Carletto Alverà, l'addio ad un'altra bandiera degli Scoiattoli di Cortina
Non passava inosservato Carletto Alverà. Non perché si mettesse in mostra. E non certo perché fosse uno che parlava molto. Tutt'altro. Lo notavi subito perché sembrava avere qualcosa di speciale. Forse era il portamento. Forse era quel suo fisico dritto, da atleta, che lo distingueva anche a 90 anni. Perché Carletto era figlio di un'altra epoca, di altre montagne. Ce l'aveva nello sguardo, proprio dentro agli occhi, quella nobiltà antica e sincera. Almeno così mi è parso dalla prima volta che l'ho conosciuto. L'occasione per me è arrivata con Rosso 70, il film che racconta la storia dei 70 anni degli Scoiattoli di Cortina, di cui Carletto Alverà “Lete” è uno dei protagonisti.
Il ricordo di quell'incontro è ancora vivo. Carletto, classe 1918, è una delle bandiere del Gruppo degli Scoiattoli di Cortina. Basti pensare che entrò nel Gruppo nel 1941 e ne fu presidente per 17 anni (dal '57 al '74). Non era tra i 10 giovanissimi fondatori solo perché nel '39 era militare alla Scuola Alpina di Aosta. Maestro di sci e guida alpina dal 1942. Va detto – e non è particolare da poco – che per molti anni fu anche il “barbiere” di Cortina. Carletto, insomma, era conosciuto da tutti, e da sempre.
Tra le sue tante scalate non può essere dimenticata, nel 1941, una delle primissime ripetizioni della Dimai – Comici alla Nord della Cima Grande di Lavaredo. Quella volta con lui c'era il “Vecio”, alias Ettore Costantini, un pilastro tra i fondatori degli Scoiattoli e un alpinista che, con l'altro Scoiattolo Claudio Apollonio, ha legato per sempre il suo nome alla splendida via sul Pilastro della Tofana di Rozes.
Chi sa di alpinismo, sa che per l'epoca salire quella via sulla Nord della Grande era un'impresa. Tanto più che Carletto, come raccontava lui stesso, si “sbagliò” e aprì una variante difficilissima. Pochi lo sanno. Come non molti sanno che era un vero asso con gli sci. Eccelleva nel salto, nel fondo e nella discesa, tanto che più volte fece parte della squadra nazionale di sci. E tra le altre, nel 1943, vinse la gran combinata di Cortina. Carletto, appunto, era un atleta e un uomo di altri tempi. Un vero campione.
Mentre, per il film, ci raccontava la sua storia ci accorgemmo che tralasciava molti particolari. Le sue vittorie e medaglie, per esempio - quelle sono cose che abbiamo saputo dagli altri Scoiattoli. Invece, piano piano, e con una semplicità e normalità che oggi non può non stupire, dalle sue parole emergeva l'essenza stessa di una vita. “Le cose belle” ci disse “sono belle anche quando finiscono”. Una frase che non potrò mai dimenticare. Grazie Carletto.
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