Busa dei Preeri in Valle dell'Adige e la via La donna nuda con le mani in tasca
L’idea di questa via nasce in seguito all’apertura della via Chiodo fisso sulla stessa parete insieme a Michele Lucchini nel 2015. Scendendo dal sentiero che porta alla base della parete, saltellando tra una zecca e l’altra, diretti a gran velocità verso la birra, un’ultima occhiata alla parete mi fece venire un idea malsana. I miei occhi si posarono infatti ancora una volta sull’evidente rigola azzurra posta proprio sopra la grande volta, consolidando la voglia di andare a vedere se quella linea fosse scalabile. In queste situazioni le opzioni a disposizione del chiodatore non sono molte… come un tarlo quella voglia si insediò e cominciò a scavare.
Dopo i consueti confronti con gli amici chiodatori di Verona, decido di dirigermi verso quella linea azzurra nella primavera del 2017. Il compagno Max Costa si offre volontario per farmi una sicura e per capire il significato di ‘chiodatura dal basso’.
L’idea di come aprire questa via era ben consolidata nella mia mente, grazie agli anni passati con gli amici a scalare e chiodare vie a spit e non: salire in libera, rifiutando l’utilizzo di mezzi artificiali, accettando l’utilizzo del cliff solo per piantare gli spit e solo dove necessario per pararsi il culo.
In occasione della mia ultima visita nel 2015 avevo notato alcuni spit che si innalzavano dalla destra dell’antro. Sul terzo penzolava una maglia rapida. Decido così di salire per una linea che speravo abbandonata, ma che ahimè scopro proseguire (successivamente scoprirò che si tratta della via Senza un domani). L’alternativa di aprire una variante che partisse dall’interno della grotta non mi piaceva sia per la qualità della roccia che per i possibili attriti. Inoltre la grande volta è veramente maestosa e l’idea di piantare alcuni spit al suo interno non mi andava a genio, alcuni posti credo infatti siano da preservare dalla nostra smania di roccia (purtroppo l’interno della grotta è stato già imbrattato da poveri nostalgici armati di bomboletta).
Decido così di sfruttare i primi spit degli altri apritori e di aprire una variante sulla sinistra di quella linea (sperando che gli apritori non se la prendano). Posta la sosta, ed affrontato l’aereo traverso al di sopra della grotta, mi ritrovo alla base degli azzurri. Purtroppo l’ora è tarda e le vecchie batterie del trapano non mi consentono di proseguire. Fisso la statica e torno a casa.
Pochi giorni dopo è sempre Max ad assicurarmi per il primo tiro sopra la grotta. La voglia è tanta e non posso fare altro che staccare la spina, spegnere il cervello ed entrare nella bolla. Quando torno alla realtà ho raggiunto un punto di sosta ed i piedi soffrono per il caldo. Chiodare da soli risulta sempre faticoso, per questo chiedo a Max se vuole proseguire: un occhiata al tiro successivo lo convince definitivamente che una birra è quello che desidera per il momento.
La terza giornata di apertura viene dopo un anno, a causa di lavoro, caldo, viaggi e giri per le foreste europee. La voglia di salire e di continuare il mio progetto è immensa ma è necessario farlo maturare un po’: magari crescono le prese. Tra un discorso e l’altro scopro che l’amico Davide Zock Zocca vorrebbe venire a vedere questa parete. Gli propongo di unirsi all’avventura ed ovviamente lui è raggiante.
Con l’ing. Zock l’organizzazione è rapida e precisa, e finalmente arriviamo all’ultima sosta su cui era posizionata la statica. Dai miei ricordi offuscati ero sicuro di avere di fronte un tiro con poche prese e sbarrato da un tetto (struttura aliena alle mie conoscenze di placchista). Parto quindi leggermente a destra non vedendo molta speranza di riuscire a passare sulla bella linea azzurra. La situazione mi preoccupa inizialmente ma non mi arrendo facilmente all’idea di dover abbandonare il mio progetto. Apro l’erogatore, stacco la spina e parto per il mio consueto trip di adrenalina, spalmi, gioia ed esposizione. Per me è pura poesia. Riesco a chiodare quasi due tiri impegnativi e con protezioni non molto ravvicinate ed alla fine, sfinito, decido che la via la concluderò un altro giorno.
Dopo poche settimane torno con Max e Zock, entrambi arruolati per questo ultimo giro, e mi rendo conto che gli ultimi metri che sembravano facili non sono proprio una baggianata. Il riassunto di questa ultima giornata è infatti: risalita su statica con trefoli a vista, un bel volo (dell’ordine di grandezza in decine di metri) a causa di un bel disgaggio inaspettato, un paio di voli su friend miracolosi, una calata su cliff e una lotta con la vegetazione sommitale che mi ha fatto propendere per un’ultima sosta poco prima della fine della parete.
Finalmente siamo alla fine di quest’epopea. In calata aggiungiamo un paio di spit al posto dei chiodi insicuri e dei friend per garantire una ripetizione della via con soli 10 rinvii.
In conclusione ne nasce una linea che corre proprio sopra la grotta, tra roccia azzurra, rossa e grigia di qualità eccezionale, con difficoltà abbastanza continue ed un grandissimo senso di vuoto sia in salita che in discesa. La chiodatura è a spit inox e zincati del 10 non sempre ravvicinati. La discesa in corda doppia lungo la via richiede necessariamente di rinviarsi lungo i tiri per evitare di rimanere appesi nel vuoto.
Concludo ricordando che la via si aggiunge alla bellissima selezione di linee già chiodate (Spigolo dei Preeri, Chiodo Fisso, Balle Spaziali e Senza un domani) tutte ottime linee che offrono una arrampicata mai banale e su bellissima roccia. Inoltre nelle vicine pareti sono presenti altre vie di stampo alpinistico (Camera con vista, A Milo e Claudio): ottimo ripiego all’inflazionata valle del Sarca e comode salite pomeridiane.
La via è nata come progetto personale tuttavia non esisterebbe senza il grande supporto di Max e di Zok che mi assistono nelle lunghe sessioni di chiodatura, senza battere ciglio, e mi fomentano tutte le volte che l’adrenalina mi da al cervello e mi porta a prendere decisioni poco sagge.
di Tommaso Marchesini
SCHEDA: La donna nuda con le mani in tasca, Busa dei Preeri, Val d’Adige