” benevola riporta gli Alpinisti in Valle di San Lucano La Sudtirolesi ha avuto l’invernale.
Mauro ricorda ancora:
“Erano lì fuori con un piccolo fornello, non so cosa stessero cucinando, ma la Ester li ha fatti entrare, al caldo. Senza parlare troppo, hanno bevuto brodo e mangiato minestra, erano stati in parete compiendo una salita straordinaria … era bello guardarli, ci siamo scambiati sorrisi e loro hanno voluto il nostro indirizzo, quello della Locanda. Poi, ogni anno ricevevo una cartolina, erano sempre in giro per il mondo a scalare montagne … si ricordavano sempre di quel brodo e quella minestra … era bello ricevere cartoline”.
di Ivo Ferrari
Si ringrazia Josef Rakoncaj
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