Al Monte Oddeu Nicola Lanzetta apre La Mia Sardegna
Sono così affezionato al Monte Oddeu, forse perché è stata la parete dove ho salito la mia prima via lunga. In ogni caso, trascorsa quella fatidica giornata dov’è avvenuto il mio battesimo da alpinista, non ho mai smesso di frequentare questo angolo di Sardegna che mi ha regalato tante emozioni, andando a ripetere le vie man mano che venivano create, fino ad un giorno che quel pezzo di roccia così bello era stato quasi completamente saturato da chiodi e spit.
Il grande amico nonché compagno di cordata Giacomo Deiana aveva appena finito di chiodare insieme al cugino Marco una stupenda linea che si chiama Se vedi grigio sposta l’elefante, e proprio in quell’occasione mi disse che secondo lui qualcosa ancora si poteva fare senza andare ad interferire sulle altre linee. E così l’anno scorso andando a salire per l’ennesima volta la via La nostra svizzera mi accorsi che fra quest’ultima e la via di Roberto Vigiani chiamata A chent’annos c’era un corridoio che saliva dritto verticale fino in cima completamente libero.
L’unica incognita era la partenza che sembrava completamente liscia e il penultimo tiro dove vi era una pancia strapiombante dall’aspetto alquanto sinistro. Siccome volevo creare una via alla portata di tutti e tantomeno non volevo buttare via spit decisi di dargli un’occhiata calandomi dalla via accanto e con mia sorpresa notai una grossa fessura che tagliava di netto il muro strapiombante.
Ora bisognava solo cercare un compagno per salirla. Purtroppo per impegni vari il mio amico Piero non poteva accompagnarmi e così decisi di organizzarmi e salirla in autosicura; nonostante abbia arrampicato in tante montagne in varie parti del mondo, posso assicurarvi che l’emozione di creare una via da soli è un’esperienza unica. Non era la prima volta che mi cimentavo in questo genere di cose, ma in quell’occasione era come una missione da portare a termine.
Armato del necessario incominciai questa piccola avventura, al primo tiro si giocava tutto, se passavo la via era fatta… Così assicuratomi con la corda dal basso ad un albero incominciai a salire la liscia placca, trovando con mia sorpresa tutto quello che serviva per procedere. Chiodando dal basso non è che puoi decidere tu dove fermarti, ma te lo indica la roccia, così a quasi sei metri da terra trovai la prima goccia di calcare dove mettere il mio cliff e di conseguenza buco con trapano e placchetta.
Ormai il gioco era fatto, passai tutto il giorno a scalare e bucare. Verso sera mi calai lasciando una corda fissa che mi sarebbe servita l’indomani per risalire il tratto duro. Avevo portato a casa da solo due terzi della via pensando di finire tutto il giorno dopo. Per ironia della sorte non fu esattamente così perché l’indomani mentre ero appeso nelle lisce placche venne a farmi visita un bel temporale che rese il tutto maledettamente lento e scivoloso, comunque fra acqua e momenti di sole riuscii a sbucare in vetta. Il resto delle giornate lo dedicai a ripulire la via e a sistemare le soste. Era nata una bellissima linea che altro nome non poteva avere che La mia Sardegna.
di Nicola Lanzetta