Scialpinismo, sci ripido e freeride in Appennino Tosco-Emiliano
Cosa può spingere alla scoperta di "piccole montagne" che solo in rari casi superano i duemila metri di quota? L’Appennino tosco-emiliano, infatti, raggiunge e supera questa quota solo con il Monte Cimone e poche altre elevazioni ma…allora perché dovrebbero richiamare a sé gli sci alpinisti abituati alle Alpi?
Il primo motivo è che dalle cime, nelle giornate di limpido, si può godere di panorami unici che tolgono il fiato: da una parte si vedono le Dolomiti e, addirittura, il gruppo del Monte Rosa; dall’altra si spazia dalle Alpi Marittime alle Apuane, al Mar Tirreno con l’Elba e la Corsica e le isole minori. Sciare con panorami così…non succede in altri posti in Italia.
Il secondo motivo è che nella "Piccola Patagonia" (così mi piace definirla per i suoi eventi estremi, dal vento impetuoso alle grosse nevicate, fino alle forti escursioni termiche che, in questo corridoio fra Adriatico e Tirreno, sono davvero molto marcate e possono portare a repentine variazioni delle condizioni della neve nel giro di poche ore!) in primavera, si può sciare su un firn di una qualità che ci si può scordare nelle Alpi.
Il terzo motivo, importantissimo è che l’Appennino tosco-emiliano, essendo stato poco antropizzato in generale (con l’eccezione della zona del Cimone e dell’Abetone), ha ancora tanto da dire e da dare e offre un sacco di possibilità per i "cercatori d’avventura" che abbiano voglia di imbarcarsi in giornate di ricerca. Ci sono ancora molte vallate totalmente selvagge (penso alla zona de Le Porraie da Camporanda, salita nella storia solo qualche volta e totalmente deserta ed abbandonata in inverno ma… bellezza struggente) dove è possibile trovare linee inedite mai scese (qualcuna anche mai salita!) con gli sci da nessuno, con il privilegio di salire in zone incontaminate, magari "scortati" da qualche bell’esemplare di lupo.
Proprio questo aspetto "wild", davvero affascinante, ha fatto sì che l’Appennino mi attirasse a sé e occupasse totalmente le mie fantasie e i miei desideri alpinistici negli ultimi due inverni; dove capita, nell’arco alpino, di avere il privilegio di avventurarsi in luoghi inesplorati dove poter immaginare le proprie linee personali di discesa? Da nessuna parte perché, ormai, delle Alpi tutti hanno detto e scritto quasi tutto! In Appennino si ha ancora la possibilità di "scrivere" la storia (nel vero senso della parola, anche perché, c’è pochissima bibliografia cui attingere!) e di volare con la fantasia.
Questa è stata la grande leva che mi ha mosso quando ho pensato di scrivere questo libro che, altro non è se non un viaggio di ricerca a tappe su e giù per i bellissimi crinali che le montagne di casa sanno offrire a chi ha voglia davvero di "vedere" cose belle (per la cronaca, dal 9 giugno 2015 l’Appennino tosco-emiliano è riserva MAB Unesco).
Ho quindi diviso in tre discipline le numerose possibilità sciistiche "fuori pista": sci alpinismo, sci ripido e freeride; con sorpresa mia, senza averlo progettato, ne è uscito un lavoro davvero organico con 25 itinerari di freeride (mai "fianco pista", sempre con un minimo di ricerca della linea di discesa e brevissime salite), 25 di scialpinismo (con alcune classiche ma tanti giri "selvaggi" per sci alpinisti evoluti, spesso ad anello o in traversata) e 24 di sci ripido (si, perché…l’Appennino, quando vuole, sa essere davvero ripido e ostile; niente da invidiare alle Dolomiti o alle Alpi come grado di difficoltà di discesa, se non i dislivelli contenuti che, tuttavia, permettono di concatenare spesso un paio di belle discese "pepate" nella stessa giornata).
Il lavoro prende in esame molte zone per macroblocchi assemblati per vicinanza geografica: Abetone-Monte Gomito-Alpe Tre Potenze-Val di Luce nel primo capitolo, Corno alle Scale nel secondo, Cimone-Libro Aperto-Cima Tauffi nel terzo, Giovo-Rondinaio-Lago Santo Modenese nel quarto, Cusna-Febbio-Vallestrina nel quinto, Sassofratto-Cipolla-Vecchio-Cella nel sesto, Le Porraie-Castellino-Prado nel settimo, Cerreto Laghi nell’ottavo, Alpe di Succiso-Casarola-Punta Buffanaro e Monte Alto nel nono e ultimo capitolo.
Da sempre, penso che ognuno di noi abbia un debito di riconoscenza nei confronti delle montagne di casa, spesso usate come ripiego dell’ultimo minuto quando si ha poco tempo o il meteo è incerto, o come luogo per "far gamba" in preparazione di grandi progetti per fine stagione; per me, questa volta, era giunto semplicemente il momento di saldarlo.
SCHEDA: Vallestrina - Freeride
È sicuramente l’itinerario meno frequentato dagli amanti del freeride, causa il lungo avvicinamento e il rientro con orientamento non sempre banale (soprattutto se da fare in prima traccia). Discesa di grande soddisfazione, da tenere per ultima in una giornata di freeride per gustarsi pendii spesso vergini anche a metà pomeriggio.
SCHEDA: Monte Vecchio 1982m, Monte Cella 1946m
Gita stupenda e molto articolata (oltre che molto faticosa!) all'interno del magico Parco Naturale dell'Orecchiella; chiamata così in ricordo di una splendida giornata in cui ho avuto l'amico Marileno Dianda come Cicerone, lui che conosce ogni anfratto di queste zone selvagge. La gita permette di giungere su due cime con le pelli e con un tratto alpinistico non banale e di sciare un bellissimo canale e un pendio aperto di grande impegno tecnico. Uno dei giri con le pelli più completi e belli. Imperdibile!
SCHEDA: Monte Castellino 1947m - Canale della Transumanza
Canale lunghissimo dalla logicità e dall'estetica sublime, incide senza interruzioni la parete sud del Castellino offrendo una sciata mai "costretta" da restringimenti in uno dei posti più "wild" che l'Appennino contempli; per veri cercatori di gemme preziose.
Francesco "Gibo" Gibellini
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