Muoversi in verticale, convegno a Dro per celebrate la Valle del Sarca
Il 27 novembre 2009 si è svolta a Dro (TN) la manifestazione le “Valli della Luna”. Ormai giunta alla quarta edizione, l'evento ha celebrato i pionieri delle grandi pareti della Valle del Sarca con numerosi ospiti come per esempio Giuliano Stenghel, Gianni Bassetti, Marcello Rossi e Sergio Martini. Inoltre, la guida alpina Marco Furlani ha ricordato l'alpinista trentino Renzo Zambaldi, scomparso il 7 novembre 2009.
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Sergio Martini, Mario Tranquillini e Marco Furlani
arch Furlani
Muoversi in verticale, Dro 27/11/2009
Il connubio fra il comune di Dro, Pietramurata e Ceniga e l’ambiente della montagna si fa sempre più stretto. La giunta comunale ha deciso di investire risorse nella valorizzazione e promozione del suo vasto e per certi versi unico patrimonio ambientale, volgendo lo sguardo dal fiume Sarca, alle Marocche e su verso l’enorme vastità rocciosa delle vette circostanti.
Per trovare nuove prospettive all’interno della manifestazione “Le Valli della luna” che si ripete da ormai quattro anni è stata inserita una serata dal titolo “Le grandi pareti di Dro” nata da un’idea di tre amici appassionati di montagna: Marco Furlani, Gennaro Matteotti (consigliere comunale) e Marco Santoni (vicesindaco). L’assessore all’ambiente Alberto Somadossi che ha aperto i lavori ha spiegato che la conservazione del territorio passa anche attraverso un utilizzo armonico ed uno sviluppo turistico ed economico ecosostenibile.
Alla tavola rotonda, riservata agli addetti ai lavori, è stata presentata la cartina sul biotopo delle Marocche, poi è andato in scena il gran galà dell’alpinismo nostrano. Presenti nella sala del centro culturale del paese di Dro circa 250 persone accorse per applaudire i pionieri delle grandi salite sulle gigantesche pareti della valle del Sarca che ricordiamo essere fra le più grandi della terra.
Molti sono stati menzionati, ma ecco quelli che sono saliti sul palco: Giuliano Stenghel detto Ciano, (il re della valle del Sarca) distante dalla scena oramai da anni e che raramente accetta di comparire a parlare di sé. Gianni Bassetti, (80 anni) che con un intervento particolarmente bello e genuino ha ricordato che con Arrigo Pisoni e Francesco “Cesco” Petrolli, tutti satini locali D.O.C. della valle, aprirono nel 1959 la “Via della Parrocchia” il cui itinerario è stato successivamente ricalcato dalla bellissima ferrata “Ernesto “Che” Guevara”. Marcello Rossi scopritore della parete zebrata, presente con il figlio bravissimo rocciatore, la fortissima coppia formata dai coniugi Palma e Giovanni Groaz, la grande cordata composta da Andrea Zanetti e Diego Filippi. Valentino Chini con Marco Pilati e Riccardo Mazzalai, il leggendario Sergio Martini (uno dei pochi ad aver salito tutti gli 8000) con Mario Tranquillini ed Italo Seia. Ha chiuso Heinz Grill artefice delle ultime, numerose e bellissime vie che rappresentano la nuova frontiera dell’arrampicata in valle.
Tutti i relatori sono Accademici del C.A.I. o guide alpine, tra i migliori alpinisti italiani che, partendo dalle pareti di Dro, hanno fatto la storia dell’alpinismo in tutto il mondo. Assente per malattia Cesare Maestri, il famoso “Ragno delle dolomiti” che in un toccante telegramma manda una supplica: “Salvate la ferrata Che Guevara”. Nelle vesti di presentatore e padrone di casa l’alpinista accademico e guida alpina Marco Furlani uno dei grandi esploratori delle pareti del Sarca, nato a Povo ma da anni residente a Pietramurata. Il tutto accompagnato da un supporto fotografico dal titolo “Muoversi in verticale” montato da Giorgio Tomasi e Marco Furlani in collaborazione con Trento Filmfestival: a bordo dell’elicottero della Guardia di finanza si volava di parete in parete dove si disegnavano le vie più importanti con i volti dei protagonisti.
Particolarmente toccante il ricordo che Furlani ha voluto dedicare ai compagni scomparsi che tanto avevano dato alla valle, in particolare quello dell’accademico trentino Renzo Zambaldi vittima della sfortuna sul Colodri ad Arco lo scorso 7 novembre. In sala Caterina Mazzalai fortissima scalatrice e compagna di Renzo che ha ricordato il marito con amore e passione, la stessa che fa muovere l’uomo in una delle attività più belle affascinanti e suggestive, ma che rimane sempre e non bisogna dimenticarlo mai molto pericolosa.
M.F.L.G.
Renzo Zambaldi - Omaggio a un gradne della montagna
di Marco Furlani
Il 7 novembre 2009 verso l’imbrunire la sfortuna era in agguato, in un incidente che ha dell’incredibile durante il ritorno sulla facile ferrata del Monte Colodri ad Arco, dopo una bella giornata d’arrampicata moriva Renzo Zambaldi eccelso alpinista Accademico Trentino aveva 51 anni. Sono passati quasi tre mesi e non riesco a capire come mai sento il bisogno, quasi un’esigenza interiore di scrivere di Lui, non è passato giorno da quando mia moglie Laura con il volto segnato dallo stupore e dal dolore mi metteva al corrente della disgrazia accaduta, che non pensi a Lui a Renzo. Eppure continuo a ripetermi non eravamo amici come sì suol dire intimi, si ci conoscevamo molto bene e penso eravamo legati da una profonda stima reciproca, ma allora perché non sono capace di metabolizzare la perdita, perché la mente mentre guardo verso i monti corre sempre a Lui?
Ho conosciuto Renzo nella primavera del 1975 alla storica palestra Trentina dei Bindesi, allora eravamo giovani giovanissimi, ed ancora adesso dopo tanto tempo lo ricordo per quel suo bel modo di fare, di porgersi, non alto ma ben piantato con spalle larghe, braccia atletiche e possenti, ma quello che più ti colpiva era la bellezza del viso e del suo sorriso, largo radioso, intelligente, quel suo modo di guardarti fra il serio e l’ironico, sempre pronto a rispondere con battute mirate ed acute ed a volte ironiche.
In quei anni l’ambiente alpinistico trentino era molto diverso da quello attuale, chiuso tradizionalista, ma i giovani come noi si stavano aprendo ai nuovi concetti, alle nuove filosofie provenienti dal sogno Californiano e Francese, la rivoluzione alpinistica era figlia della rivoluzione sociale che stava sconvolgendo il modo di vivere degli Italiani, ed anche in questo Renzo non era nato da famiglia benestante, anzi al contrario ha dovuto combattere per arrivare dove era arrivato.
Renzo che in un primo momento viveva la montagna a largo raggio coinvolto dall’ambiente alpinistico di Matterello sobborgo di Trento, una delle più grandi fucine di scalatori trentini insieme con quella di Povo, si appassionò sempre di più all’arrampicata d’alto livello sia su roccia che su ghiaccio.
Nel 1981 la rivoluzione arrivò anche all’interno della prestigiosa “Scuola di alpinismo Giorgio Graffer” ed un’intera generazione di giovani prese il posto dei vecchi istruttori: banco di prova fu il corso di roccia estivo svoltosi al rifugio Silvio Agostini nel gruppo Brenta che io ebbi l’onore di dirigere e che rimane uno dei miei più bei ricordi d’alpinismo. Renzo aderì subito con entusiasmo assieme ad una compagine di giovani scalatori straordinari, dimostrando le sue capacità d’insegnamento e di grande umanità.
Ci sentivamo forti anzi lo eravamo e la sera finite le lezioni e prima di cena, si era soliti andare a ripetere le difficili vie sulla cima d’Ambiez. Facevano parte di quel gruppo di fortissimi anche i compianti Fabio Stedile e Roberto Bassi, ed ora che anche Renzo ha oltrepassato la barriera, mi piace pensarli legati insieme alla stessa corda come allora, in una cordata ideale, chissà dove e su quali montagne, oltre la barriera del tempo ed i bastioni dello spazio.
Punto d’orgoglio personale è la presentazione di Renzo al prestigioso Club Alpino Accademico Italiano (C.A.A.I.) dove fu accolto a pieno diritto perché portavoce dei nobili ideali del Club.
Non vorrei dilungarmi in lunghi e sterili elenchi di salite non è nel mio stile, la nostra passione non è questione di numeri ma di esperienze, perché come Renzo penso che il salire la montagna sia un sentiero che porta passo passo verso l’equilibrio interiore e la serenità, quella serenità e gioia che gli si poteva leggere negli occhi. Però voglio ricordare che assieme ai suoi fidi e fortissimi compagni mattarei (abitanti di Matterello) Nazario Ferrari e Angelo Giovanetti furono i primi trentini a ripetere le tre grandi nord delle alpi, che ha arrampicato sulle più difficili vie dolomitiche ed alpine. In compagnia dell’amata moglie, la bella Caterina formavano una cordata forte ed affiatata, spaziavano dalle grandi vie d’ambiente ai maggiori centri d’arrampicata d’Europa.
Presidente instancabile dello storico “Gruppo rocciatori della S.A.T.” organizzatore eccelso voglio ricordare la grande serata con Patrich Berolt dove riuscì all’inizio degli anni 80 a riempire la sala dell’auditorium S. Chiara, si era impegnato moltissimo per le scuole di alpinismo, era istruttore nazionale di alpinismo e scialpinismo era membro della scuola centrale del C.A.I. stimato per la sua efficienza, precisione, preparazione, umanità. Si può ricordare l’impegno sociale per della S.A.T. di Mattarello e di Ravina dove amava curare i giovani che lo adoravano, e all’interno dell’Organizzazione Centrale sempre della S.A.T. L’aiuto e la speranza che portava in Uganda dove ogni anno si recava ad aiutare quelle popolazioni che tanto hanno bisogno, così era Renzo sapeva donare se stesso senza chiedere niente.
Dopo tantissimi anni eravamo stati ad arrampicare poco tempo prima insieme agli amici comuni Giuly e Mino sulla Via Esculapio a Padaro, avevamo passato una bellissima giornata insieme, era appena stato operato a quel'anca che tanto lo aveva fatto soffrire, era contento e stava bene, avevamo parlato molto avevamo raggiunto una sintonia particolare dove si cadeva sempre sull’immancabile: “Te ricordet quela volta…….”, e cose da ricordare ne avevamo di sicuro parecchie, dato che oramai tutti e due avevamo passato il mezzo secolo. Giornata conclusasi al bar “Parete Zebrata” dove sul libro delle salite avevo annotato: “Bella via, Bella giornata, Bella gente”.
La ripromessa di arrampicare ancora insieme, di vederci e frequentarci di più, di conoscerci ancora meglio, di passare altre giornate egualmente belle.
Forse da quella giornata bella e radiosa nasce questa mia esigenza interiore di scrivere di Lui.
Marco Furlani
Il connubio fra il comune di Dro, Pietramurata e Ceniga e l’ambiente della montagna si fa sempre più stretto. La giunta comunale ha deciso di investire risorse nella valorizzazione e promozione del suo vasto e per certi versi unico patrimonio ambientale, volgendo lo sguardo dal fiume Sarca, alle Marocche e su verso l’enorme vastità rocciosa delle vette circostanti.
Per trovare nuove prospettive all’interno della manifestazione “Le Valli della luna” che si ripete da ormai quattro anni è stata inserita una serata dal titolo “Le grandi pareti di Dro” nata da un’idea di tre amici appassionati di montagna: Marco Furlani, Gennaro Matteotti (consigliere comunale) e Marco Santoni (vicesindaco). L’assessore all’ambiente Alberto Somadossi che ha aperto i lavori ha spiegato che la conservazione del territorio passa anche attraverso un utilizzo armonico ed uno sviluppo turistico ed economico ecosostenibile.
Alla tavola rotonda, riservata agli addetti ai lavori, è stata presentata la cartina sul biotopo delle Marocche, poi è andato in scena il gran galà dell’alpinismo nostrano. Presenti nella sala del centro culturale del paese di Dro circa 250 persone accorse per applaudire i pionieri delle grandi salite sulle gigantesche pareti della valle del Sarca che ricordiamo essere fra le più grandi della terra.
Molti sono stati menzionati, ma ecco quelli che sono saliti sul palco: Giuliano Stenghel detto Ciano, (il re della valle del Sarca) distante dalla scena oramai da anni e che raramente accetta di comparire a parlare di sé. Gianni Bassetti, (80 anni) che con un intervento particolarmente bello e genuino ha ricordato che con Arrigo Pisoni e Francesco “Cesco” Petrolli, tutti satini locali D.O.C. della valle, aprirono nel 1959 la “Via della Parrocchia” il cui itinerario è stato successivamente ricalcato dalla bellissima ferrata “Ernesto “Che” Guevara”. Marcello Rossi scopritore della parete zebrata, presente con il figlio bravissimo rocciatore, la fortissima coppia formata dai coniugi Palma e Giovanni Groaz, la grande cordata composta da Andrea Zanetti e Diego Filippi. Valentino Chini con Marco Pilati e Riccardo Mazzalai, il leggendario Sergio Martini (uno dei pochi ad aver salito tutti gli 8000) con Mario Tranquillini ed Italo Seia. Ha chiuso Heinz Grill artefice delle ultime, numerose e bellissime vie che rappresentano la nuova frontiera dell’arrampicata in valle.
Tutti i relatori sono Accademici del C.A.I. o guide alpine, tra i migliori alpinisti italiani che, partendo dalle pareti di Dro, hanno fatto la storia dell’alpinismo in tutto il mondo. Assente per malattia Cesare Maestri, il famoso “Ragno delle dolomiti” che in un toccante telegramma manda una supplica: “Salvate la ferrata Che Guevara”. Nelle vesti di presentatore e padrone di casa l’alpinista accademico e guida alpina Marco Furlani uno dei grandi esploratori delle pareti del Sarca, nato a Povo ma da anni residente a Pietramurata. Il tutto accompagnato da un supporto fotografico dal titolo “Muoversi in verticale” montato da Giorgio Tomasi e Marco Furlani in collaborazione con Trento Filmfestival: a bordo dell’elicottero della Guardia di finanza si volava di parete in parete dove si disegnavano le vie più importanti con i volti dei protagonisti.
Particolarmente toccante il ricordo che Furlani ha voluto dedicare ai compagni scomparsi che tanto avevano dato alla valle, in particolare quello dell’accademico trentino Renzo Zambaldi vittima della sfortuna sul Colodri ad Arco lo scorso 7 novembre. In sala Caterina Mazzalai fortissima scalatrice e compagna di Renzo che ha ricordato il marito con amore e passione, la stessa che fa muovere l’uomo in una delle attività più belle affascinanti e suggestive, ma che rimane sempre e non bisogna dimenticarlo mai molto pericolosa.
M.F.L.G.
Renzo Zambaldi - Omaggio a un gradne della montagna
di Marco Furlani
Il 7 novembre 2009 verso l’imbrunire la sfortuna era in agguato, in un incidente che ha dell’incredibile durante il ritorno sulla facile ferrata del Monte Colodri ad Arco, dopo una bella giornata d’arrampicata moriva Renzo Zambaldi eccelso alpinista Accademico Trentino aveva 51 anni. Sono passati quasi tre mesi e non riesco a capire come mai sento il bisogno, quasi un’esigenza interiore di scrivere di Lui, non è passato giorno da quando mia moglie Laura con il volto segnato dallo stupore e dal dolore mi metteva al corrente della disgrazia accaduta, che non pensi a Lui a Renzo. Eppure continuo a ripetermi non eravamo amici come sì suol dire intimi, si ci conoscevamo molto bene e penso eravamo legati da una profonda stima reciproca, ma allora perché non sono capace di metabolizzare la perdita, perché la mente mentre guardo verso i monti corre sempre a Lui?
Ho conosciuto Renzo nella primavera del 1975 alla storica palestra Trentina dei Bindesi, allora eravamo giovani giovanissimi, ed ancora adesso dopo tanto tempo lo ricordo per quel suo bel modo di fare, di porgersi, non alto ma ben piantato con spalle larghe, braccia atletiche e possenti, ma quello che più ti colpiva era la bellezza del viso e del suo sorriso, largo radioso, intelligente, quel suo modo di guardarti fra il serio e l’ironico, sempre pronto a rispondere con battute mirate ed acute ed a volte ironiche.
In quei anni l’ambiente alpinistico trentino era molto diverso da quello attuale, chiuso tradizionalista, ma i giovani come noi si stavano aprendo ai nuovi concetti, alle nuove filosofie provenienti dal sogno Californiano e Francese, la rivoluzione alpinistica era figlia della rivoluzione sociale che stava sconvolgendo il modo di vivere degli Italiani, ed anche in questo Renzo non era nato da famiglia benestante, anzi al contrario ha dovuto combattere per arrivare dove era arrivato.
Renzo che in un primo momento viveva la montagna a largo raggio coinvolto dall’ambiente alpinistico di Matterello sobborgo di Trento, una delle più grandi fucine di scalatori trentini insieme con quella di Povo, si appassionò sempre di più all’arrampicata d’alto livello sia su roccia che su ghiaccio.
Nel 1981 la rivoluzione arrivò anche all’interno della prestigiosa “Scuola di alpinismo Giorgio Graffer” ed un’intera generazione di giovani prese il posto dei vecchi istruttori: banco di prova fu il corso di roccia estivo svoltosi al rifugio Silvio Agostini nel gruppo Brenta che io ebbi l’onore di dirigere e che rimane uno dei miei più bei ricordi d’alpinismo. Renzo aderì subito con entusiasmo assieme ad una compagine di giovani scalatori straordinari, dimostrando le sue capacità d’insegnamento e di grande umanità.
Ci sentivamo forti anzi lo eravamo e la sera finite le lezioni e prima di cena, si era soliti andare a ripetere le difficili vie sulla cima d’Ambiez. Facevano parte di quel gruppo di fortissimi anche i compianti Fabio Stedile e Roberto Bassi, ed ora che anche Renzo ha oltrepassato la barriera, mi piace pensarli legati insieme alla stessa corda come allora, in una cordata ideale, chissà dove e su quali montagne, oltre la barriera del tempo ed i bastioni dello spazio.
Punto d’orgoglio personale è la presentazione di Renzo al prestigioso Club Alpino Accademico Italiano (C.A.A.I.) dove fu accolto a pieno diritto perché portavoce dei nobili ideali del Club.
Non vorrei dilungarmi in lunghi e sterili elenchi di salite non è nel mio stile, la nostra passione non è questione di numeri ma di esperienze, perché come Renzo penso che il salire la montagna sia un sentiero che porta passo passo verso l’equilibrio interiore e la serenità, quella serenità e gioia che gli si poteva leggere negli occhi. Però voglio ricordare che assieme ai suoi fidi e fortissimi compagni mattarei (abitanti di Matterello) Nazario Ferrari e Angelo Giovanetti furono i primi trentini a ripetere le tre grandi nord delle alpi, che ha arrampicato sulle più difficili vie dolomitiche ed alpine. In compagnia dell’amata moglie, la bella Caterina formavano una cordata forte ed affiatata, spaziavano dalle grandi vie d’ambiente ai maggiori centri d’arrampicata d’Europa.
Presidente instancabile dello storico “Gruppo rocciatori della S.A.T.” organizzatore eccelso voglio ricordare la grande serata con Patrich Berolt dove riuscì all’inizio degli anni 80 a riempire la sala dell’auditorium S. Chiara, si era impegnato moltissimo per le scuole di alpinismo, era istruttore nazionale di alpinismo e scialpinismo era membro della scuola centrale del C.A.I. stimato per la sua efficienza, precisione, preparazione, umanità. Si può ricordare l’impegno sociale per della S.A.T. di Mattarello e di Ravina dove amava curare i giovani che lo adoravano, e all’interno dell’Organizzazione Centrale sempre della S.A.T. L’aiuto e la speranza che portava in Uganda dove ogni anno si recava ad aiutare quelle popolazioni che tanto hanno bisogno, così era Renzo sapeva donare se stesso senza chiedere niente.
Dopo tantissimi anni eravamo stati ad arrampicare poco tempo prima insieme agli amici comuni Giuly e Mino sulla Via Esculapio a Padaro, avevamo passato una bellissima giornata insieme, era appena stato operato a quel'anca che tanto lo aveva fatto soffrire, era contento e stava bene, avevamo parlato molto avevamo raggiunto una sintonia particolare dove si cadeva sempre sull’immancabile: “Te ricordet quela volta…….”, e cose da ricordare ne avevamo di sicuro parecchie, dato che oramai tutti e due avevamo passato il mezzo secolo. Giornata conclusasi al bar “Parete Zebrata” dove sul libro delle salite avevo annotato: “Bella via, Bella giornata, Bella gente”.
La ripromessa di arrampicare ancora insieme, di vederci e frequentarci di più, di conoscerci ancora meglio, di passare altre giornate egualmente belle.
Forse da quella giornata bella e radiosa nasce questa mia esigenza interiore di scrivere di Lui.
Marco Furlani
Note:
Links www | |
www.comunedro.it |
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