Mauro Bole Bubu - le evoluzioni del 'misto' secondo Bubu
Mauro Bole Bubu e le cascate di ghiaccio e il drytooling in Valle d'Aosta.
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Mauro Bubu Bole
Andrea Gallo
Bubu è un ottimo arrampicatore su roccia, è un alpinista e un solitario, ma negli ultimi tempi i migliori esperti dell’arrampicata su ghiaccio e misto non dormono più sogni tranquilli perché sanno che lui è in giro a fare tutte le vie più difficili di questo tipo.
Ha cominciato appena un anno fa, facendo la prima ripetizione, a vista, di un M7+, la sua prima via di questo tipo, poi ha continuato con un’escalation che è terminata alla fine della scorsa stagione con un tentativo a vista su X-Files, M10, Val di Cogne, e una nuova via: Ronin, M9+, in Val Dogna, provincia di Udine, Italia.
Durante l’estate è tornato al suo vecchio amore, la roccia delle Dolomiti, e più precisamente quella delle Tre Cime di Lavaredo, dove ha compiuto la prima salita in libera della mitica via Couzy sulla parete nord della Cima Ovest di Lavaredo, valutandola 8b. Sicuramente una delle pochissime salite di questa difficoltà su una grande parete di montagna e con protezioni tradizionali.
Nel dicembre del 1999 parte alla volta della Valle d’Aosta, dove si trovano alcune delle più difficili realizzazioni del misto moderno, le vie che qualche anno fa ha liberato soprattutto l’inglese Stevie Haston, il maggiore esperto di questa disciplina ancora oggi. Ed è proprio da qui che parte anche la nostra chiacchierata.
Le vie di Stevie Haston e la Valsavaranche
Erik: Cosa ne pensi delle famose linee di misto estremo create da Stevie Haston in questi ultimi anni?
Bubu: Stevie è un grande, in Europa lui e’ stato il padre di questa disciplina, anche se come tutti gli innovatori si è ritrovato a volte al centro di polemiche che erano magari create da qualcuno che non ha neanche ripetuto le sue vie. Ho avuto il piacere di conoscerlo poco tempo fa all’appartamento della Grivel a Courmayeur e abbiamo parlato di tutte queste cose davanti a una bella bottiglia di rosso. Ho conosciuto una persona vera che ha una grande passione per l’arrampicata e il ghiaccio. Stevie mi piace perché le cose che pensa le dice, e quelle che dice, le fa.
Erik: Raccontaci un po’ della tua prima uscita in Val d’Aosta in questa stagione, all’inizio di dicembre?
Bubu: Le prime vie di cui vorrei parlare sono proprio di Stevie e si trovano un una grotta in Valsavaranche, una valle laterale della Val d’Aosta. Si tratta di vie molto strapiombanti con tetti di 2-3 metri, impegnative anche dal punto di vista psicologico, poiché protette solo con protezioni tradizionali (chiodi e nut). La prima via che ho affrontato, partendo subito a vista e senza riscaldamento (c’è poco da vantarsi) è stata "009", M9, ma ho impostato male il passaggio chiave e sono caduto. Poi però mi sono fatto calare fino ad un riposo senza mani e sono riuscito ad uscire dalla via al secondo tentativo. Per me è stata una bella soddisfazione fare il mio primo M9 confermato, ma sentivo che potevo fare meglio e visto che mi sentivo in forma, mi sono detto: perché non tentare anche con la mitica "Welcome"?
Erik: Allora hai deciso che era il tempo di infrangere qualche tabù?
Bubu: Mi sono lanciato su un’altra via che è per me una pietra miliare dell’arrampicata su misto estremo: "Welcome to the Machine", M9, la prima via di M9 al mondo, di cui si sono viste le foto impressionanti fatte dalla compagna di Stevie, Lourance Gouault, anche lei fortissima arrampicatrice su ghiaccio e misto che segue Haston in tutte le sue salite più impegnative… credo che sia una delle poche donne al mondo ad aver fatto cose di questo tipo, senza nulla togliere ad altre bravissime arrampicatrici e alpiniste.
Dopo un’ora di arrampicata veramente impegnativa sono riuscito ad uscire dall’ultimo tetto concatenando tutta la via a vista. Si tratta di una salita difficile e poco intuitiva su protezioni tradizionali e l’ultima di queste è proprio un chiodo da roccia che fa un po’ impressione, visto che è infisso dal basso verso l’alto alla fine del tetto e balla parecchio, quindi è meglio non caderci sopra…
Erik: Come dicono i nostri amici Francesi: Niente male per un Italiano, eh?
Bubu: Non mi lamento. Sono stato molto contento di essere riuscito a concatenare questa splendida via a vista, che è per me lo stile più bello e pulito di arrampicata. Per finire in bellezza ho attrezzato con tre chiodi normali una linea a sinistra di 009: presenta un tetto di tre metri con passaggi molto atletici dove ho dovuto fare un yaniro per riuscire a raggiungere un aggancio su ghiaccio e roccia alla fine del tetto… Questa via è veramente molto bella, talmente bella da farmi star male e farmi pensare ad altre cose difficili da conquistare… ma nella vita non si sa mai e allora ho deciso di chiamarla "Never say Never", M8+.
Erik: Con questo la tua storia in Valsavaranche è finita o c’è ancora qualcosa da fare lì?
Bubu: In effetti, quando stavo arrampicando nella grotta di Stevie, ho notato sull'altro lato della valle un tetto impressionante di circa 12 metri con una serie di stalattiti in mezzo e una tendina di ghiaccio all'uscita. Uno di quei giorni sono andato alla sua base e ho subito cominciato ad attrezzarlo, perché mi piace avere sempre qualche sfida in sospeso. Per ora è solo un progetto pazzesco, un sogno orizzontale di 12 metri, ma si sa che anche le cose più inverosimili a volte si riescono a realizzare. Sono convinto che questa linea potrà diventare una di quelle vie che diranno qualcosa di nuovo in questa disciplina.
Erik: Quali sono le altre pareti che ti attirano d’inverno (perché d’estate so già che hai dei gusti ‘particolari’)?
Bubu: Amo molto anche la Val di Cogne e soprattutto la linea mitica e inimitabile di "X-Files", M10, la creatura di Stevie Haston, la via di misto moderno considerata la più difficile al mondo. Con Lei avevo un conto in sospeso dalla scorsa primavera, quando ha superato tutta la prima parte a vista e sono poi caduto perché mi si è spezzata la colonna di ghiaccio sulla quale sono saltato al termine delle difficoltà su roccia (vedi foto nel secondo numero di Su Alto). Anche in dicembre siamo andati a vederla, ma non era arrivato ancora il momento… la candela sospesa in uscita era talmente grossa e minacciosa da far diventare il tutto troppo pericoloso, allora ti ricordi che abbiamo deciso di andare a ‘vedere un po’ in giro…’.
Erik: A questo punto vi posso raccontare io cos’è successo, visto che sono stato due ore a far sicura al nostro eroe: Bubu si è lanciato su uno strapiombo ancora vergine circa 200 metri a destra di X-Files che ha poi salito dal basso, a vista, su protezioni tradizionali (2 chiodi da roccia, 2 nut, 1 friend e 2 clessidre per 30 metri di tiro), in 2 ore di lotta, creando una via su roccia e candele sospese che ha chiamato "Candle in the wind", M8, probabilmente una delle ‘cose’ più difficili che siano mai state salite in questo stile: dal basso, con protezioni tradizionali e a vista. Dalla fine di questo primo tiro si è poi calato su un chiodo da ghiaccio posizionato in cima ad una candela, promettendo di tornare per continuare la sua via…
Tre giorni di fuoco...
Erik: A questo punto ti sei preso un po’ di riposo, ovvero sei tornato per qualche giorno a casa a festeggiare il nuovo millennio (e so che hai festeggiato niente male…), ma poi?
Bubu: Poi ho sentito che dovevo andare. C’era quella ‘cosa’ che mi aspettava, c’era X-Files che stava lì e io non riuscivo a resistere al suo richiamo. Dopo averla provata e aver fallito a vista per così poco, dovevo assolutamente tornare, e infatti i primi giorni di gennaio ero di nuovo lì. Sono salito con un amico di Ezio, un giovane e promettente ghiacciatore di Aosta, Massimo Farina, che mi ha assicurato anche questa volta con attenzione. Sono salito molto motivato e dopo l’unico tentativo che avevo fatto nel marzo del 1999 non mi ricordavo assolutamente i passaggi, così ho dovuto di nuovo improvvisare, ma tutto è andato bene e alla fine ho superato tutta la prima parte di roccia e sono arrivato fino al ghiaccio. Lì è cominciato il bello: mentre le difficoltà nelle altre vie difficili di misto moderno spesso sono finite quando arrivi nella sezione di ghiaccio finale, per X-Files non è così. Con la fine della parte rocciosa finiscono anche le protezioni e devi salire su ghiaccio per 15 metri senza mettere niente, perché se metti un chiodo e la candela si stacca, ti tira giù. Ma anche senza protezioni l’arrampicata è molto pericolosa perché sotto di te ci sono innumerevoli candele e altre strutture di ghiaccio sulle quali vai a sbattere se cadi. Credo che lì non si debba cadere, decisamente no! Oltre al fattore psicologico, l’arrampicata su ghiaccio è anche molto difficile, è la prima volta che mi è capitato di trovare in natura un vero e proprio tetto di ghiaccio, incredibile. Su questi ultimi 15 metri della via ho trovato due fessure orizzontali dove la colonna era fratturata e arrampicavo piano, delicatamente, sperando che non succedesse niente… Alla fine sono uscito veramente esausto e svuotato di tutte le energie da questo tiro di 50 metri secchi. Secondo me questa via è stata ed è ancora un passo in avanti nel misto moderno. Grazie Stevie per quello che ci hai insegnato e per le vie che ci hai lasciato!
Erik: Ma non è finita qui: mi ricordo che quel giorno io ero ad Argentiere, per il meeting di ghiaccio del Fournel e la consegna del Piolet d’Or, insieme a tantissimi ghiacciatori arrivati da tutto il mondo. I migliori provavano un progetto chiodato dai locali, una nuova linea che sembrava veramente molto difficile. L’ho provata anch’io, perché Bubu ne aveva già sentito parlare e mi ha pregato di andare a vedere di cosa si trattava. La sera ci siamo sentiti e mentre lui mi stava urlando che aveva appena fato X-Files, io gli stavo dicendo: "Bubu, vieni, l’ho trovata, è qui che ti aspetta, tu la puoi fare a vista, ci sono tutti i big, devi solo venire qui, so che lo puoi fare!" Il mattino dopo mi ha chiamato alle 8, e io sapevo esattamente quello che stava per accadere: "Erik, sono a Torino, sto arrivando. Mi sono svegliato alle 4, non riuscivo a dormire, arrivo!"
Bubu: Sì, sono stati veramente tre giorni di fuoco: prima X-Files e poi "Quartier Nors", era questo il nome del progetto dei francesi che riprende quello di un quartiere malfamato di Marsiglia. Uno strapiombo di 50 metri, prima ghiaccio, poi roccia, un primo tetto, una candela e poi il tetto chiave di tre metri, orizzontale, e l’uscita delicata su ghiaccio. Da tre settimane la stavano provando i migliori ghiacciatori francesi e non, ma nessuno era ancora riuscito a concatenarlo fino a quel giorno, quando ha provato di nuovo Lionel Daudet, il futuro vincitore del Piolet d’Or. E’ stato bravo ed è riuscito a farla, confermando quello che si diceva: M10. Poi io mi sono preparato e sono salito, ho superato tutta la prima parte, ho incastrato le mie fide Machine sul primo tetto anche se nessuno ci credeva, ho fatto 6 (!) yaniro sul tetto chiave e sono uscito sulla candela finale. E’ stata veramente una bella storia, difficile e impegnativa e sono contento di essere riuscito a fare così anche il primo M10 a vista della storia di questa nuova e bellissima disciplina.
Erik: E’ inevitabile una domanda sul confronto tra Quartier Nors e X-Files?
Bubu: C’è una differenza sostanziale in termini di esposizione, impegno e protezioni… Sul lato della difficoltà tecnica pura le due vie sono differenti ma comparabili, ma per quanto riguarda l’impegno sono due mondi diversi… Quartier Nors è chiodata molto vicino con gli spit e i rischi sono praticamente nulli, mentre su X-Files ci sono chiodi e spit, ma mooolto lontani, e se cadi in uscita ti fai veramente male. Se nella valutazione di una via si volesse tenere conto anche della dell’impegno psicologico, del grado di pericolosità della via, bisognerebbe pensare di alzare il grado di X-Files oltre l’M10, non abbassare quello di Quartier Nors. Ci dobbiamo rendere conto, con tutto il rispetto per quello che è già stato fatto, che non bisogna farsi condizionare dai numeri ed essere pronti a portare avanti il discorso delle difficoltà che sicuramente non si arresteranno al numero 10, ma sono destinate ad aumentare ancora, e molto presto.
Erik: So che quel giorno hai sbalordito tutti quelli che erano presenti al meeting, ma non potevi fermarti a raccogliere i complimenti, dovevi partire, per dove?
Bubu: In effetti io sono sempre di corsa, sempre in giro, sempre a dormire poco, spesso in macchina sul ciglio di qualche strada, cercando di recuperare quelle poche ore di sonno necessarie e tenere il ritmo che mi auto-impongo. Avevo promesso agli amici della Valmalenco, una laterale della Valtellina, vicino a Sondrio, in Italia, di essere presente al loro Longoni Ice Meeting, e allora, quella sera dopo aver salito Quartier Nors, mi sono seduto in macchina e sono partito da Briancon, passando per Torino e Milano fino a Lecco e poi su. Mi sono fermato a dormire un’ora e poi ero di nuovo a mille. Non so come ce l’ho fatta a stare in piedi, ma sapevo di doverlo fare, visto che nel pomeriggio Luca (Maspes) mi ha organizzato una dimostrazione di dry tooling… In Valmalenco le Guide e gli alpinisti locali organizzano ogni anno un bel meeting, che si ripeterà anche il 5 e 6 febbraio con una gara di velocità e ci sono anche grandi possibilità di aperture di vie di misto per il futuro.
Erik: Ho sentito dire che la via te la sei anche chiodata e attrezzata, è vero?
Bubu: In effetti sono arrivato lì un po’ in ritardo, ho visto questa linea bellissima e mi sono calato dall’alto per mettere 5 spit (su 50 metri di via), poi sono sceso e sono partito senza neanche provarla prima, direttamente senza dragonne e praticamente a vista. Sono riuscito a salirla e credo che possa essere un bel M8. E’ la prima volta che libero una via direttamente senza dragonne e allora ho deciso di chiamarla "No more leashes" perché voglio che sia per me l’inizio di un nuovo modo di vedere le cose e di avere l’umiltà di affrontarle partendo dall’inizio. Non voglio sembrare presuntuoso, ma penso che se posso farlo io possono farlo anche gli altri, visto che ce ne sono tantissimi che hanno molta più ‘pompa’ di me.
Erik: Allora qual è il tuo modo di vedere questa nuova disciplina, il dry-tooling?
Bubu: Credo che la tecnica del dry-tooling sia un nuovo ramo, una specializzazione dell’alpinismo in continua evoluzione che per ora si pratica prevalentemente a fondovalle. Questa tecnica portata sulle grandi pareti, permetterà di superare grandi vie in velocità e senza artificiale, come già accade per alcune grandi realizzazioni moderne nel massiccio del Monte Bianco ma anche altrove. Aspetto di poterla applicare personalmente anche su montagne più alte e importanti.
Erik: E l’evoluzione dove andrà?
Bubu: Per alzare ancora il grado di difficoltà uno dei problemi sono le strutture adatte sulle quali riuscire a trovare le condizioni che permettano di affrontare e risolvere vie di questo tipo. I problemi sono legati anche al fattore ghiaccio, perché non bisogna dimenticare che stiamo parlando di vie di misto e non di vie di roccia che hanno solo un po’ di ghiaccio alla base o una piccola stalattite in uscita! Bisogna cercare le strutture adatte, metterci del tempo e dell’impegno, allenarsi seriamente, e poi le cose vengono da se.
Erik: Visto che è partita proprio in questi giorni la prima Coppa del Mondo di arrampicata su ghiaccio alla quale so che anche tu prendi parte e che c’è stata tanta discussione sull’uso o meno delle dragonne in gara, tu cosa ne pensi?
Bubu: Secondo me il futuro dell’arrampicata su ghiaccio e misto sarà sicuramente senza dragonne, visto che al giorno d’oggi i materiali sono in continua evoluzione e migliorano a vista d’occhio. Nelle competizioni su ghiaccio questa è una strada obbligata perché le gare devono rispecchiare le più alte difficoltà possibili e superabili, la gente che fa le gare è molto preparata e non ha problemi ad arrampicare senza dragonne. Nell’arrampicata su ghiaccio puro conosco diversi arrampicatori che già da alcune stagioni arrampicano senza dragonne, perché su terreno verticale o leggermente strapiombante la differenza di sforzo fisico non è poi tanta e aumenta invece la libertà di movimento, bisogna però anche dire che è necessaria una preparazione fisica e psicologica adeguata. L’ultimo terreno sul quale prenderà piede l’arrampicata senza dragonne sarà il misto: salire su tiri strapiombanti e tetti senza dragonne è un modo per cercare di essere leali verso la natura. Mi spiego: già diversi anni fa si è passati dai cordini alle dragonne e questo è solo il passo successivo. Se tutti avranno realmente il coraggio di fare questo ulteriore passo e togliere le dragonne, la progressione sarà rallentata ma sicura. E’ una questione mentale, bisogna abituarsi ad arrampicare senza, lo sforzo fisico è diverso anche se indubbiamente superiore. Io ho cominciato poco tempo fa ad arrampicare anche senza dragonne e ora mi sto impegnando per riuscire a ripetere tutte le vie più difficili che ho già salito anche senza dragonne. Ho visto che finora sono riuscito a superare difficoltà di M9+, dunque credo che con un po’ di abitudine e di allenamento si possa progredire bene e regolarmente.
Erik: Speriamo…
MAURO BOLE - BUBU
Nato il 21. 05. 1968
Residente a Trieste, Italia
Guida Alpina dal 1991
Rock Climbing
Dolomiti
Marmolada
Tempi moderni, 1.a salita in giornata, 8 ore, VII+
Via attraverso il pesce, 2.a salita in giornata, 10 ore, 7b+
Variante Italia, on sight, VII+
Specchio di Sara, on sight, 7c
Fram, on sight, 7b
Coitus interruptus, 1.a on sight, 8a
Futura, 1.a ripetizione, VIII-
Tre Cime Di Lavaredo
Hasse Brandler, on sight, 7a
Spigolo Scoiattoli, on sight, 7b
Via dei Sassoni (Colibrì), on sight, 7c
Via degli Svizzeri, on sight, 7b
Perle ai porci, on sight, 7b
Alpenrose, 1.a on sight 7b
Couzy, 1. free ascent, 8b
Cima Scotoni
Direttissima Dibona, on sight, 7b
Luciano Da Pozzo, 1.a ripetizione, 7c+
Tofana Di Rozes
Paolo VI, on sight, 7b
Sass Maor
Nurejev, 1.a ripetizione, 8a
Cimon Della Pala
Marubio, 1.a ripetizione e 1.a on sight, 7c+
Monte Bianco
Grand Capucin - Voyage selon Gulliver, on sight, 7a+
Aiguille Du Midi - Ma Dalton, 7b+/7c
Arrampicata Sportiva
On sight 8a+
Rotpunkt 15 vie 8b e 8b+
Paretone di Ospo, Slovenia (parete strapiombante alta 150 m con vie di 5-6 tiri)
Zimska Sinfonija, on sight, 7c
Bora scura, rotpunkt, 7c
Fungo magico, rotpunkt, 7c
Try (Just a little bit harder), rotpunkt, 7b+
Invernali
Alpi Giulie
Mangart, Parete Nord, Sperone dei camosci, 1.a invernale, IV
Mangart, Parete Nord, Via Leuchs Shultz, 1.a invernale, V
Veunza, Parete Nord, Pilastro Piussi, 1.a invernale, VI/A2
Veunza, Parete Nord, Via Slovena, 1.a invernale, V/A0
Alpi Carniche
Pilastro della Plote, Via dei Carnici, 1.a invernale, VII
Misto
On sight Quartiere Nors, M10, Fressinieres, France
3^ (?) salita di X-Files, M10, Val di Cogne.
On sight di Welcome to the Machine, M9, Valsavaranche
Rotpunkt di "009", M9, Valsavaranche
Nuova via "Never say Never", M8+, Valsavaranche
Nuove vie nelle Alpi Giulie da M6+ a M8.
Prima salita di "Ronin", Val Dogna, M9+
Onsight di "Vol de Nuit", M8-, Mont Blanc du Tacul
Solitarie
Monte Bianco
Les Courtes, Parete Nord, Via degli Svizzeri, 2,5 ore
Aiguille de Triolet, Parete Nord, Diretta Contamine, 2,5 ore
Mont Blanc du Tacul, Goulotte Chere
Mont Blanc du Tacul, Gabarrou Albinoni e Modica Noury, concatenate in 8 ore in solitaria.
Goulotte Cherè e Voyage selon Gulliver (rotpunkt, 7a+) concatenate in solitaria in giornata in 20 ore.
Cervino - Matterhorn
Parete Nord
Alpi Giulie
Montasio, Cresta dei draghi, 1.a invernale solitaria in 5 ore
Nabois, gola Nord + Jof Fuart, gola Nord-Est + Montasio, canale Comici, concatenate in invernale solitaria in 20 ore, dislivello totale in salita 3900 metri.
Sci estremo
Monte Bianco
Aiguille Verte, Canalone Couturier
Alpi Aurine
Collalto, Parete Nord
Cima Grava, Parete Nord
Gran Pilastro, Parete Nord
Dolomiti
Cima Tosa, Canalone Neri
Civetta, Ferrata Alleghesi
Gran Vernel, Parete Nord Est e Marmolada Punta Penia, Parete Nord, concatenate in 5 ore
Torre Innerkofler, Canalone Nord e Sasso Piatto, Canalone Nord, concatenate in 5 ore
Popera Versante Nord, Canalone Schuster e Canalone Tonello, concatenate in 4 ore
Cristallo Versante Nord: Canalone Innerkofler + Canalone di mezzo + Canalone del prete + Canalone Staunies, concatenate in 12 ore.
Antelao Versante Nord: salita per Via Opel e discesa per Canalone Menini in 5 ore.
L'autore dell'intervista Erik Svab
Nato il 2 dicembre 1970, residente a Trieste. Laureato in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Trieste nel 1998. Attualmente è professionalmente impegnato come direttore di società di import–export in Slovenia e ha deciso di dedicarsi all’alpinismo senza trascurare alcuna sua espressione: dall’arrampicata sportiva alle grandi classiche, dalle vie nuove di alta difficoltà alle cascate di ghiaccio e alle vie di misto dell’ultima generazione. Arrampica da 12 anni e in montagna ha compiuto oltre 250 ascensioni.
Partecipa attivamente alla diffusione e promozione dell’alpinismo nei media, curando varie rubriche e pubblicando diversi articoli sulle principali riviste del settore (Su Alto, ALP, Rivista della montagna, Vertical, High, Rotpunkt, Desnivel, Rock&Ice, Grif, Jamesak) , su quotidiani italiani e sloveni e collaborando a siti Internet specializzati.
Scrive e presenta trasmissioni radiofoniche e televisive sulla montagna destinate al grande pubblico.
Ha cominciato appena un anno fa, facendo la prima ripetizione, a vista, di un M7+, la sua prima via di questo tipo, poi ha continuato con un’escalation che è terminata alla fine della scorsa stagione con un tentativo a vista su X-Files, M10, Val di Cogne, e una nuova via: Ronin, M9+, in Val Dogna, provincia di Udine, Italia.
Durante l’estate è tornato al suo vecchio amore, la roccia delle Dolomiti, e più precisamente quella delle Tre Cime di Lavaredo, dove ha compiuto la prima salita in libera della mitica via Couzy sulla parete nord della Cima Ovest di Lavaredo, valutandola 8b. Sicuramente una delle pochissime salite di questa difficoltà su una grande parete di montagna e con protezioni tradizionali.
Nel dicembre del 1999 parte alla volta della Valle d’Aosta, dove si trovano alcune delle più difficili realizzazioni del misto moderno, le vie che qualche anno fa ha liberato soprattutto l’inglese Stevie Haston, il maggiore esperto di questa disciplina ancora oggi. Ed è proprio da qui che parte anche la nostra chiacchierata.
Le vie di Stevie Haston e la Valsavaranche
Erik: Cosa ne pensi delle famose linee di misto estremo create da Stevie Haston in questi ultimi anni?
Bubu: Stevie è un grande, in Europa lui e’ stato il padre di questa disciplina, anche se come tutti gli innovatori si è ritrovato a volte al centro di polemiche che erano magari create da qualcuno che non ha neanche ripetuto le sue vie. Ho avuto il piacere di conoscerlo poco tempo fa all’appartamento della Grivel a Courmayeur e abbiamo parlato di tutte queste cose davanti a una bella bottiglia di rosso. Ho conosciuto una persona vera che ha una grande passione per l’arrampicata e il ghiaccio. Stevie mi piace perché le cose che pensa le dice, e quelle che dice, le fa.
Erik: Raccontaci un po’ della tua prima uscita in Val d’Aosta in questa stagione, all’inizio di dicembre?
Bubu: Le prime vie di cui vorrei parlare sono proprio di Stevie e si trovano un una grotta in Valsavaranche, una valle laterale della Val d’Aosta. Si tratta di vie molto strapiombanti con tetti di 2-3 metri, impegnative anche dal punto di vista psicologico, poiché protette solo con protezioni tradizionali (chiodi e nut). La prima via che ho affrontato, partendo subito a vista e senza riscaldamento (c’è poco da vantarsi) è stata "009", M9, ma ho impostato male il passaggio chiave e sono caduto. Poi però mi sono fatto calare fino ad un riposo senza mani e sono riuscito ad uscire dalla via al secondo tentativo. Per me è stata una bella soddisfazione fare il mio primo M9 confermato, ma sentivo che potevo fare meglio e visto che mi sentivo in forma, mi sono detto: perché non tentare anche con la mitica "Welcome"?
Erik: Allora hai deciso che era il tempo di infrangere qualche tabù?
Bubu: Mi sono lanciato su un’altra via che è per me una pietra miliare dell’arrampicata su misto estremo: "Welcome to the Machine", M9, la prima via di M9 al mondo, di cui si sono viste le foto impressionanti fatte dalla compagna di Stevie, Lourance Gouault, anche lei fortissima arrampicatrice su ghiaccio e misto che segue Haston in tutte le sue salite più impegnative… credo che sia una delle poche donne al mondo ad aver fatto cose di questo tipo, senza nulla togliere ad altre bravissime arrampicatrici e alpiniste.
Dopo un’ora di arrampicata veramente impegnativa sono riuscito ad uscire dall’ultimo tetto concatenando tutta la via a vista. Si tratta di una salita difficile e poco intuitiva su protezioni tradizionali e l’ultima di queste è proprio un chiodo da roccia che fa un po’ impressione, visto che è infisso dal basso verso l’alto alla fine del tetto e balla parecchio, quindi è meglio non caderci sopra…
Erik: Come dicono i nostri amici Francesi: Niente male per un Italiano, eh?
Bubu: Non mi lamento. Sono stato molto contento di essere riuscito a concatenare questa splendida via a vista, che è per me lo stile più bello e pulito di arrampicata. Per finire in bellezza ho attrezzato con tre chiodi normali una linea a sinistra di 009: presenta un tetto di tre metri con passaggi molto atletici dove ho dovuto fare un yaniro per riuscire a raggiungere un aggancio su ghiaccio e roccia alla fine del tetto… Questa via è veramente molto bella, talmente bella da farmi star male e farmi pensare ad altre cose difficili da conquistare… ma nella vita non si sa mai e allora ho deciso di chiamarla "Never say Never", M8+.
Erik: Con questo la tua storia in Valsavaranche è finita o c’è ancora qualcosa da fare lì?
Bubu: In effetti, quando stavo arrampicando nella grotta di Stevie, ho notato sull'altro lato della valle un tetto impressionante di circa 12 metri con una serie di stalattiti in mezzo e una tendina di ghiaccio all'uscita. Uno di quei giorni sono andato alla sua base e ho subito cominciato ad attrezzarlo, perché mi piace avere sempre qualche sfida in sospeso. Per ora è solo un progetto pazzesco, un sogno orizzontale di 12 metri, ma si sa che anche le cose più inverosimili a volte si riescono a realizzare. Sono convinto che questa linea potrà diventare una di quelle vie che diranno qualcosa di nuovo in questa disciplina.
Erik: Quali sono le altre pareti che ti attirano d’inverno (perché d’estate so già che hai dei gusti ‘particolari’)?
Bubu: Amo molto anche la Val di Cogne e soprattutto la linea mitica e inimitabile di "X-Files", M10, la creatura di Stevie Haston, la via di misto moderno considerata la più difficile al mondo. Con Lei avevo un conto in sospeso dalla scorsa primavera, quando ha superato tutta la prima parte a vista e sono poi caduto perché mi si è spezzata la colonna di ghiaccio sulla quale sono saltato al termine delle difficoltà su roccia (vedi foto nel secondo numero di Su Alto). Anche in dicembre siamo andati a vederla, ma non era arrivato ancora il momento… la candela sospesa in uscita era talmente grossa e minacciosa da far diventare il tutto troppo pericoloso, allora ti ricordi che abbiamo deciso di andare a ‘vedere un po’ in giro…’.
Erik: A questo punto vi posso raccontare io cos’è successo, visto che sono stato due ore a far sicura al nostro eroe: Bubu si è lanciato su uno strapiombo ancora vergine circa 200 metri a destra di X-Files che ha poi salito dal basso, a vista, su protezioni tradizionali (2 chiodi da roccia, 2 nut, 1 friend e 2 clessidre per 30 metri di tiro), in 2 ore di lotta, creando una via su roccia e candele sospese che ha chiamato "Candle in the wind", M8, probabilmente una delle ‘cose’ più difficili che siano mai state salite in questo stile: dal basso, con protezioni tradizionali e a vista. Dalla fine di questo primo tiro si è poi calato su un chiodo da ghiaccio posizionato in cima ad una candela, promettendo di tornare per continuare la sua via…
Tre giorni di fuoco...
Erik: A questo punto ti sei preso un po’ di riposo, ovvero sei tornato per qualche giorno a casa a festeggiare il nuovo millennio (e so che hai festeggiato niente male…), ma poi?
Bubu: Poi ho sentito che dovevo andare. C’era quella ‘cosa’ che mi aspettava, c’era X-Files che stava lì e io non riuscivo a resistere al suo richiamo. Dopo averla provata e aver fallito a vista per così poco, dovevo assolutamente tornare, e infatti i primi giorni di gennaio ero di nuovo lì. Sono salito con un amico di Ezio, un giovane e promettente ghiacciatore di Aosta, Massimo Farina, che mi ha assicurato anche questa volta con attenzione. Sono salito molto motivato e dopo l’unico tentativo che avevo fatto nel marzo del 1999 non mi ricordavo assolutamente i passaggi, così ho dovuto di nuovo improvvisare, ma tutto è andato bene e alla fine ho superato tutta la prima parte di roccia e sono arrivato fino al ghiaccio. Lì è cominciato il bello: mentre le difficoltà nelle altre vie difficili di misto moderno spesso sono finite quando arrivi nella sezione di ghiaccio finale, per X-Files non è così. Con la fine della parte rocciosa finiscono anche le protezioni e devi salire su ghiaccio per 15 metri senza mettere niente, perché se metti un chiodo e la candela si stacca, ti tira giù. Ma anche senza protezioni l’arrampicata è molto pericolosa perché sotto di te ci sono innumerevoli candele e altre strutture di ghiaccio sulle quali vai a sbattere se cadi. Credo che lì non si debba cadere, decisamente no! Oltre al fattore psicologico, l’arrampicata su ghiaccio è anche molto difficile, è la prima volta che mi è capitato di trovare in natura un vero e proprio tetto di ghiaccio, incredibile. Su questi ultimi 15 metri della via ho trovato due fessure orizzontali dove la colonna era fratturata e arrampicavo piano, delicatamente, sperando che non succedesse niente… Alla fine sono uscito veramente esausto e svuotato di tutte le energie da questo tiro di 50 metri secchi. Secondo me questa via è stata ed è ancora un passo in avanti nel misto moderno. Grazie Stevie per quello che ci hai insegnato e per le vie che ci hai lasciato!
Erik: Ma non è finita qui: mi ricordo che quel giorno io ero ad Argentiere, per il meeting di ghiaccio del Fournel e la consegna del Piolet d’Or, insieme a tantissimi ghiacciatori arrivati da tutto il mondo. I migliori provavano un progetto chiodato dai locali, una nuova linea che sembrava veramente molto difficile. L’ho provata anch’io, perché Bubu ne aveva già sentito parlare e mi ha pregato di andare a vedere di cosa si trattava. La sera ci siamo sentiti e mentre lui mi stava urlando che aveva appena fato X-Files, io gli stavo dicendo: "Bubu, vieni, l’ho trovata, è qui che ti aspetta, tu la puoi fare a vista, ci sono tutti i big, devi solo venire qui, so che lo puoi fare!" Il mattino dopo mi ha chiamato alle 8, e io sapevo esattamente quello che stava per accadere: "Erik, sono a Torino, sto arrivando. Mi sono svegliato alle 4, non riuscivo a dormire, arrivo!"
Bubu: Sì, sono stati veramente tre giorni di fuoco: prima X-Files e poi "Quartier Nors", era questo il nome del progetto dei francesi che riprende quello di un quartiere malfamato di Marsiglia. Uno strapiombo di 50 metri, prima ghiaccio, poi roccia, un primo tetto, una candela e poi il tetto chiave di tre metri, orizzontale, e l’uscita delicata su ghiaccio. Da tre settimane la stavano provando i migliori ghiacciatori francesi e non, ma nessuno era ancora riuscito a concatenarlo fino a quel giorno, quando ha provato di nuovo Lionel Daudet, il futuro vincitore del Piolet d’Or. E’ stato bravo ed è riuscito a farla, confermando quello che si diceva: M10. Poi io mi sono preparato e sono salito, ho superato tutta la prima parte, ho incastrato le mie fide Machine sul primo tetto anche se nessuno ci credeva, ho fatto 6 (!) yaniro sul tetto chiave e sono uscito sulla candela finale. E’ stata veramente una bella storia, difficile e impegnativa e sono contento di essere riuscito a fare così anche il primo M10 a vista della storia di questa nuova e bellissima disciplina.
Erik: E’ inevitabile una domanda sul confronto tra Quartier Nors e X-Files?
Bubu: C’è una differenza sostanziale in termini di esposizione, impegno e protezioni… Sul lato della difficoltà tecnica pura le due vie sono differenti ma comparabili, ma per quanto riguarda l’impegno sono due mondi diversi… Quartier Nors è chiodata molto vicino con gli spit e i rischi sono praticamente nulli, mentre su X-Files ci sono chiodi e spit, ma mooolto lontani, e se cadi in uscita ti fai veramente male. Se nella valutazione di una via si volesse tenere conto anche della dell’impegno psicologico, del grado di pericolosità della via, bisognerebbe pensare di alzare il grado di X-Files oltre l’M10, non abbassare quello di Quartier Nors. Ci dobbiamo rendere conto, con tutto il rispetto per quello che è già stato fatto, che non bisogna farsi condizionare dai numeri ed essere pronti a portare avanti il discorso delle difficoltà che sicuramente non si arresteranno al numero 10, ma sono destinate ad aumentare ancora, e molto presto.
Erik: So che quel giorno hai sbalordito tutti quelli che erano presenti al meeting, ma non potevi fermarti a raccogliere i complimenti, dovevi partire, per dove?
Bubu: In effetti io sono sempre di corsa, sempre in giro, sempre a dormire poco, spesso in macchina sul ciglio di qualche strada, cercando di recuperare quelle poche ore di sonno necessarie e tenere il ritmo che mi auto-impongo. Avevo promesso agli amici della Valmalenco, una laterale della Valtellina, vicino a Sondrio, in Italia, di essere presente al loro Longoni Ice Meeting, e allora, quella sera dopo aver salito Quartier Nors, mi sono seduto in macchina e sono partito da Briancon, passando per Torino e Milano fino a Lecco e poi su. Mi sono fermato a dormire un’ora e poi ero di nuovo a mille. Non so come ce l’ho fatta a stare in piedi, ma sapevo di doverlo fare, visto che nel pomeriggio Luca (Maspes) mi ha organizzato una dimostrazione di dry tooling… In Valmalenco le Guide e gli alpinisti locali organizzano ogni anno un bel meeting, che si ripeterà anche il 5 e 6 febbraio con una gara di velocità e ci sono anche grandi possibilità di aperture di vie di misto per il futuro.
Erik: Ho sentito dire che la via te la sei anche chiodata e attrezzata, è vero?
Bubu: In effetti sono arrivato lì un po’ in ritardo, ho visto questa linea bellissima e mi sono calato dall’alto per mettere 5 spit (su 50 metri di via), poi sono sceso e sono partito senza neanche provarla prima, direttamente senza dragonne e praticamente a vista. Sono riuscito a salirla e credo che possa essere un bel M8. E’ la prima volta che libero una via direttamente senza dragonne e allora ho deciso di chiamarla "No more leashes" perché voglio che sia per me l’inizio di un nuovo modo di vedere le cose e di avere l’umiltà di affrontarle partendo dall’inizio. Non voglio sembrare presuntuoso, ma penso che se posso farlo io possono farlo anche gli altri, visto che ce ne sono tantissimi che hanno molta più ‘pompa’ di me.
Erik: Allora qual è il tuo modo di vedere questa nuova disciplina, il dry-tooling?
Bubu: Credo che la tecnica del dry-tooling sia un nuovo ramo, una specializzazione dell’alpinismo in continua evoluzione che per ora si pratica prevalentemente a fondovalle. Questa tecnica portata sulle grandi pareti, permetterà di superare grandi vie in velocità e senza artificiale, come già accade per alcune grandi realizzazioni moderne nel massiccio del Monte Bianco ma anche altrove. Aspetto di poterla applicare personalmente anche su montagne più alte e importanti.
Erik: E l’evoluzione dove andrà?
Bubu: Per alzare ancora il grado di difficoltà uno dei problemi sono le strutture adatte sulle quali riuscire a trovare le condizioni che permettano di affrontare e risolvere vie di questo tipo. I problemi sono legati anche al fattore ghiaccio, perché non bisogna dimenticare che stiamo parlando di vie di misto e non di vie di roccia che hanno solo un po’ di ghiaccio alla base o una piccola stalattite in uscita! Bisogna cercare le strutture adatte, metterci del tempo e dell’impegno, allenarsi seriamente, e poi le cose vengono da se.
Erik: Visto che è partita proprio in questi giorni la prima Coppa del Mondo di arrampicata su ghiaccio alla quale so che anche tu prendi parte e che c’è stata tanta discussione sull’uso o meno delle dragonne in gara, tu cosa ne pensi?
Bubu: Secondo me il futuro dell’arrampicata su ghiaccio e misto sarà sicuramente senza dragonne, visto che al giorno d’oggi i materiali sono in continua evoluzione e migliorano a vista d’occhio. Nelle competizioni su ghiaccio questa è una strada obbligata perché le gare devono rispecchiare le più alte difficoltà possibili e superabili, la gente che fa le gare è molto preparata e non ha problemi ad arrampicare senza dragonne. Nell’arrampicata su ghiaccio puro conosco diversi arrampicatori che già da alcune stagioni arrampicano senza dragonne, perché su terreno verticale o leggermente strapiombante la differenza di sforzo fisico non è poi tanta e aumenta invece la libertà di movimento, bisogna però anche dire che è necessaria una preparazione fisica e psicologica adeguata. L’ultimo terreno sul quale prenderà piede l’arrampicata senza dragonne sarà il misto: salire su tiri strapiombanti e tetti senza dragonne è un modo per cercare di essere leali verso la natura. Mi spiego: già diversi anni fa si è passati dai cordini alle dragonne e questo è solo il passo successivo. Se tutti avranno realmente il coraggio di fare questo ulteriore passo e togliere le dragonne, la progressione sarà rallentata ma sicura. E’ una questione mentale, bisogna abituarsi ad arrampicare senza, lo sforzo fisico è diverso anche se indubbiamente superiore. Io ho cominciato poco tempo fa ad arrampicare anche senza dragonne e ora mi sto impegnando per riuscire a ripetere tutte le vie più difficili che ho già salito anche senza dragonne. Ho visto che finora sono riuscito a superare difficoltà di M9+, dunque credo che con un po’ di abitudine e di allenamento si possa progredire bene e regolarmente.
Erik: Speriamo…
MAURO BOLE - BUBU
Nato il 21. 05. 1968
Residente a Trieste, Italia
Guida Alpina dal 1991
Rock Climbing
Dolomiti
Marmolada
Tempi moderni, 1.a salita in giornata, 8 ore, VII+
Via attraverso il pesce, 2.a salita in giornata, 10 ore, 7b+
Variante Italia, on sight, VII+
Specchio di Sara, on sight, 7c
Fram, on sight, 7b
Coitus interruptus, 1.a on sight, 8a
Futura, 1.a ripetizione, VIII-
Tre Cime Di Lavaredo
Hasse Brandler, on sight, 7a
Spigolo Scoiattoli, on sight, 7b
Via dei Sassoni (Colibrì), on sight, 7c
Via degli Svizzeri, on sight, 7b
Perle ai porci, on sight, 7b
Alpenrose, 1.a on sight 7b
Couzy, 1. free ascent, 8b
Cima Scotoni
Direttissima Dibona, on sight, 7b
Luciano Da Pozzo, 1.a ripetizione, 7c+
Tofana Di Rozes
Paolo VI, on sight, 7b
Sass Maor
Nurejev, 1.a ripetizione, 8a
Cimon Della Pala
Marubio, 1.a ripetizione e 1.a on sight, 7c+
Monte Bianco
Grand Capucin - Voyage selon Gulliver, on sight, 7a+
Aiguille Du Midi - Ma Dalton, 7b+/7c
Arrampicata Sportiva
On sight 8a+
Rotpunkt 15 vie 8b e 8b+
Paretone di Ospo, Slovenia (parete strapiombante alta 150 m con vie di 5-6 tiri)
Zimska Sinfonija, on sight, 7c
Bora scura, rotpunkt, 7c
Fungo magico, rotpunkt, 7c
Try (Just a little bit harder), rotpunkt, 7b+
Invernali
Alpi Giulie
Mangart, Parete Nord, Sperone dei camosci, 1.a invernale, IV
Mangart, Parete Nord, Via Leuchs Shultz, 1.a invernale, V
Veunza, Parete Nord, Pilastro Piussi, 1.a invernale, VI/A2
Veunza, Parete Nord, Via Slovena, 1.a invernale, V/A0
Alpi Carniche
Pilastro della Plote, Via dei Carnici, 1.a invernale, VII
Misto
On sight Quartiere Nors, M10, Fressinieres, France
3^ (?) salita di X-Files, M10, Val di Cogne.
On sight di Welcome to the Machine, M9, Valsavaranche
Rotpunkt di "009", M9, Valsavaranche
Nuova via "Never say Never", M8+, Valsavaranche
Nuove vie nelle Alpi Giulie da M6+ a M8.
Prima salita di "Ronin", Val Dogna, M9+
Onsight di "Vol de Nuit", M8-, Mont Blanc du Tacul
Solitarie
Monte Bianco
Les Courtes, Parete Nord, Via degli Svizzeri, 2,5 ore
Aiguille de Triolet, Parete Nord, Diretta Contamine, 2,5 ore
Mont Blanc du Tacul, Goulotte Chere
Mont Blanc du Tacul, Gabarrou Albinoni e Modica Noury, concatenate in 8 ore in solitaria.
Goulotte Cherè e Voyage selon Gulliver (rotpunkt, 7a+) concatenate in solitaria in giornata in 20 ore.
Cervino - Matterhorn
Parete Nord
Alpi Giulie
Montasio, Cresta dei draghi, 1.a invernale solitaria in 5 ore
Nabois, gola Nord + Jof Fuart, gola Nord-Est + Montasio, canale Comici, concatenate in invernale solitaria in 20 ore, dislivello totale in salita 3900 metri.
Sci estremo
Monte Bianco
Aiguille Verte, Canalone Couturier
Alpi Aurine
Collalto, Parete Nord
Cima Grava, Parete Nord
Gran Pilastro, Parete Nord
Dolomiti
Cima Tosa, Canalone Neri
Civetta, Ferrata Alleghesi
Gran Vernel, Parete Nord Est e Marmolada Punta Penia, Parete Nord, concatenate in 5 ore
Torre Innerkofler, Canalone Nord e Sasso Piatto, Canalone Nord, concatenate in 5 ore
Popera Versante Nord, Canalone Schuster e Canalone Tonello, concatenate in 4 ore
Cristallo Versante Nord: Canalone Innerkofler + Canalone di mezzo + Canalone del prete + Canalone Staunies, concatenate in 12 ore.
Antelao Versante Nord: salita per Via Opel e discesa per Canalone Menini in 5 ore.
L'autore dell'intervista Erik Svab
Nato il 2 dicembre 1970, residente a Trieste. Laureato in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Trieste nel 1998. Attualmente è professionalmente impegnato come direttore di società di import–export in Slovenia e ha deciso di dedicarsi all’alpinismo senza trascurare alcuna sua espressione: dall’arrampicata sportiva alle grandi classiche, dalle vie nuove di alta difficoltà alle cascate di ghiaccio e alle vie di misto dell’ultima generazione. Arrampica da 12 anni e in montagna ha compiuto oltre 250 ascensioni.
Partecipa attivamente alla diffusione e promozione dell’alpinismo nei media, curando varie rubriche e pubblicando diversi articoli sulle principali riviste del settore (Su Alto, ALP, Rivista della montagna, Vertical, High, Rotpunkt, Desnivel, Rock&Ice, Grif, Jamesak) , su quotidiani italiani e sloveni e collaborando a siti Internet specializzati.
Scrive e presenta trasmissioni radiofoniche e televisive sulla montagna destinate al grande pubblico.
Note: Febbraio 2000: Mauro Bole Bubu drytooling in Valle d'Aosta su Twin Peaks M9 X-Files M10, Welcome to the Machine M9
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