Cristian Brenna

Intervista a Cristian Brenna, una stella di prima grandezza nel mondo dell'arrampicata sportiva che nella nostra galleria dei 'protagonisti' non poteva certo mancare.
1 / 4
Cristian Brenna, prima ripetizione di Noia 8c+ ad Andonno nel 1995
Luca Lozza
L'idea é quella di 'usare' il nostro per una specie di libero viaggio tra competizioni e falesie, tra allenamenti e allenatori, tra 'ricognizioni' e 'isolamenti' di gara, alla ricerca di alcuni aspetti forse poco conosciuti dai non addetti ai 'lavori'. Chi poteva farlo meglio?

Lui é stato al gioco, é pazzo per l'arrampicata e ne parla comunque volentieri. Come introduzione sono stati utilizzati alcuni brani dell'intervista fatta a Cristian, da Nicola Noè e Nicoletta Costi, per l'articolo sulle falesie della Lombardia. Un piccolo profilo iniziale, insomma, costruito con le sue stesse frasi. Si prosegue poi con le classiche domande e risposte. Chiude il tutto la scheda (impressionante) delle realizzazioni... non perdetela vi farete un'idea del suo valore.

L'allenamento
Il mio punto forte è la resistenza, ma quella senza grossi riposi, quasi una continuità; a livello di forza base Core, Zardini e Calibani, ad esempio, sono molto più dotati di me, ma è anche vero che, tra gli arrampicatori che ho visto in giro, gli italiani sono quelli dotati della forza più mostruosa, però mancano esperienza nelle competizioni.
Sono stato sempre molto serio nell’arrampicata, molto metodico e mi sono sempre allenato molto. Ho iniziato nell’88 con il travo, poi è arrivato il muro nel ’91, perché avevamo finalmente trovato un buon posto.

Fino al ’95 non riuscivo ad impostare un vero metodo d'allenamento. Andavo al muro 3 volte alla settimana. Già dai tempi mi segnavo tutto su di un’agenda, tutte le sere sempre le stesse cose: 500-600 movimenti, per 5 anni, circuiti, quindi grande resistenza, mai boulder. Solo un po’ di forza al travo. Poi Marzio (Nardi) ha iniziato a seguirci di più … tabelle, settimane di carico, scarico, allenamento alla resistenza, forza, continuità e i risultati sono venuti. Poi a me serviva arrampicare molto di più su roccia, per migliorare la tecnica che era sempre il mio punto debole: quando arrampicavo solo il week-end non mi bastava, e arrampicare solo su muro non mi migliorava; non era importante tanto per la falesia, ma soprattutto nelle gare dove sei più obbligato e allora devi essere ancora più bravo.

Le gare
Penso di essere stato forse l’unico ad avere vinto una gara di Coppa del Mondo (nel ’98 a Courmayer) ed essere arrivato ultimo ad una gara di Campionato Italiano (nel ’90)!”

La mia prima gara è stata il Campionato Italiano nel ’89 a Torino Sono arrivato 27°; ricordo che ancora c’erano le tre prove flash e quindi potevi fare più tentativi. Ai tempi non c’erano altre possibilità, o gare a livello nazionale o niente, non c’erano circuiti regionali o amatoriali. Nel ’90, a Trento, prova unica a vista, mi sono classificato 15°. I risultati erano quindi fin dall’inizio incoraggianti.

La competizione crea stress, ma mi piace. Sono gli isolamenti che sono davvero lunghi: poi finché vai per fare esperienza, lo senti meno, ma quando vai per fare risultato allora non ti passa più!

Il boulder
Le gara di bouldering mi piacciono abbastanza, ma preferisco la difficoltà, la trovo più completa, più 'difficile' e impegnativa. Nel bouldering anche se sbagli puoi riprovare, hai 6 minuti per gestirti. Poi allenarti per le gare di difficoltà è più complesso. Per allenare la forza, fai sedute di 2-3 ore al giorno e ti sei allenato, poi devi solo riposare; altro è allenare la resistenza, 3-4 giorni di seguito, 3 ore la mattina e 3 ore il pomeriggio.

Mi diverto invece a fare blocchi su roccia; sono stato a Fontainebleau, a Cresciano, a Meschia, il posto nuovo di Calibani. Ci vado in inverno, con le condizioni buone, allora riesco a fare degli 8a. ma non riesco a provare tanto un blocco, in un giorno ne faccio 60, mi piace saltare da uno all'altro, un gioco. Ho visto Fred Nicole a Cresciano, non scala nulla! Fa un tentativo poi riposa 20’, poi un altro e ancora 20’, io mi rompo. Ne faccio uno scendo poi ne faccio un altro.

La tecnica
Forse all'inizio arrampicavo in modo poco estetico, ma efficace! Le prime vie difficili le ho fatte su placca, il primo 7c+ è Liquer de coco in Verdon che è un muro verticale, il primo 8a è Apache (Cornalba) e il primo 8a+ è Outsider, quindi tutte vie abbastanza tecniche. Poi magari le risolvevo in modo un po’ brutale ...


All'interno della FASI sei il rappresentante degli atleti…
Sono stato eletto circa tre anni fa, quando è uscita la normativa del CONI per cui ogni Federazione deve avere un rappresentante degli atleti eletto da quelli e fra quelli che hanno partecipato al campionato del mondo o alle ultime Olimpiadi. Noi non siamo ancora uno sport olimpico quindi hanno avuto diritto di voto i partecipanti al campionato del mondo, che hanno eletto me come Presidente, Zardini come vice presidente e Giupponi come consigliere.

Si potrebbe dire che per gli atleti, e probabilmente per tutto il movimento dell'arrampica sportiva, sei un personaggio carismatico…
Questo lo lascio dire agli altri. A me piace quest'incarico e cerco di svolgerlo nel migliore dei modi. Poi qualcuno logicamente avrà sicuramente delle critiche da fare, ma anche queste servono per andare avanti. Ogni anno, con Zardini e Giupponi, facciamo una relazionare alla Federazione sulla stagione agonistica appena conclusa e sull'attività delle squadre nazionali. In quell'occasione indichiamo anche quello che, secondo noi, ha funzionato più o meno bene e proponiamo dei miglioramenti. Partecipo, inoltre, a tutti i Consigli Federali per discutere delle nuove proposte fatte dai consiglieri. Insomma è un lavoro che serve anche per avere più voce in capitolo.

Qual'è la proposta a cui tieni di più?
In particolare spingere la Federazione a pubblicizzare maggiormente il nostro sport. Stiamo poi lavorando per migliorare le zone di isolamento, che in genere non sono mai sufficienti, e la qualità dei muri di gara e dei percorsi. Un'altra proposta é quella di ottenere dei premi gara, finora non obbligatori, nelle competizioni di Coppa Italia, non vogliamo tanti soldi però ci sembra giusto prevedere almeno un rimborso spese per i finalisti.

L'arrampicata sportiva ai massimi livelli richiede un impegno da professionisti, come fate?
In questo momento in Italia vivere d'arrampicata è un po' difficile. Noi siamo fortunati perché i Gruppi Sportivi Militari offrono la possibilità di fare l'atleta professionista. Attualmente siamo in sei e, quest'anno, forse aumenteremo ancora di numero. Quindi qualcosa si sta muovendo positivamente. Spero che questo rapporto possa continuare, per esempio in veste di allenatore, anche dopo aver smesso l'attività agonistica. Un po' come succede per quegli atleti della FISI che terminata l'attività agonistica lavorano per la Federazione restando nella Guardia di Finanza. Penso che questo sia una buona chance per avere dei tecnici professionisti che aiutino a crescere i settori giovanili.

E' indispensabile l'allenatore?
Si, può essere indispensabile, se però è una figura che può seguire gli atleti, non dico quotidianamente, ma almeno ogni settimana. E' per questo che abbiamo proposto alla Federazione, piuttosto che avere un allenatore per un giorno al mese o una volta ogni tre mesi, di fornirci un fisioterapista che ci aiuti a recuperare il dopo competizione ed essere pronti per la gara successiva.

Tu, invece, come arrampicatore sei nato con il fai da te…
Si, come tutti quelli della mia generazione. Io, Zardini, Giupponi, e molti altri, siamo tutti degli autodidatti. Ci consigliamo l'uno con l'altro, proviamo degli allenamenti, vediamo quello che funziona meglio. Anche se non è detto poi che l'allenamento di uno vada bene per tutti. Per esempio, Marzio Nardi quando ci seguiva come tecnico della Federazione, aveva preparato delle tabelle: c'era un allenamento che per Zardini funzionava bene mentre per me non andava. Ognuno quindi cerca di aggiustarsi, di trovare il sistema d'allenamento più adatto alle sue caratteristiche.

Puoi descriverci una tua giornata di allenamento
Dipende dai periodi. Nel periodo di preparazione invernale, incentrato sul 'carico', una giornata tipo consiste in 2-3 ore di muro alla mattina, seguite da una seduta di pesi in palestra e ancora una seduta di muro al pomeriggio. Adesso che sto preparando le prossime gare, al mattino inizio sempre con una seduta di pesi (perché tendo a perdere abbastanza presto la forza sui grossi muscoli e quindi ho bisogno di integrare con il lavoro sulle macchine) e continuo, al pomeriggio, con una seduta al muro. Immediatamente prima della competizione, invece, mi dedico più alla 'qualità' con un'unica seduta di allenamento al giorno in cui faccio anche 2-3 ore al muro però con un numero di movimenti ridotto: ad esempio 2-3 circuiti molto difficili, con buoni recuperi tra l'uno e l'altro, per testare la forma. Tutto questo sempre integrato con dell'attività aerobica, soprattutto bicicletta. Faccio anche stretching… poco però perché non mi piace molto.

E per la concentrazione?
Alla concentrazione non dedico allenamenti specifici, mentre cerco di curare degli esercizi per migliorare la 'tattica' e la 'tecnica'. Cerco soprattutto di memorizzare, simulando il momento della ricognizione della via di gara, dei circuiti. Per esempio, quando vado a fare muro da un amico, mi faccio mostrare un circuito nuovo e poi cerco di ripeterlo senza altre indicazioni.

Facciamo una prova: cosa ti ricordi del tuo primo 8b a vista?
Il primo 8b che ho salito a vista è stato Australia a Ceredo, ma non mi ricordo molto: c'è un grosso buco sotto al tetto con una specie di riposo, poi si riparte con una sequenza di tacche; il punto dove ho avuto più difficoltà è stato proprio all'uscita del bombé, lì c'è la sezione chiave della via. Ricordarsi le vie a vista in falesia però è molto difficile, mentre sulla struttura di gara è un po' più facile memorizzare la sequenza. In gara, invece, é difficile capire subito qual'è il punto migliore per moschettonare e la posizione dei piedi per fare certi movimenti. E' importantissimo, poi, intuire se ci sono dei punti di riposo oppure no.

Quindi quando con gli altri atleti arrivi sotto la via per la ricognizione…
guardo velocemente tutta la via e, già mentre mimo i movimenti, cerco di individuare i punti di moschettonaggio. Non studio mai moltissimo la prima metà, ma cerco di concentrarmi sulla parte alta del percorso e di trovare i possibili punti di riposo, perché di solito la parte bassa è abbastanza arrampicabile ed è difficile che ci siano dei passaggi difficilissimi.

Conoscete tutte le prese
No, è per quello che ogni tanto per cercare di capirne di più usiamo il binocolo. Sulle strutture dell'Enterprise ad esempio noi italiani facciamo abbastanza fatica rispetto agli atleti francesi che ne hanno tante di quel tipo. Questa è una cosa che l'UIAA dovrà pur studiare perché ci sono atleti che disegnano prese e pannelli dove poi gareggiano, non è una loro 'colpa', anzi, ma indubbiamente per loro è un vantaggio e forse non è equo rispetto agli altri. Comunque per prepararmi al prossimo Campionato Mondiale di Birmingham, dove si arrampicherà su una struttura dell'Enterprise, conto di andare 3-4 giorni ad Albertville per allenarmi proprio su una struttura di quel tipo.

Quando fate le ricognizioni sotto la via di gara a gruppetti vi si vede scambiarvi le impressioni, c'è qualcuno di cui ti fidi di più
Alla fine mi fido di me stesso. Ognuno legge la via alla propria maniera. Diciamo che di solito si guarda la via in gruppi di due o tre e poi, quando si ritorna in isolamento, diventa un lavoro di collettivo, ci si parla un po' tutti e si cerca di schiarirsi un po' le idee. E' molto bello. C'è chi parte subito e non fa a tempo a parlare quasi con nessuno e quindi i suoi dubbi se li tiene. Chi parte dopo, invece, comincia a discutere con gli altri della sezione che lo preoccupa di più. C'è sempre una zona della via che non ti è tanto chiara, così si cerca di captare un po' di qua e un po' di là e domandi: "ma come pensi di fare…".

Nessuno ha mai tirato 'pacchi'…
Ogni tanto può anche darsi, ma certo non intenzionalmente. Per dire, una volta François Petit era sicuro che un movimento si facesse in una certa maniera mentre io affermavo il contrario, alla fine è caduto proprio lì, se l'avessi ascoltato magari cadevo anch'io. Ognuno poi ha il suo stile, anche se magari in gara tutti sembrano arrampicare allo stesso modo. Se si guardano i filmati si nota invece che non tutti si mettono alla stessa maniera, cambia magari poco tra l'uno e l'altro, ma quel poco conta moltissimo. Anche perché, soprattutto in campo maschile, il livello è molto appiattito. Non c'è nessuno che si distacca nettamente dagli altri: se si prende la classifica di Coppa del Mondo i primi venti, potenzialmente, sono tutti atleti da finale.

Oltre a questo, nell'isolamento cosa succede…
Ogni tanto ci sono delle piccole gare di boulder. C'è Evgeni Krivocheicev, l'ucraino, che ad ogni gara prepara un circuito per tutti. Arriva con la magnesite, segna un circuito sul muro di riscaldamento, e via...

E tutti lo fate
dipende un po' da cosa traccia, certe volte fa delle cose troppe dure tipo dei circuiti da 60 movimenti, io quando mi scaldo in isolamento faccio al massimo 30 movimenti e allora… lui però li fa sempre perché si scalda come un assassino.

Capita mai che uno riesca a fare il boulder più difficile dell'isolamento e che poi in gara cada subito
Si non regolarmente ma alle volte può capitare, specialmente quando uno é alle prime armi. A me succedeva all'inizio, c'erano certe volte in cui per scaldarmi mi sfinivo già prima di partire. E' difficile imparare a conoscersi, capire quando sei 'caldo' e devi fermarti. Ci sono alcuni, come Arnaud Petit o Zardini, che per sentirsi a posto in gara devono prendere una grossissima acciaiata alle braccia, io invece quando sento gli avambracci che cominciano a diventare un po' duri scendo subito.

Seduti sulla sedia prima di partire sembrate in trance, a cosa pensate?
Si cerca di memorizzare i movimenti i passaggi non c'è nientr'altro che entra se non prese ed appoggi pensi solo a quello che devi andare a fare, pensi solo alla via

Una volta finita la gara, ci ripensi?
A casa ogni tanto dopo la gara mi guardo qualche video per vedere dove ho sbagliato e poi guardo anche gli altri arrampicatori per confrontarmi, è utilissimo il video.

E il fattore emotivo quanto influisce…
La pressione l'hanno tutti. C'è chi la sente di più chi meno. Si deve, o almeno bisognerebbe, cercare di tramutarla in energia positiva che dia una 'grinta' in più sulla via, questa è la cosa difficile in gara.

Tu ci riesci?
Dipende dalla gara, è una cosa strana. Magari delle volte sei tranquillo fino al momento della partenza ed invece ti va male mentre altre volte in isolamento sei agitato, sei nervoso, poi quando parti sei tranquillo, dipende un po' dalle volte. E' un aspetto difficile. In certe gare non riesco a dare il massimo proprio per la tensione: nel 1996 a Courmayeur, quando sono arrivato secondo in Coppa del Mondo, ho perso per la tensione, come a Milano l'anno scorso…

C'è la possibilità di allenare questo aspetto?
Ognuno cerca di smorzarla alla sua maniera, ma non c'è un sistema standard che ti dice fai questo e ti passa l'emozione. In allenamento poi è difficile ricreare la situazione di gara. Bisognerebbe fare un po' di training autogeno o qualche esercizio del genere, tipo lo yoga. Per esempio, Yuji Hirayama fa training autogeno.

Ma tu ti consideri un 'freddo' o un emotivo?
Una via di mezzo. Non sono ancora riuscito a trovare lo standard per rimanere tranquillo e freddo ad ogni competizione. Nelle gare nazionali sono un 'freddo', raramente sento la tensione. Nelle gare internazionali dipende…, diciamo che ultimamente sto' per andare più verso il 'freddo' che verso l'emotivo

Nella vita come ti senti di essere?
Abbastanza un 'freddo'.

In competizione chi é il più "tranquillo"?
Sicuramente François Legrand.

E quello più bloccato dall'emotività?
Christian Bindarmer è uno abbastanza emotivo, in gara 'trema' proprio, mentre in falesia non gli succede mai. Tra gli italiani direi Luca Zardini, o anche Alberto Gnerro fortissimo ma iper emotivo. Alberto ha una forza addirittura a un livello superiore di chiunque altro, come potenzialità potrebbe vincere ancora adesso gare di Coppa del Mondo a tutto spiano, solo che è molto emotivo.

Cos'è per te la falesia, complementare, in contrasto con le competizioni…
Io non riuscirei ad arrampicare solo su struttura artificiale, ho proprio bisogno di andare ad arrampicare in falesia. Ora ho ricominciato a fare muro per prepararmi alle ultime gare ma era praticamente da giugno, tra le competizioni e i viaggi che ho fatto negli Stati Uniti e in Francia, che ne facevo poco o niente. Ho bisogno di arrampicare in falesia! Se non lo faccio non riesco a entrare in forma. Mi serve proprio per migliorare il livello tecnico e tattico, ma anche per 'slegarmi fuori' e lavorare, per esempio sul ritmo. Sui circuiti non riesco, invece in falesia miglioro tutte queste cose.

E' più importante il risultato in gara o in falesia?
Io sono uno che fa le gare e per me è molto più importante il risultato in competizione. Ma mi piace ottenere dei buoni risultati anche in falesia; poi, sarà perché sono molto più rilassato e non ho la pressione della gara, ma ci riesco abbastanza facilmente.

Insomma un buon risultato in gara è più importante di un 8b a vista
Per me che faccio gare senz'altro, vincere una gara di Coppa del Mondo mi da molta più soddisfazione che fare un 8b a vista anche se fare un 8b a vista è pur sempre una grande realizzazione. Però, ripeto, vincere una gara per uno che fa gare è il coronamento dell'obiettivo.

Hai voglia di chiodare qualche linea difficile?
Fino ad adesso non ne ho mai avuto la voglia, prima di tutto perché quando lavoravo come elettricista tenevo il trapano in mano abbastanza e mi era passata un po' la voglia di usarlo ancora, e poi perché obiettivamente da noi, in Lombardia, non ho mai trovato una linea che mi ispirasse, se la trovassi potrei anche cominciare a chiodare. Anche perché è una cosa che dopo resta.

Agli atleti italiani manca quella determinazione che invece dimostrano di avere i francesi o gli inglesi?
Secondo me c'è tanta gente in Italia che ha ancora un po' paura di cadere e quello è un freno psicologico per la riuscita di una via in falesia a qualsiasi livello. Poi, nella palestra indoor dove ogni tanto mi alleno, ho notato anche che c'è tanta gente che appena si sente un po' stanca si ferma e non sa, o non vuole, cercare di continuare che è uno dei sistemi per superarsi ed allenarsi per poi fare la via in falesia o magari la via in gara. Questo é l'allenamento: cercare di superare sempre i propri limiti. E' un 'carattere', che, in effetti, forse manca un po' agli arrampicatori italiani, forse sono un po' pigri, mancano un po' di grinta...

C'è uno stile italiano e uno stile francese nell'arrampicata sportiva?
L'arrampicata degli italiani è più incentrata sulla forza che sulla tecnica, a differenza dei francesi che curano molto l'aspetto tecnico. Personalmente, già da un paio d'anni, cerco di lavorare più sul gesto che sulla forza perché ho visto che la mia lacuna era proprio la qualità tecnica. Curo sia la tattica sia la tecnica. Ciò significa, ad esempio, arrampicare in placca o comunque abituarsi a scaricare bene il peso sui piedi anche su appoggi minimi o, in strapiombo, non perdere mai gli appoggi.

Questo in gara aiuta ad avere una maggiore sicurezza, ed è molto importante perché se si riesce a stare bene sui piedi, a scaricare tanti chili, ci si riposa, e non per finta. L'anno scorso quando, al Rock Master di Arco, François Legrand, Yuji Hirayama e François Lombard sono arrivati tutti e tre su un grosso volume hanno incastrato il ginocchio per riposare ma, mentre si vedeva che Yuji e Lombard erano contratti, Legrand sembrava si fosse seduto. E' come se mentalmente avesse pensato: 'adesso ho incastrato il ginocchio e mi rilasso'.

Sempre Legrand quest'anno si è ripetuto a Lipsia con una gran spaccata su un volume, lì è stato bravo anche perché è l'unico che ha visto quella possibilità di riposo, questo gli ha permesso di vincere la gara. Alla fine tutto ciò è una capacità in più rispetto agli altri ed è quello che ancora, secondo me, manca a noi italiani.

Se dovessi presentare l'arrampica sportiva a un neofita cosa gli diresti?
che è uno sport bellissimo perché si è all'aria aperta, a contatto con la natura. Cercherei di convincerlo ad arrampicare in falesia e non solo su struttura artificiale.

Perché allora uno dovrebbe fare le gare?
Perché se ti piace misurarti con gli altri è giusto farlo in gara. E' vero che ci sono anche le realizzazioni in falesia, però è più corretto che ci sia una classifica che stili chi è più o meno bravo, ed il terreno su cui confrontarsi con un metro di valutazione più esatto è la competizione. Lì c'è parità di condizioni per tutti, si vede chi è il migliore almeno quel giorno. In falesia uno può fare un tiro di 8b a vista e un altro al terzo tentativo, ma non é detto che il primo sia il più bravo, bisogna anche vedere se tutte le condizioni, non solo atmosferiche, in cui si è affrontato quel tiro erano uguali.

In gara inoltre c'è anche il pubblico come testimone...
Si, anche se comunque pure in falesia c'è gente che vede! Non vede mai nessuno però alla fine vedono tutti…

Quindi a un giovane diresti che l'arrampicata sportiva …
è uno sport bellissimo e molto impegnativo, ma anche che all'inizio bisogna pensare meno al grado di difficoltà e un po' più all'arrampicata come gesto. Si deve arrampicare, specialmente all'inizio, per divertirsi, tanto poi 'il grado' viene di conseguenza. Non si deve partire insomma con la fissa di fare il risultato a tutti i costi. Ci sono dei giovani che in falesia magari saltano il 7a il 7b o i 7c, e, per fare 'il risultato', si attaccano subito sull'8a o sull'8b, questa è la cosa più sbagliata. L'arrampicata in falesia poi, per uno che fa gare o per un ragazzo che si vuole avvicinare alle competizioni, oltre ad essere una forma di allenamento serve anche per rilassarsi e distendersi, questo è un vantaggio che non c'è in altri sport.

Hai un sogno ricorrente, magari ad occhi aperti, che riguarda l'arrampicata?
Mi piacerebbe fare un 8c+ a vista, è un sogno e un obiettivo. Ho già individuato una linea che vorrei provare, è 'Il calvario del sicario' a Cuenca. Preferisco arrampicare a vista piuttosto che lavorare un progetto magari iperduro, perché la vedo come la massima essenza dell'arrampicata. Lavorare una via estrema per un anno mi sa più di un esercizio ginnico che di arrampicare, alla fine si tratta di andare lì e di continuare a provare e riprovare: è un po' come provare il salto mortale alle parallele fino a che non ti viene. Insomma diventa non tanto un'arrampicare ma più una prestazione atletica. Così sono più incentivato a fare vie difficili a vista o magari in pochi tentativi, questo è il mio modo di vivere l'arrampicata… non voglio dire però che debba essere l'unico.

Note:
Cristian Brenna
nazionalità: italiana
età: 29 anni
Atleta della squadra nazionalze F.A.S.I.
Gareggia per il "Gruppo Sportivo Sciatori Fiamme Gialle"

Migliori realizzazioni in falesia:
In totale 236 vie sopra l'8a di cui 96 a vista

Via lavorata
falesia
tent
8c+
Hasta la vista Mt. Charleston - USA 12
L'Avaro Sarre (AO - ITA) 11
La connexio Orgon - FRA 08
Bronx Orgon - FRA 12
Noia Andonno (CN - ITA) 10
8c/8c+
Rheini's vibes Massone (TN - ITA) 03
8c
Facile Mt. Charleston - USA 03
Reverse polarite Mt. Potasi - USA 02
Last sacrifice Deversè - FRA 03
Hasta la magnana Mt. Charleston - USA 06 
Hyperman Mt. Charleston - USA 03 
Nagay Covolo (VI - ITA) 02
Invidia Donnaz (AO - ITA) 07
Mistero Andonno (CN - ITA) 04
La cura plus Gravere (TO - ITA) 08 
Le plafond Volx - FRA 04
Macumba club Orgon (FRA) 05 
Zulu Rifle - USA 04
Via a-vista falesia
8b
Public Enemy
? Georges du Tarn (FRA)
Sika Defersé (FRA)
Fuego Massone (TN - ITA)
Ghegori Covolo (VI - ITA)
Ridi mò Grotti (RI - ITA)
Rastata Grotte de l'ours (FRA)
Australia Ceredo (VI - ITA)
8a+/b
Il Falco Brojon (VI - ITA)
Migliori risultati in gara:

1995
- 9° Coppa del Mondo
- 1° Campionato Italiano
- 1° Coppa Italia

1996
- 3° Coppa del Mondo
- 6° Campionato Europeo
- 1° Coppa Italia

1997
- 4° Coppa del Mondo
- 2° Rock Master di Arco

1998
- 2° Coppa del Mondo (1° italiano a vincere una prova di Coppa del Mondo - Courmayeur 5/6-09)
- 2° Campionato Europeo
- 1° Campionato Italiano
- 1° Coppa Italia

1999
- 1° Master Serre Chevalier (FRA)
- 3° a Wiener Neustadt (1^ prova Coppa del Mondo '99)
- 2° Coppa Italia Difficoltà
- 2° Coppa Italia Boulder
- 1° nella Classifica Mondiale Permanente al 16/10/99.
- 1° Campionato Italiano

Sponsor:
Fila (abbigliamento)
La Sportiva (scarpe arrampicata)
Camp (attrezzi)
Oakley (occhiali da sole)
Longoni Sport (neg. sport)
Gaz Max (strutture arrampicata).

News Cristian Brenna
INTERVISTE PLANETMOUNTAIN



Ultime news


Expo / News


Expo / Prodotti
Rampone a 10 punte CAMP Ascent
Rampone a 10 punte in acciaio per alpinismo classico.
Scarponi alpinismo AKU Aurai DFS GTX
Scarpone per alpinismo in alta quota e arrampicata su ghiaccio.
Ferrino Full Safe E2 - zaino da freeride e skitouring
Zaino da freeride e skitouring, equipaggiato con 2 device di sicurezza in caso di valanga: Sistema Airbag Alpride E2 e Riflettore RECCO
SCOTT Pure Tour 100 - sci da scialpinismo e freeride
Nuovissimi sci SCOTT, leggeri per lo scialpinismo e modellati per il freeride.
Imbracatura leggera da alpinismo e scialpinismo Singing Rock Serac
Imbracatura estremamente leggera per scialpinismo, alpinismo e tour su ghiacciaio.
Petzl Rocha - mochettone a ghiera
Moschettone con ghiera a vite, ultracompatto e ultraleggero con forma a pera
Vedi i prodotti