Gabriele Moroni: dalle gare a Goldrake, l'arrampicata sportiva nel DNA
Gabriele, partiamo dall'inizio o quasi. Ci ricordiamo come fosse ieri la tua gara al Campionato Europeo a Lecco nel 2004. Eri giovanissimo, senza pressione e... hai vinto il bronzo!
Fa veramente piacere sapere che qualcuno ancora si ricordi di quel giorno. Ero un ragazzino di 16 anni, con pochissima esperienza in gare senior, a livello internazionale praticamente ancora nessuno mi conosceva e l'unico supporto che avevo era quello della mia famiglia, di Giovanni Cantamessa che in quegli anni era il direttore sportivo della nazionale e di pochi amici, tra cui Alessandro Gandolfo, che ai tempi era come un fratello maggiore.
A distanza di 10 anni, cosa ti ricordi ancora di quella gara e di quelle emozioni?
Purtroppo dieci anni sono tanti per ricordare ancora le esatte emozioni durante quella finale ma mi ricordo bene di essere già decisamente incredulo di essere lì in mezzo ai migliori d'Europa. Ero un bambino come spuntato dal nulla. Mi ricordo durante la finale di aver scalato come dentro ad una bolla, solo spinto dal calore del pubblico che chiaramente essendo in maggioranza italiano era tutto per me... Incredibile!
Senza togliere nulla alla mia prestazione e al risultato finale c'è da dire che quelli erano anni di cambiamento generazionale, nel senso che i più forti atleti di fine anni '90 erano a fine carriera o avevano già smesso e quelli della nuova generazione, tra cui anche il sottoscritto, erano agli inizi o con ancora poca esperienza a livello internazionale. Sta di fatto che mai avrei pensato di salire sul podio quel giorno! E' stato un momento magico, quasi irripetibile, quando riesci a mantenere una freddezza ed una determinazione che ti portano a dare il 110%. E tutto questo con la testa di un adolescente di 16 anni.
Sei nato come boulderista, “cresciuto” al B-Side e con il team di Marzio Nardi. Cosa rappresenta per te questo gruppo? Quant’è importante, cosa ti ha dato?
Questo è quello che pensa la maggior parte della gente. Ma sono sempre stato un arrampicatore sportivo “completo”, quindi sin dall'inizio ho sempre fatto sia boulder che arrampicata con la corda. Le vere basi le ho avute nella palestra di Novara grazie al mio primo istruttore Mauro Colombo. Poi, a circa 14 anni, mi sono accorto che la realtà della palestra novarese mi era un po' stretta quindi i ragazzi del Bside e Marzio (Nardi ndr) mi hanno accolto a braccia aperte. Ma vivendo a Novara non potevo allenarmi spesso da loro, giusto un paio di volte al mese. La verità è che sono cresciuto per conto mio, sul pannello casalingo fino ai 18 anni. Poi ho fatto la patente e finito le scuole superiori e lì mi si è aperto un altro mondo. Ho iniziato a girare molto di più e soprattutto frequentare con più costanza la palestra Bside e allenarmi adeguatamente per gli impegni nazionali e internazionali.
Ad un certo punto hai interrotto le gare. Vuoi raccontaci come mai e cosa hai deciso di fare?
Sì nel 2011. Stavo semplicemente passando un periodo di demotivazione. Ho iniziato a fare competizioni da ragazzino e per 14 anni sono state la mia priorità. Le ho passate tutte, iniziando da gare nazionali e internazionali giovanili Under 14 e Under 18, poi le Coppe Italia e del mondo, i vari Master ecc ecc... forse troppe se riguardo indietro nel tempo. Poi negli ultimi anni stava diventando frustrante, non riuscivo ad essere costante, forse anche a causa dell'inadeguata programmazione degli allenamenti. Ho sempre puntato ad una vittoria di Coppa del Mondo ma non è mai arrivata. Quattro volte secondo in quattro anni, sempre molto vicino alla vittoria, ma niente. E per finire, dopo la morte di Giovanni Cantamessa, a mio parere l'unico Vero direttore sportivo che la nazionale italiana abbia mai avuto, l'unico personaggio in federazione che veramente credeva nella crescita della squadra, la motivazione di noi atleti è sprofondata. E' stato un duro colpo, Giovanni non era solo il nostro coach, era uno di noi... Ricordo ancora con gioia le trasferte all'Isola della Reunion nell'Oceano Indiano o a Vail in Colorado per le tappe di Coppa del Mondo Boulder. Ai tempi eravamo una vera squadra affiatata: io, Christian Core, Lucas Preti, Michele Caminati e Giovanni come team manager! Ecco quelle sensazioni di sentirsi parte di una Nazionale di atleti/amici non l'ho più percepita e anche questa è stata una delle maggiori cause del mio stop agonistico.
Poi però, l’anno scorso, sei ritornato. E alla grande. Ci è sembrato di vedere in te un approccio diverso. E’ giusta questa nostra osservazione?
La fiamma in realtà non si era mai spenta. Sapevo che prima o poi sarei ritornato a gareggiare. La spinta più forte che mi ha fatto riprovare è stata dopo gli Adidas Rockstars dello scorso anno. Qualche mese prima ero stato in Brasile per un viaggio scalatorio/culturale e al ritorno mi sentivo completamente fuori forma e sovrappeso. Quindi ho deciso di dedicarmi un paio di mesi ad allenarmi seriamente per un trip in Frankenjura. Anzi visto che avevo ricevuto l'invito agli Adidas Rockstars il piano era di partecipare a questa gara e poi arrampicare in Franken per qualche settimana. Senza nessuna aspettativa sono arrivato in finale in mezzo ai mostri sacri di adesso e sono finito come quarto. Questo risultato mi ha fatto pensare parecchio e dopo un po' sono arrivato alla conclusione che con un buon periodo di allenamento mirato avrei potuto ancora difendermi nelle gare internazionali. La vera differenza di quest'anno è che ho gareggiato solamente per me stesso, con ritrovata motivazione. Fin da inizio stagione non avevo intenzione di fare tutta la stagione ma solo le gare più vicine visto che abbiamo dovuto pagarci tutto. Pur non avendo mai raggiunto una finale ma centrando cinque semifinali su cinque direi che sono molto soddisfatto dei risultati e non mi pento della scelta fatta.
Domanda che potrebbe sembrare stupida: perché fai le gare e cosa ti danno?
Sono cresciuto facendo gare. Alle prime ero talmente piccolo che non so neanche se mi piacevano. Ero bravo e finivo sempre nelle prime posizioni, mi divertivo perché c'erano altri bambini e si giocava, ma facevo fatica a gestire lo stress. Crescendo ho iniziato a capire come trasformare la tensione in energia e dare tutto nel momento giusto. E se il tuo fisico sta dietro alla testa e viceversa è una sensazione incredibile! Ma devi essere portato. Tanta gente non riesce a gestire le proprie emozioni, ha paura della reazione della gente alla propria prestazione, di quello che pensa il pubblico, gli altri atleti, gli amici o la famiglia e quindi non riesce a dare il 100%.
Dalla plastica alla roccia. Sappiamo che hai fatto 100 vie di 8c in su. Una cifra strabiliante, no?
C'è da dire che sono distribuite nell'arco di circa 9 anni quindi niente di strabiliante visto che sono uno scalatore a tempo pieno e posso scalare anche in settimana. Comunque personalmente è un buon traguardo e ne vado fiero visto che sui gradi do sempre la mia opinione e molti li ho svalutati. Avessi guardato i gradi della guida sarei arrivato a 100 parecchi mesi fa.
Sappiamo anche però che, allo stesso tempo, tendi a dire che ormai il 9a non è più niente, non fa notizia in quanto lo fanno in tanti. Ma davvero è così?
Dire che il 9a non è più niente mi sembra un po' azzardato, dico solo che il livello è sempre più alto e che molte persone al giorno d'oggi salgono tiri estremi anche velocemente. Per me il 9° grado rimane sempre una grande cosa e tutti gli scalatori che riescono a salirlo hanno il mio più totale rispetto.
Cosa ci vuole per fare un 9b? E sarebbe fattibile per te?
Ci vogliono parecchie qualità, capacità tutte ad altissimo livello. E sarebbe da lavorare un sacco su queste. Io mi reputo un buon scalatore tutto sommato ma con delle qualità/capacità medie. Tecnica medio/alta, livello di forza medio, resistenza bassa, flessibilità imbarazzante. Per fortuna il mio dono è mettere queste capacità tutte insieme creando un buon bagaglio. Credo che per fare un 9b servirebbe avere almeno queste qualità ad un alto livello. Io non so se potrei ancora progredire più di tanto. Ormai il mio livello è abbastanza stagnante e anche con un buon periodo di allenamento, a parte i picchi di forma, non noto grandi miglioramenti in media. Per fortuna l'esperienza mi aiuta molto ed è soprattutto per questo se riesco a chiudere tiri o blocchi difficili rapidamente.
Infatti, l’inverno scorso hai anche dato grande dimostrazione sul boulder, salendo il tuo secondo 8C boulder, The Story ofTwo Worlds
E' stata una bella soddisfazione. Ho iniziato a provarlo abbastanza per scherzo accompagnando Niccolò Ceria. Gli anni prima avevo salito qualche boulder di 8B+ anche abbastanza velocemente, ma fino a quest'inverno non avevo mai provato un boulder di quella difficoltà. Addirittura un paio di mesi prima di chiudere The Story avevo salito un altro blocco della stesso grado, che forse mi ha richiesto più impegno, ma poi è stato svalutato da Jimmy Webb. Comunque verso febbraio ero in un buon periodo e questo è stato un buon test di forma visto che era un mesetto che avevo iniziato la preparazione per le gare.
Arrampicata sportiva, boulder. E il trad? Non ti attira? Dai, che sei anche stato sul gritstone in Inghilterra, non può non piacerti ;-)
No, al momento i miei interessi sono esclusivamente su monotiri spittati e blocchi. Di grattarmi in fessure o spaccarmi le caviglie sul grit inglese al momento non mi va. Ho avuto un periodo di motivazione per il trad parecchi anni fa. Avevo scalato molto a Cadarese con la cricca Matteo Della Bordella / Ricky Felderer facendo anche la prima salita trad di Grazie Ricky, un 8a che adesso sta diventando un riferimento lì a Cadarese. In Inghilterra vorrei proprio tornarci, sì! Ma quello che mi attira lì al momento non sono le perfette linee grit vergini di spit ma piuttosto un tettino di calcare spesso bagnato nell'angolo più umido del Peak District... Hubble!
Che rapporto hai con i media? Oggettivamente con noi sei sempre stato molto disponibile, ma bisogna saperti cogliere al momento giusto...
Dipende dai periodi e dalla voglia di mettermi in mostra. Diciamo che non sono mai andato a chiedere ad una rivista o ad un sito web di pubblicare qualcosa su di me. O a un fotografo o videomaker di seguirmi in un viaggio, a parte l'esperienza No Siesta Spain Trip, che comunque a volte mi è stata un po' stretta. Non so, forse la mia visione dell'arrampicata è un po' diversa dal classico professional, che gode a vedere il suo nome o la sua foto/video. Io sono più quello che va in Frankenjura con amici, fa tre 9a in una settimana, vorrebbe farne pure un quarto quindi non spreca nemmeno una giornata a far le foto...
A me piace curare la mia immagine magari attraverso i social network, postare qualche foto su instagram ma non di più. Sai quanta gente mi fa pesare la cosa di non impegnarmi abbastanza nel pubblicizzarmi!?... Ma io sono fatto così, fa anche parte del mio carattere un po' timido e riservato.
A proposito del No Siesta Spain Trip. Mesi girovagando per le falesie in Spagna... un sogno? E lo ripeteresti?
Direi che era un progetto che avevamo tutti e due da qualche anno. Partire per due mesi con un camper senza pensieri e stress, cercare di esprimere le nostre capacità e la nostra passione al massimo mettendosi in gioco sui testpieces locali. Lo ripeterei senza dubbio però cambiando meta. Magari negli Stati Uniti...
Guardando nel panorama nazionale ed internazionale, cosa ti impressiona?
A volte mi impressiona la forza pura della gente. Su internet vedi dei video veramente impressionanti. Gente che potenzialmente potrebbe fare gli 8c e i 9a ma poi, non sapendo ascoltare il proprio corpo, non si alza sui 7c.
Se guardi indietro alla tua arrampicata, c’è un momento particolare di cui vai molto fiero e che ti piace ricordare?
Sicuramente la mia ripetizione di Action Directe, mi è costata parecchia fatica e soldi. Era un gran periodo di affiatamento. Devo ancora ringraziare il supporto che molte persone mi hanno dato. Fai conto che un paio di volte nello stesso mese siamo partiti il venerdì sera per poi tornare la domenica sera. Motivazione pura per scalare, ma soprattutto per divertirsi in compagnia... Infatti i ricordi più intensi di questi weekend in Frankenjura non vengono dai tentativi su Action Directe ma soprattutto dalle serate in birreria!
In questi anni il Frankenjura è diventato la tua seconda casa, forse sei l’italiano che ci è stato di più.
Si, decisamente sono l'italiano che ha passato più tempo in Frankenjura, dopo Vito il pizzaiolo di Neuhaus!
E' un luogo storico dell'arrampicata che mi ha sempre affascinato. Ho cercato di ripercorrere tutti gli step e quindi ripetere tutte le vie classiche che hanno fatto la storia dell'arrampicata moderna. Dai primi 7a e 7b di Kurt Albert ai tiri più duri di Wolfgang Güllich, Werner Thon, Guido Kostemeyer degli anni '90... Il Franken per me negli anni è diventato più di una seconda casa, un luogo sacro dove mi sento sentimentalmente legato e ho la necessità di farci un pellegrinaggio minimo due/tre volte all'anno.
A proposito di pellegrinaggio. Quest'autunno sei ritornato a Cornalba dopo qualche anno di assenza, hai ripetuto Goldrake, il 9a+ liberato da Adam Ondra che avevi iniziato a provare nel 2012. E' la via che ti ha richiesto di più in assoluto. Come l’hai vissuto?
E' stata una vera “esperienza di vita” durata diversi anni. Ho iniziato a provarla abbastanza per caso, non ero mai stato a Cornalba, sapevo dell'esistenza di questa via avendo visto un video di Adam e volevo trovarmi un progetto per l'inverno. Poco dopo però mi sono reso conto che l'inverno non era la stagione ideale per provare una via del genere, decisamente troppo freddo e ventilato. Ma ormai ero ossessionato e mi sentivo vicino alla salita già dopo pochi giorni di lavoro. Ogni volta però arrivavo al crux senza sensibilità alle dita.
Quindi sono tornato la stagione seguente, in autunno, ma non ero molto in forma quindi per rientrare in sintonia con la via ci ho messo un po'. Questo ritardo mi è costato caro, infatti una volta in forma, ho iniziato a patire ancora una volta il problema delle dita fredde, finché un giorno sono riuscito a passare il crux in qualche modo, ma sono caduto sulla placca finale senza alcuna sensibilità alle mani.
Un duro colpo
É stato un bel colpo per la testa, infatti ho deciso di lasciar perdere e accantonare il progetto per un po'.
Da quel giorno sono passati quasi due anni. Non sono tornato per vari motivi, uno dei principali motivi è stato quello di non aver avuto voglia di rimettermi in gioco... Fino a pochi giorni fa... Quest'anno è stato diverso. Volevo chiudere il cerchio. Non ne potevo più di pensare alla via praticamente tutti i giorni.
E per fortuna è andata via velocemente. In solo due giorni sono riuscito a salire in cima. E finalmente moschettare quella maledetta catena! Penso di esserci riuscito così rapido per diversi fattori. Ottima forma, temperature ancora non troppo basse, giornata velata e quindi con poco vento ma soprattutto perché ancora non avevo niente da perdere, non ero ancora entrato in quel tunnel mentale in cui devi avere tutto sotto controllo e se sbagli qualcosa o fai un movimento al limite, la concentrazione cala e dentro pensi di non avere nessuna chance.
Da fine ottobre ad oggi sono passati oltre 20 giorni. Come ti senti adesso?
Mi sento leggero, dopo essermi tolto un tale peso dalle spalle. Contento sì, di non dover tornare più su quella cengia... A dire il vero le sensazioni durante il giro buono erano terribili. Ero al terzo tentativo di giornata. Al secondo sono caduto alto e non ero neanche sicuro di fare un altro tentativo. Però mi sono deciso a dare un ultima “botta” e, trascinandomi non so neanche io come, ho passato il crux e mi sono ritrovato sulla placca finale dov'ero caduto due anni prima! Decisamente più stanco dell'ultima volta ma almeno sentivo le mie dita...
Ti rivedremo sulle pareti di Cornalba ancora?
Sicuramente! Ho speso talmente tanto tempo a provare Goldrake che praticamente non ho provato nient'altro e mi mancano quasi tutte le vie classiche più facili. In più c'è un progetto molto estetico e aereo che aspetta ancora la prima salita!
Gabriele Moroni ringrazia i sponsor: Five Ten, E9 e Petzl
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