Scalare Indoor. Di Massimo Malpezzi
La storia "della plastica" è antica, figlia dei surrogati cittadini come i giardini pubblici di porta Venezia di Milano, il muro di cemento armato della ferrovia dalle parti di viale Monza, e chissà quanti altri muri cittadini sparsi in Italia.
Tutti, ma proprio tutti hanno cercato qualche cosa che potesse rendere la propria azione più potente, Reinhold Messner girava fino allo sfinimento sul muro della segheria della Val di Funes, Gaston Rebuffat sui sassi di Fontainebleau, Ivan Guerrini sui mattoni rossi dell'arena.
Oggi le palestre di arrampicata indoor delle grandi città offrono spazi enormi, somigliano spesso ad esposizioni da biennale nelle loro geometrie, la nuova Roc Spot di Milano (dove ho fotografato Mirko, Enrico e Anna) la panoramica parete super strapiombante del King Rock di Verona, il Salewa Cube di Bolzano che apre le sue pareti verso le Dolomiti del Latemar, la grintosa sala Pareti Sport center a San Pancrazio di Parma, o la storica palestra torinese del Bside e più a sud Verticalpark di Roma, sono un esempio di come sia possibile trasportare le montagne in città.
Una cosa è certa ci si diverte, spesso pericolosamente divertente perché alla fine la plastica ti invoglia all'arrampicata comoda, ma poi sulla roccia è davvero tutto un altra cosa.
di Massimo Mapezzi