Cala Cimenti, cima e discesa con gli sci dal Nanga Parbat
“Una spedizione non si può dire finita fino a quando non si è tornati tutti quanti in sicurezza al BC. Vero Patata? OK, È FINITA!!!…” Ecco come Carlo Alberto Cala Cimenti ha comunicato ieri il suo ritorno, dopo alcune ore di tensione e paura durante la discesa, al campo base del Nanga Parbat dopo aver raggiunto la vetta di 8126 metri alle 14:46 del giorno prima, insieme ai compagni di cordata Vitaly Lazo e Anton Pugovkin.
Cimenti si era recato ai piedi della nona montagna più alta della terra all’inizio di giugno e insieme ai russi ha subito iniziato la fase di acclimatamento e l’istallazione dei campi lungo la via Kinshofer. Il 30 giugno i tre hanno iniziato il loro tentativo per la vetta, raggiungendo non senza fatica il Campo 3 situato a 6742 metri il 1 giugno, mentre il giorno seguente hanno raggiunto il Campo 4 a 7150 metri. Le previsioni del tempo erano ancora buone e così alle 3 di mattina di mercoledì 3 luglio è iniziato il tentativo per la vetta.
“Faccio a volte 6, a volte 10 passi. Il cielo è azzurro e il panorama uno spettacolo. Vedo l'ombra degli sci sulla neve e già mi pregusto la discesa. Risparmio Energie. Non c'è ragione di tirare per arrivare 1 o 2 ore prima” ha comunicato Cimenti durante la salita. Così, dopo 16 ore di sforzi, hanno raggiunto la vetta. “Sono sdraiato in cima al mondo e piango e rido e ti amo” il messaggio inviato a sua moglie Erika Siffredi.
La cima, si sa, è soltanto la metà del viaggio ed in discesa verso il Campo 4 ci sono stati, per chi seguiva la progressione dell’alpinista torinese, alcune ore di paura quando improvvisamente si è fermata la posizione del GPS. Fortunatamente dopo un’ora l’alpinista ha ripreso la discesa e, ormai al buio, ha raggiunto il Campo 4, mentre il giorno seguente sono scesi, calandosi lungo il muro Kinshofer e rientrando sani e salvi a Campo Base.
A gettare luce su quei momenti di paura è stata proprio la moglie di Cala, che ha raggiunto l’alpinista telefonicamente "mi ha risposto con la solita tranquillità che lo contraddistingue" ci ha raccontato Erika. “Alla fine non era successo niente di grave. Come sapete il progetto di Cala era scendere dal Nanga con gli sci e per questo aveva preparato una piazzola pochi metri sotto la cima, dove è partito con Vitaly. Anton invece aveva già deciso di scendere a piedi ed era andato avanti, si erano dati appuntamento dove avevano depositato uno zaino. Cala e Vitaly hanno quindi iniziato la discesa ma faceva molto freddo e dopo poco si è formato uno zoccolo. Per tutto quel tempo è rimasto fermo, togliendo lo zoccolo da sotto lo sci.” E poi? “Non si è messo i ramponi, è sceso con gli sci! Ormai era buio, ha dovuto fermarsi un’altra volta a prendere la frontale, poi con calma ha sciato fino al Campo 4.”
Il giorno successivo i tre sono scesi fino al Campo 3 con gli sci. Poi tra il Campo 3 e Campo 2 se li sono dovuti togliere sul pezzo ghiacciato dove avevano le corde fisse, e dopo essersi calati lungo il muro Kinshofer hanno continuato la discesa in sci fino al ghiacciaio. Dove ad aspettarli c'erano gli amici ed una meritata coca cola. Ed i festeggiamenti.
Per la cronaca, in questi giorni sono saliti in cima lungo la stessa via anche Stefi Troguet e Sergi Mingote, come anche Boris Langenstein mentre la sua compagna di cordata Tiphaine Duperier si è fermata a 7800m circa. Langenstein è sceso con gli sci da circa 50m dalla vetta e ha raggiunto Duperier. La prima discesa in sci è stata effettuata nel 1990 dall’alpinista sudtirolese Hans Kammerlander e dallo svizzero Diego Wellig.
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