Tor des Géants, un viaggio tra competizione, festa e montagne. Di Linda Cottino
Dopo la vittoria del valdostano Franco Collé seguito da Nichademus Hollon (Usa), Antoine Guillon e Christophe Le-Saux (Fra), questa notte ha tagliato il traguardo dopo 85h53' (nuovo record femminile della corsa) anche la prima donna, la francese Emilie Lecomte, seguita dalla padovana Lisa Barzani in 94h43'. Il traguardo di Courmayeur si chiuderà sabato prossimo, intanto gli arrivi si susseguono. Ed è già tempo di qualche riflessione su questo gran tour della Valle d'Aosta. Il report e le impressioni di Linda Cottino
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Tor des Géants, un viaggio tra competizione, festa e montagne.
Linda Cottino
«Mi sentivo male, ho corso addirittura con 40 di febbre, ma la gente mi diceva: dai Franco, forza, continua... E allora, potevo fermarmi? Dovevo andare avanti, per tutti loro!» Loro, sarebbero i suoi valdostani, e il senso del Tor può star racchiuso in questa frase, pronunciata da un Collé stranito, esausto, emozionato, sotto l’arco di arrivo del Tor des Géants 2014, dopo 332,3 km e 24 mila metri di dislivello percorsi senza praticamente mai dormire in 71 ore e 49 minuti. Ben oltre la performance del vincitore e degli atleti da podio o della top ten, è l’intera regione che scommette su questa gara dei giganti, facendone una delle bandiere del proprio territorio.
Sono infatti 2200 i volontari che per una settimana si mettono a disposizione di 770 atleti provenienti da 60 paesi di tutti i 5 continenti per i ristori, le basi vita, le registrazioni dei passaggi, sui passi di alta montagna, ai rifugi; gente della Valle, in tutti i suoi anfratti, che all’evento dà un tocco di festa, smorzando quella tensione atletica che invece sempre più permea le centinaia di verticalrace, skyrace, ultramarathon e trail organizzati in giro per il mondo.
Gli ultimi runner chiudono il cerchio il sabato, giorno conclusivo della gara, e per tutta la sua durata, in base ai cancelli orari, il territorio viene presidiato su una superficie di 150 km per volta. Un mondo alpino, altrimenti silenzioso e isolato, all’improvviso si ravviva di varia umanità. Questa doppia anima del Tor, un po’ competizione e un po’ festa, ad alcuni “puristi” fa storcere il naso; taluni lamentano la mancanza di veri atleti di punta: i Kilian Jornet della situazione, per intenderci, altri sentenziano sul regolamento che non viene fatto rispettare lasciando ampio margine di incertezza (e tenendo dunque lontani i top), ma soprattutto dando spazio alla “creatività” di chi si fa accompagnare lungo tratti di percorso, di chi dorme in camper o alberghi anziché nei luoghi deputati o, addirittura, di chi potrebbe essere tentato di accorciare il lungo tragitto.
La squalifica di Francesca Canepa, fatte le debite distinzioni e depurata dalle maldicenze, è significativa: lei sostiene di non aver trovato nessuno al posto di registrazione manuale e di aver tirato dritto, la direzione di gara ribatte che sono stati proprio i volontari addetti a quella registrazione a segnalare il mancato passaggio dell’atleta di Courmayeur. A fronte di questo problema alcuni pensano che sarebbe bene dotare i primi 50 corridori di gps. Insomma, a cinque anni dal debutto, la grande corsa valdostana deve precisare meglio il suo profilo e i suoi obiettivi.
«L’obiettivo iniziale era quello di promuovere la regione, e l’abbiamo senz’altro raggiunto» precisa Alessandra Nicoletti, direttrice di gara. «Su Google la Val d’Aosta compariva in sesta pagina, ora siamo in prima! Per quel che riguarda i problemi di regolamento, li abbiamo affrontati ogni anno con nuove soluzioni e pian piano li risolveremo».
La gara è comunque una grande festa per la stragrande maggioranza dei partecipanti, che per un’intera settimana si lanciano in un vero e proprio viaggio, del corpo certo, ma anche della mente; dove, nel confronto con la fatica, i dolori muscolari, il sonno, la notte sui sentieri, il caldo sui dislivelli più ripidi, il freddo dell’alta montagna, l’alimentazione, le vesciche... vengono assistiti, incoraggiati, accolti dalla gente della valle – proprio lei, il vero valore aggiunto di questo gigantesco evento sportivo, che in definitiva ha il pregio di mantenere per sé una libertà essenziale: far divertire chi partecipa.
Linda Cottino
info: www.tordesgeants.it
News Tor des Géants
Sono infatti 2200 i volontari che per una settimana si mettono a disposizione di 770 atleti provenienti da 60 paesi di tutti i 5 continenti per i ristori, le basi vita, le registrazioni dei passaggi, sui passi di alta montagna, ai rifugi; gente della Valle, in tutti i suoi anfratti, che all’evento dà un tocco di festa, smorzando quella tensione atletica che invece sempre più permea le centinaia di verticalrace, skyrace, ultramarathon e trail organizzati in giro per il mondo.
Gli ultimi runner chiudono il cerchio il sabato, giorno conclusivo della gara, e per tutta la sua durata, in base ai cancelli orari, il territorio viene presidiato su una superficie di 150 km per volta. Un mondo alpino, altrimenti silenzioso e isolato, all’improvviso si ravviva di varia umanità. Questa doppia anima del Tor, un po’ competizione e un po’ festa, ad alcuni “puristi” fa storcere il naso; taluni lamentano la mancanza di veri atleti di punta: i Kilian Jornet della situazione, per intenderci, altri sentenziano sul regolamento che non viene fatto rispettare lasciando ampio margine di incertezza (e tenendo dunque lontani i top), ma soprattutto dando spazio alla “creatività” di chi si fa accompagnare lungo tratti di percorso, di chi dorme in camper o alberghi anziché nei luoghi deputati o, addirittura, di chi potrebbe essere tentato di accorciare il lungo tragitto.
La squalifica di Francesca Canepa, fatte le debite distinzioni e depurata dalle maldicenze, è significativa: lei sostiene di non aver trovato nessuno al posto di registrazione manuale e di aver tirato dritto, la direzione di gara ribatte che sono stati proprio i volontari addetti a quella registrazione a segnalare il mancato passaggio dell’atleta di Courmayeur. A fronte di questo problema alcuni pensano che sarebbe bene dotare i primi 50 corridori di gps. Insomma, a cinque anni dal debutto, la grande corsa valdostana deve precisare meglio il suo profilo e i suoi obiettivi.
«L’obiettivo iniziale era quello di promuovere la regione, e l’abbiamo senz’altro raggiunto» precisa Alessandra Nicoletti, direttrice di gara. «Su Google la Val d’Aosta compariva in sesta pagina, ora siamo in prima! Per quel che riguarda i problemi di regolamento, li abbiamo affrontati ogni anno con nuove soluzioni e pian piano li risolveremo».
La gara è comunque una grande festa per la stragrande maggioranza dei partecipanti, che per un’intera settimana si lanciano in un vero e proprio viaggio, del corpo certo, ma anche della mente; dove, nel confronto con la fatica, i dolori muscolari, il sonno, la notte sui sentieri, il caldo sui dislivelli più ripidi, il freddo dell’alta montagna, l’alimentazione, le vesciche... vengono assistiti, incoraggiati, accolti dalla gente della valle – proprio lei, il vero valore aggiunto di questo gigantesco evento sportivo, che in definitiva ha il pregio di mantenere per sé una libertà essenziale: far divertire chi partecipa.
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