Baffin Island: il report finale della spedizione di Favresse, Villanueva & Ragni di Lecco. Di Matteo Della Bordella
Mi ricordo ancora quando nel 2009 vidi il film "Asgard Jamming" in una serata di Nicolas Favresse e Sean Villanueva a Sport Specialist, vicino a Lecco: quel film è stato per me qualcosa di rivoluzionario. Avevo già sentito parlare di questi due fortissimi arrampicatori Belgi, ma non conoscevo il loro stile; prima di vedere quel film non immaginavo nemmeno che si potesse fare dell’alpinismo in questo modo.
Ai miei occhi questi ragazzi furono i primi a portare allegria, musica e divertimento anche in un ambiente difficile ed isolato, spingendo l’arrampicata libera a livelli altissimi e con uno stile impeccabile. In quella spedizione per esempio (ma anche in altre successive) fecero qualcosa di incredibile: più di 300 km a piedi trasportandosi tutto il materiale) ed una parete che non ha nulla da invidiare a El Capitan salita in arrampicata libera, fecero dell’alpinismo di alto livello con la "A" maiuscola, e lo fecero in modo innovativo, raccontando il tutto con uno stile unico, allegro e divertente.
Negli anni successivi a quella serata mi sono tenuto in contatto con Nico e Sean e qualche volta abbiamo arrampicato anche insieme… fino a che, quasi per caso quest’anno ci è venuto piuttosto spontaneo unirci in un unico team.
Personalmente ero alla ricerca di un’altra spedizione simile a quella in Groenlandia di due anni fa insieme agli amici Svizzeri Silvan Schüpbach e Christian Ledergerber. Simile come idee e stile, ma possibilmente diversa a livello di pareti e mezzi di trasporto.
Avevo individuato l’isola di Baffin ed in particolare la Stewart valley come il luogo che poteva fare al caso nostro e così ho pensato di proporre subito l’idea ai miei amici Luca Schiera e Matteo De Zaiacomo "Giga", i quali si sono subito rivelati entusiasti. Siamo tutti e tre membri dei Ragni di Lecco e quest’anno è il 70esimo anniversario del nostro gruppo; abbiamo pensato che questa spedizione sarebbe stato un modo fantastico anche per celebrare questa ricorrenza! Poi, in modo abbastanza casuale, sento Nico, il quale mi comunica l’intenzione sua e di Sean di andare nella Stewart valley nell’estate 2016…
Eravamo tutti alla ricerca di un’avventura che ruotasse attorno a delle pareti belle, grandi e difficili da salire in arrampicata libera, ma che allo stesso tempo andasse aldilà della pura sfida alpinistica ed arrampicatoria. Eravamo alla ricerca di una spedizione in un luogo remoto e lontano dalla civiltà, dove già raggiungere le pareti e tornare indietro avrebbe rappresentato di per sé una vera avventura.
Quando prima di una spedizione si condividono le stesse idee, gli stessi obiettivi e la stessa filosofia, anche prendere certe decisioni diventa più facile. Per citare un noto proverbio possiamo dire che volevamo "la botte piena e la moglie ubriaca", ovvero volevamo aprire diverse vie ed essere nelle migliori condizioni possibili per scalare, ma allo stesso tempo vivere l’avventura del viaggio all’andata ed al ritorno, in un ambiente incredibile. Così per soddisfare entrambi i nostri desideri abbiamo adottato un compromesso, che è stato quello di farci trasportare in motoslitta, da un cacciatore locale, una parte del materiale e dei viveri, fino in fondo al Walker Arm.
La nostra non è stata quindi una spedizione 100% by fair means, come quella di Stefan Glowacz e Robert Jasper, ma ci ha permesso di avere più di un mese di tempo a disposizione per arrampicare su queste fantastiche pareti e scalare diverse vie. A posteriori personalmente posso dire che, visto il potenziale e l’elevata qualità del luogo in cui siamo andati, non sono affatto pentito di questa scelta, che lascia comunque spazio a un miglioramento dal punto di vista dello stile.
A fine maggio tutti eravamo entusiasti e non vedevamo l’ora di partire per questo nuovo viaggio. C’era solo un’ultima cosa da sistemare: la questione "musicale". Nico e Sean sono musicisti provetti, ma noi tre italiani ce l’avremmo fatta a tenere il loro ritmo? Personalmente non sapendo suonare nessuno strumento, nei mesi precedenti alla spedizione avevo cercato di imparare a suonare lo scacciapensieri ("se non altro è piccolo e pesa poco" avevo sempre pensato…), Giga invece aveva "rispolverato" il violino (che suonava quando andava alle medie) e Luca, che dei tre era sicuramente il più portato per la musica, aveva deciso di tenere il suo talento ben nascosto, e si accontentava di tenere il ritmo del gruppo.
Così il 3 giugno siamo partiti dal paese di Clyde River; la temperatura era intorno agli 0 gradi, il paesaggio completamente imbiancato dalla neve ed anche il mare era ancora completamente ghiacciato. La distanza dal paese di Clyde River all’obiettivo principale di questa spedizione, il Great Sail Peak, era di circa 200 km. Abbiamo impiegato 7 giorni per raggiungere il Walker Arm, sciando sul mare ghiacciato, e trainando una slitta con parte del materiale.
Prima di entrare nella Stewart Valley abbiamo pensato di concederci un "aperitivo", scalando sul Walker Citadel. Per me e Giga il risultato è stato in fin dei conti un po’ deludente: dopo un inizio promettente e sostenuto la linea che avevamo scelto, scadeva in roccia piuttosto marcia ed instabile e difficoltà molto discontinue. Luca, Sean e Nico invece hanno avuto maggior fortuna di noi.
Dopo queste salite abbiamo pensato di trasferirci con tutto il materiale e stabilire un vero e proprio campo base nella Stewart valley, proprio sotto l’esteticissimo Great Sail Peak. Questa valle mi ha impressionato fin da subito per la quantità e la grandezza delle pareti da scalare; ed anche la qualità della roccia sembrava decisamente migliore rispetto a quella delle pareti nel Sam Ford Fjord. Non ci potevo credere che eravamo i primi arrampicatori a visitare questa valle nella stagione estiva! (Le poche spedizioni precedenti erano sempre state qui nel mese di maggio, quando la temperatura è costantemente al di sotto degli zero gradi).
Così il 23 giugno siamo partiti alla volta del Great Sail Peak, con nei nostri zaini tutto l’occorrente per stare 12 giorni in parete e il sogno di essere i primi a scalare questo immenso muro in arrampicata libera. Le giornate di scalata sono passate lentamente ed alcuni tiri hanno richiesto diverse ore di studio e più tentativi per essere saliti in libera, ma il morale del gruppo è sempre stato alto grazie ai concerti organizzati ogni sera dalla premiata banda: Sean al flauto, Nico alla chitarra, Giga al violino, Luca teneva il ritmo ed io, che ero stato "bocciato" con lo scacciapensieri, intonavo le parole di "Fratelli d’Italia", "Bella ciao" o "Generale" (le uniche canzoni che conoscevo).
Al quinto giorno in parete Nico e Sean hanno liberato i tre tiri più difficili della via, dei 7c belli severi, talvolta protetti da micro-nuts o peckers. Quindi il giorno successivo abbiamo spostato il nostro campo verso l’alto. A quel punto è arrivato il brutto tempo, e siamo stati fermi circa un giorno e mezzo ad aspettare nelle portaledge sotto la neve. Siamo ripartiti la sera del 3 luglio e dopo aver scalato tutto la notte siamo sbucati sulla vetta del Great Sail Peak verso le 5 di mattina del 4 luglio, il giorno del mio compleanno! E’ stato un regalo bellissimo, non potevo desiderare un modo migliore per festeggiare!
Dopo essere scesi dalla parete, ci siamo accorti che avevamo impiegato solo 8 giorni per la salita, più uno per la discesa. Ci avanzavano così ancora 3 giorni di viveri rispetto a quelli previsti. Il tempo era ottimo e siamo partiti per quella che a primo avviso potrebbe sembrare un’idea un po’ folle: dividerci in due cordate e scalare di nuovo l’immensa parete, cercando di aprire altre due nuove vie questa volta in stile alpino, scalando più o meno in parallelo.
Così io mi sono legato con Luca e siamo ripartiti per una nuova avventura. Nonostante un brutto volo, una corda quasi tranciata e il brutto tempo che ci ha colto sulla parte finale della via, l’8 luglio eravamo di nuovo in cima a questa montagna, per la seconda volta, dopo soli 4 giorni dalla prima. Nico e Sean ci hanno raggiunto poche ore più tardi, dopo aver scalato anche loro la parete per una via nuova molto diretta ed estetica che segue il grande diedro che spacca in due la parete.
Dopo queste scalate, abbiamo avuto ancora altri giorni a disposizione per divertirci aprendo altre vie sulle pareti dall’altra parte della valle, che sono un po’ più basse (circa 600-700 metri), ma non meno belle dal punto di vista della qualità della roccia e delle linee.
L’obiettivo principale della spedizione era stato così raggiunto al 100% ma l’avventura non era finita qui: ora ci attendeva il lungo rientro alla civiltà, verso il paese di Clyde River. Intanto, a un mese e mezzo di distanza dalla nostra partenza, il paesaggio artico era completamente cambiato, dove prima l’oceano era completamente ghiacciato ora c’era acqua con qualche raro iceberg e dove prima c’era la neve adesso spuntava del muschio con i fiorellini: l’estate era finalmente arrivata anche al 71esimo parallelo Nord!
Dopo un ultimo concerto insieme, il programma era quello di dividerci: noi 3 Ragni ci eravamo portati dei piccoli canotti gonfiabili con i quali ritornare, pagaiando sul mare; i due Belgi avrebbero aspettato l’arrivo di un loro amico in barca a vela con cui proseguire in direzione del mitico "Passaggio a Nord-Ovest".
E così siamo saliti sui nostri canotti, passando per un percorso più breve (solo 170 km) e diretto rispetto all’andata abbiamo alternato tratti di navigazione ad altri a piedi, finché 9 giorni dopo aver lasciato la Stewart valley abbiamo fatto rientro a Clyde River, il 28 luglio, esattamente 53 giorni dopo essere partiti!
L’avventura è terminata per il meglio il 15 Agosto anche per i nostri amici Belgi che hanno fatto rientro in aereo a Ottawa dopo miglia e miglia di navigazione in mezzo ai ghiacci e agli orsi polari.
Qualcuno di voi probabilmente si starà chiedendo: ma davvero questi due Belgi nella realtà sono dei "pazzi" come sembra dai loro video? La risposta è senza dubbio sì: sono davvero dei pazzi scatenati!! E il bello e che fanno tutto nel modo più naturale e spontaneo possibile: dai bagni nudi nel lago (o mare) ghiacciato, al suonare e cantare appesi in parete anche sotto la tempesta di neve, al muoversi sulla roccia con una eleganza e confidenza incredibile, facendo sembrare tutto facile e ben protetto anche quando stanno strizzando due tacche polverose, e come protezione tra loro e la sosta ci sono soltanto 3 miseri peckers!
Matteo Della Bordella - Ragni di Lecco
Ringraziamo come sempre gli sponsor che hanno supportato tutti i membri del gruppo in questa spedizione in particolare per noi tre Ragni di Lecco Adidas Outdoor.
Ma anche Acel service, il CAI Lecco, il CAAI, Terra Cielo Mare, DF-Sport Specialist, Kong, Skylotec, Adidas eyewear, La Sportiva, Wild Climb, Kayland.
Accanto questi riportiamo e ringraziamo anche gli sponsor dei nostri amici Belgi: Patagonia, Lyofood, Threshold provisions, Club Alpin Belge, Alpackarafts, Petzl, Black Diamond, Five Ten, Julbo.
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