Monte Forato e la discesa con gli sci della parete NNE
Dopo la grandissima prima discesa dello sloveno Marko Kern nel 2011, domenica 7 aprile 2013, l’aspirante guida alpina Marco Milanese, Enrico Mosetti e Andrea Fusari hanno effettuato la prima ripetizione della incredibile discesa della parete NNE del Monte Forato, Alpi Giulie. Il facile accesso, la forte esposizione, e la pendenza molto elevata ne fanno una delle discese estreme più importanti del Friuli.
MONTE FORATO di Marko Kern
La discesa della parete NE del Monte Forato è stato l’apice della mia stagione sciistica 2011. Per poter compiere questa discesa ho aspettato sin dall'inizio di febbraio, quando ho visto per la prima volta quella larga ed attraente linea bianca dalla cima dello Jof Fuart: un pendio ripido, ampio ed aperto, esattamente quello che mi piace di più quando si tratta di sci estremo.
Il pendio era talmente ripido ed esposto che durante il primo sopralluogo (il giorno successivo a quando l'ho vista) non ero poi così sicuro che l'avrei mai scesa con gli sci. Per tutta la primavera sono rimasto in attesa del momento giusto e per poco non me lo sono fatto scappare. Il primo maggio il breve passaggio chiave che conduce al pendio era a malapena coperto da un po' di neve sciolta, nella parte superiore del pendio c'erano altre due piccole zone di neve bagnata nella quale si sprofondava fino alla vita. Le condizioni erano tutt'altro che buone così, durante l'ascesa, abbiamo deciso di scendere lungo il percorso normale. Ma non appena ho iniziato a sciare dalla cima, ho improvvisamente cambiato idea. Ho girato a sinistra e dopo la prima curva sulla parete NE ero perfettamente concentrato ed ho disceso la parete senza mai fermarmi. Mi sono fermato un attimo a tirare il fiato prima del passaggio più basso ed impegnativo. Quando sono ripartito, ho sciato lungo il traverso fino allo strapiombo mentre la neve si scioglieva proprio dietro di me. La parte finale della linea è stata un sollievo ed io ero infinitamente felice.
IL FRUTTO PROIBITO di Marco "Rasta" Milanese
Tornando da una giornata piena di lavori su fune con Andrea, decido di chiamare Enrico e buttargli la discesa della parete del Forato, sapendo di andare a colpo sicuro, il terzetto è pronto, eccellente. Non mi capitava da tanto tempo di preoccuparmi seriamente la sera prima di una salita (o discesa) in montagna. Mi piace ingaggiarmi su qualsiasi cosa, ma lo sci ripido è diverso, non hai la corda, non puoi sbagliare. Una salita eccellente tra nuvole viaggiatrici e vento patagonico ci porta in cima. Ovviamente per aggiungere un po' di pepe, non si sa come mai, l'attacco di uno sci non è regolato giusto, lo sistemo e raggiungo gli altri all'inizio di quelle che sembrano fauci. Totalmente immersi nella nebbia, la neve ripida sprofonda nel latte provocando un effetto vortice, il ripido ti invita, ti attira nella sua morsa tra neve e nebbia, chiama dolcemente. Ricordo molto bene il mio respiro, controllato, regolare, un metronomo sporto sul baratro. Ticchettio dopo ticchettio, scendiamo saltando e respirando a pieni polmoni. E' andata, fine del ripido, sfuggendo al nostro destino, sento la vita. E' stato un fottuto viaggio.
TRE E' IL NUMERO PERFETTO di Andrea "Fusa" Fusari
Tre è il numero perfetto. Ci sono cose che in montagna o si fanno da soli o si fanno in tre. In tre ci si sente in una “falsa” botte di ferro che ti fa andare avanti, in tre si maschera sempre bene quella normale paura che ti prende quando non sai bene quello che ti aspetta, in tre si ride di più e non si è mai soli, in tre si ha più acqua da bere, in tre si ha più probabilità che qualcuno porti un goccio di Stroh rum per la cima, in tre perché era un sogno di tre ragazzini che anni fa guardavano con rispettoso timore quel pendio, in tre perché è più bello! Bene, penso che nessuna di queste tre persone, quella mattina si sia alzata dal letto convinta di riuscire a sciare su quella parete del Forato. Salirla magari si, ma scenderla…e sono convinto che ancora adesso in loro ci sia un velo di nebbia sul ricordo di averla sciata. Sicuramente non è la prima discesa ma per me è come se lo fosse, è come se avessi rubato un leccalecca al bar o ne avessi combinata una delle mie. perché è una di quelle pareti che tutti vedono, che tutti sanno dov’è e che probabilmente, tutti pensano sia fattibile con gli sci! Però a guardarla bene l’unica cosa che vien da dire è “vorrei si.. ma non posso..” Quindi ecco perché al termine delle difficoltà non ci sono state esultanze e urli liberatori ma solo delle sincere strette di mano perché avevamo sciato in tre dove probabilmente non si poteva.
EST-ETICO, EST-ATICO di Enrico "Karletto" Mosetti
L’ultimo problema delle Giulie. Così mi venne presentata la nord-nord-est del Forato in un giorno di polvere a Sella Nevea. Sono passati un paio d’inverni è il problema è stato risolto(ahinoi) da un forte sloveno sempre in palla sul ripido(Marko Kern) nel maggio del 2011. L’idea di scenderla però non è mai passata e dopo l’anoressico inverno scorso eccoci qui nel 2013 dell’abbondanza. Abbiamo dovuto aspettare uno degli ultimi giorni di apertura degli impianti ma alla fine ci siamo riusciti, un bel terzetto per la linea più estetica ed esposta di Sella Nevea.
Si, perché il problema di questa parete, escluse le condizioni che devono essere ottime ed esclusa la pendenza costante di 55° (che di per loro sono un rebus non da poco) è la forte ed esagerata esposizione, si tratta di un lenzuolo bianco appeso su un salto a strapiombo di quasi 100 metri. Spesso di notte ho sognato di sci(are)volare su quel lenzuolo e poi trovarmi nel vuoto come quando da bambini si scivola dal letto castello…
Le nostre paure più inconsce si sono così lentamente consumate mentre salivamo in 30-40 cm di polvere sulla nostra linea, ogni tanto mi giravo e guardando in basso vedevo il lenzuolo svanire all’improvviso. Arrivati in cima siamo fatti “coraggio”, e siamo partiti avvolti nelle nubi ancora titubanti. Poi scatta qualcosa, non so, ti si chiude la vena, si spegne il cervello, entri in una dimensione differente. In punta di ramponi sembra tutto così ripido, sulle lamine degli sci sembra tutto così, così naturale, piega, estendi, salta, atterra, piega, estendi, sal…
prendi il ritmo, continui, sempre più leggero e fluido, non ti accorgi che il lenzuolo scorre sotto le solette e nello stesso tempo dentro di te, finché di colpo non finisce, non con un salto dal secondo piano del letto, ma dolcemente sul cuscino. La vena si riapre, il cervello si riaccende, torni su un pendio di neve come ce ne sono tanti. Il viaggio finisce e non vedi l’ora che ne ricominci un altro. Il resto sono sorrisi, birra e nuove linee.
Peace and Powder
Marco
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