Protagonista per una sera ad Arco: in ricordo di Oskar Piazza
Venerdì 19 febbraio 2016 nella sede sociale della S.A.T. sezione di Arco (Tn) Fabrizio Miori ci invita ad una serata in ricordo di Oskar Piazza con la presentazione di Montagne di Garmi - Mali.
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La guida alpina e membro del Soccorso alpino Oskar Piazza
Per la XIV edizione di "Protagonista per una sera" nella sede sociale della sezione di Arco della Società degli Alpinisti Tridentini (SAT), alle 21:00 di oggi è in programma "Montagne di Garmi - Mali", una serata condotta da Fabrizio Miori dedicata ad un amico, Oskar Piazza, vittima poco meno di un anno fa del terremoto del Nepal.
OSKAR PIAZZA, un ricordo ad un anno dalla scomparsa e dal terremoto in Nepal del Centro Studi Materiali e Tecniche Club Alpino Italiano:
Con grande stima e affetto vogliamo ricordare Oskar, Istruttore Nazionale di Alpinismo e Guida Alpina, per molti anni validissimo collaboratore prima nella Commissione e poi nel Centro Studi Materiali e Tecniche. Aveva cinquantacinque anni, gran parte vissuti intensamente tra alpinismo, arrampicata, spedizioni e solidarietà. Soprattutto in quest’ultimo ambito, nel Soccorso Alpino, Oskar Piazza ha dedicato moltissimo tempo ed energie.
Ricopriva, infatti, gli incarichi di Istruttore Nazionale Scuola Nazionale Tecnici (SNATE), di Istruttore Nazionale Scuola Nazionale Forre (SNAFOR) e, nell’ambito della Delegazione Trentino, il ruolo di coordinatore Tecnici Elisoccorso. Della sua esperienza, in particolare nell'elisoccorso, ci fa piacere ricordare di non averlo mai sentito, come purtroppo altri fanno, ostinarsi su "quegli sciocchi incompetenti che vanno a cercarsi i guai".
Prediligeva moltissimo i grandi spazi ed ecco la sua passione per le spedizioni Himalayane. Degli aspetti tecnici delle sue esperienze in quota, così come delle sue salite, Oskar non parlava molto perché non era il tipo che amava farsi bello dei suoi successi. Nelle spedizioni in alta quota Oskar ha comunque dato prova non solo di grande abilità tecnica ma anche di notevole potenza fisica, scalando in velocità il Cho Oyu (8201 m) e il Gasherbrum I (8068 m) e nonostante avverse condizioni il pericoloso McKinley (6194 m). Oltre alle salite citate ha tentando altri colossi come il K2 e l’Everest. La maggior parte di queste salite Oskar le ha affrontate assieme all’amico Angelo Giovanetti, col quale costituiva una coppia davvero speciale. Fin da subito avevano fatto la scelta di salire in velocità e di solito di notte, per ridurre al minimo i rischi legati alle salite diurne: crolli di seracchi, valanghe, maltempo improvviso, il trovarsi in vetta a ora troppo tarda. Oskar è sempre stato molto attento alla pianificazione e alla sicurezza nelle sue salite e spedizioni; per lui velocità significava sicurezza. Non si può certamente scordare però, il suo interesse per le persone che avevano condiviso le sue esperienze o che aveva incontrato nei suoi viaggi. La montagna gli aveva insegnato, diceva sempre, la cultura del rispetto verso le persone e gli ambienti; le sue avventure costituivano per lui un grandissimo arricchimento umano.
Nel campo dei materiali e delle tecniche per l'alpinismo, così pure dell'equipaggiamento per soccorso, il suo ingegno e la sua esperienza hanno lasciato il segno. Ricordiamo con riconoscenza la sua partecipazione e la grande disponibilità negli studi sulle tecniche di assicurazione e sul confronto fra le soste. Non si possono contare le tante ore da lui trascorse appese penzoloni sulla nostra testa, sotto gli strapiombi, su e giù per le corde con cui si attrezzava il terreno per le varie sessioni di prova. Compito molto faticoso ma che lui eseguiva come in un gioco, col suo lungo corpo che si raccoglieva e si distendeva ritmicamente, senza sforzo apparente. Ricordiamo anche il suo pragmatismo e la sua durezza quando prendeva posizione su certi problemi, riguardanti le tecniche di assicurazione e l'attrezzatura delle soste, se gli sembrava che fossero sottostimati.
Dopo il K2 del 1999, con un team aggregato alla spedizione di Hans Kammerlander e l’Everest del 2003, in cui era stato coordinatore logistico - alpinistico di un tentativo di salita in velocità di Fabio Meraldi, Oskar cominciò a dedicarsi sempre più al canyoning, diventando uno dei maggiori esperti della disciplina. Questa passione lo portò a concepire un eccezionale progetto in una delle valli più affascinanti e meno affollate del Nepal: il Langtang. Durante più anni organizzò sistematicamente, spedizioni di esplorazione per identificare le forre in quota più belle della valle dove in seguito, sempre con la discrezione e lo stile “non urlato” tipico del suo carattere e di tutta la sua attività, aprì e attrezzò decine d’itinerari. Gran parte di quest’operosità fu comunque in parte legata a interessi umanitari nei confronti della gente di un piccolo villaggio, che negli anni contribuì a sistemare.
L’ultima spedizione, durante la quale è scomparso, avrebbe dovuto essere il coronamento del suo progetto: un eldorado per tutti gli appassionati di canyoning e in generale dell’avventura in montagna. Il lavoro, la passione e l’amore di Oskar per il Nepal e la valle del Langtang non andranno comunque persi se il progetto avrà, tramite gli sforzi della compagna Luisa Zappini e degli amici, il suo degno compimento.
Centro Studi Materiali e Tecniche Club Alpino Italiano
OSKAR PIAZZA, un ricordo ad un anno dalla scomparsa e dal terremoto in Nepal del Centro Studi Materiali e Tecniche Club Alpino Italiano:
Con grande stima e affetto vogliamo ricordare Oskar, Istruttore Nazionale di Alpinismo e Guida Alpina, per molti anni validissimo collaboratore prima nella Commissione e poi nel Centro Studi Materiali e Tecniche. Aveva cinquantacinque anni, gran parte vissuti intensamente tra alpinismo, arrampicata, spedizioni e solidarietà. Soprattutto in quest’ultimo ambito, nel Soccorso Alpino, Oskar Piazza ha dedicato moltissimo tempo ed energie.
Ricopriva, infatti, gli incarichi di Istruttore Nazionale Scuola Nazionale Tecnici (SNATE), di Istruttore Nazionale Scuola Nazionale Forre (SNAFOR) e, nell’ambito della Delegazione Trentino, il ruolo di coordinatore Tecnici Elisoccorso. Della sua esperienza, in particolare nell'elisoccorso, ci fa piacere ricordare di non averlo mai sentito, come purtroppo altri fanno, ostinarsi su "quegli sciocchi incompetenti che vanno a cercarsi i guai".
Prediligeva moltissimo i grandi spazi ed ecco la sua passione per le spedizioni Himalayane. Degli aspetti tecnici delle sue esperienze in quota, così come delle sue salite, Oskar non parlava molto perché non era il tipo che amava farsi bello dei suoi successi. Nelle spedizioni in alta quota Oskar ha comunque dato prova non solo di grande abilità tecnica ma anche di notevole potenza fisica, scalando in velocità il Cho Oyu (8201 m) e il Gasherbrum I (8068 m) e nonostante avverse condizioni il pericoloso McKinley (6194 m). Oltre alle salite citate ha tentando altri colossi come il K2 e l’Everest. La maggior parte di queste salite Oskar le ha affrontate assieme all’amico Angelo Giovanetti, col quale costituiva una coppia davvero speciale. Fin da subito avevano fatto la scelta di salire in velocità e di solito di notte, per ridurre al minimo i rischi legati alle salite diurne: crolli di seracchi, valanghe, maltempo improvviso, il trovarsi in vetta a ora troppo tarda. Oskar è sempre stato molto attento alla pianificazione e alla sicurezza nelle sue salite e spedizioni; per lui velocità significava sicurezza. Non si può certamente scordare però, il suo interesse per le persone che avevano condiviso le sue esperienze o che aveva incontrato nei suoi viaggi. La montagna gli aveva insegnato, diceva sempre, la cultura del rispetto verso le persone e gli ambienti; le sue avventure costituivano per lui un grandissimo arricchimento umano.
Nel campo dei materiali e delle tecniche per l'alpinismo, così pure dell'equipaggiamento per soccorso, il suo ingegno e la sua esperienza hanno lasciato il segno. Ricordiamo con riconoscenza la sua partecipazione e la grande disponibilità negli studi sulle tecniche di assicurazione e sul confronto fra le soste. Non si possono contare le tante ore da lui trascorse appese penzoloni sulla nostra testa, sotto gli strapiombi, su e giù per le corde con cui si attrezzava il terreno per le varie sessioni di prova. Compito molto faticoso ma che lui eseguiva come in un gioco, col suo lungo corpo che si raccoglieva e si distendeva ritmicamente, senza sforzo apparente. Ricordiamo anche il suo pragmatismo e la sua durezza quando prendeva posizione su certi problemi, riguardanti le tecniche di assicurazione e l'attrezzatura delle soste, se gli sembrava che fossero sottostimati.
Dopo il K2 del 1999, con un team aggregato alla spedizione di Hans Kammerlander e l’Everest del 2003, in cui era stato coordinatore logistico - alpinistico di un tentativo di salita in velocità di Fabio Meraldi, Oskar cominciò a dedicarsi sempre più al canyoning, diventando uno dei maggiori esperti della disciplina. Questa passione lo portò a concepire un eccezionale progetto in una delle valli più affascinanti e meno affollate del Nepal: il Langtang. Durante più anni organizzò sistematicamente, spedizioni di esplorazione per identificare le forre in quota più belle della valle dove in seguito, sempre con la discrezione e lo stile “non urlato” tipico del suo carattere e di tutta la sua attività, aprì e attrezzò decine d’itinerari. Gran parte di quest’operosità fu comunque in parte legata a interessi umanitari nei confronti della gente di un piccolo villaggio, che negli anni contribuì a sistemare.
L’ultima spedizione, durante la quale è scomparso, avrebbe dovuto essere il coronamento del suo progetto: un eldorado per tutti gli appassionati di canyoning e in generale dell’avventura in montagna. Il lavoro, la passione e l’amore di Oskar per il Nepal e la valle del Langtang non andranno comunque persi se il progetto avrà, tramite gli sforzi della compagna Luisa Zappini e degli amici, il suo degno compimento.
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