Roby project 8c/9a?
Tutto è successo a Terlago in Valle del Sarca, ma la storia raccontata da Manolo su questo progetto che non c'è più forse poteva accadere in qualsiasi altra falesia...
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Manolo
Davide Negretti
Il primo che aveva sognato di salire
quel muro “impossibile” era stato Roberto Bassi. Poi, dopo un
lunghissimo oblio, qualche mese fa il sogno era stato ripreso da Guido
dal Fovo e da Manolo. Ma, quando ormai la conclusione sembrava a
portata di mano, tutto è tornato al punto di partenza. Manolo e Guido
hanno tolto quella resina (usata per consolidare “4 croste e una ruga”)
che è stata criticata e che ha provocato la loro rinuncia. Il loro Roby
Project dunque non c'è più. E' svanito insieme a mesi di lavoro, di
prove, di gioie e di sforzi. Solo apparentemente però. Perché i sogni
non possono sparire nel nulla... lasciano sempre una traccia. Quella
raccontata da Manolo è la storia di un progetto che per lui non c'è
più, anche se gli spit sono ancora lì. Ed è anche la storia di come,
alle volte, non riusciamo a dialogare e a vedere nella giusta
prospettiva le cose. E' semplicemente una storia di arrampicata
insomma. Ma se volete è anche qualcosa di più.
ROBY PROJECT 8c/9a? di Maurizio 'Manolo' Zanolla
Dedico questa via che non esiste a due amici: Roberto che l’aveva intuita e Guido che l’aveva quasi “chiusa”. Non possiamo cancellare ciò che è stato ma solo cercare di non ripeterlo. Questa storia è realmente accaduta, è la fine di un progetto di cui mi assumo tutte le responsabilità, ma voglio ricordare che Guido era un appiglio più avanti.
Quando in primavera ho iniziato a provare Thin Ice ho notato alcune prese consolidate e una costruita completamente in resina, ma l’ho ritenuto normale. Anche perchè, in tutta la valle del Sarca, le falesie sono piene di appigli consolidati non solo nelle vie difficili e, Terlago non è assolutamente esente. Inoltre durante i nostri tentativi questa pratica continuò, confermando il tacito uso della resina. L’arrampicata libera, (almeno nel fondovalle del Sarca) è stata definitivamente sostituita (o spazzata via) dall’arrampicata sportiva e molte vie sono state richiodate e (alcune che potremmo anche definire storiche) addomesticate con qualche spit in più.
Nessuno si è mai lamentato e la resina è stata da vent’anni tacitamente accettata. Questo però non significa che dibatterne l’uso o l’abuso possa portare a consapevolezze diverse. Ben venga anche una consapevole indignazione di fronte all’uso e all’abuso ambientale ormai purtroppo destinato solo a scopo di lucro. Anche se credo che sarebbe meglio farlo senza viaggiare in quella mongolfiera di sapone piena di contraddizioni che noi… Alpinisti e arrampicatori spesso usiamo per sorvolare sulle cose.
Dopo Thin Ice, Guido dal Fovo mi ha proposto un vecchio progetto di Roberto Bassi, che era semplicemente la linea accanto, Roberto, aveva messo i primi tre spit in alto poi, “forse” aveva ritenuto la linea troppo difficile o forse aveva finito gli spit …non lo so, ma quell’idea non continuò. Il progetto era libero, nessuna obiezione… potevamo provare.
Proprio con Roberto, quasi trent’anni fa, prima che le strade della vita ci allontanassero, chiodavamo i primi itinerari sportivi in una valle che probabilmente anche per questo, ora è completamente diversa. Quella fase “creativa” è qualcosa che a volte mi cattura ancora, molto più che investire semplicemente energie a infilare numeri. Forse è per questo che, alla fine dell’estate, sono ritornato a Terlago per provare “Roby project”.
Non avevo voglia di investire energie in progetti esageratamente difficili ma a volte gli appigli “non s’incontrano per caso“ e la linea mi ha catturato immediatamente. La vita sembrava incrociare nuovamente le nostre strade e l’idea di regalarla ad un amico alimentò, insieme agli ultimi soffi dell’Ora, una motivazione forte e diversa. Subito però le dita tagliate da quelle infide lamette ci fecero capire che i singoli erano più cattivi del previsto e, gli avambracci doloranti dopo pochi movimenti, rivelavano una continuità davvero intensa. Sono stati necessari diversi tentativi per assuefare il dolore di quelle millimetriche prese e mettere insieme quella specie di Mandala.
Sarà che abbiamo cent’anni in due, ma non è stato facile scoprire metodi ed equilibri per trovare la fluidità necessaria a progredire. Una difficoltà che aumentava con la rottura di appoggi o appigli, obbligandoci a cambiare spesso soluzioni. Un paio di croste e una ruga, erano davvero precarie e abbiamo deciso di consolidarle perché non c’era nient’altro da fare in quel tratto completamente liscio - gli appigli consolidati, non sono stati tolti dalla sede originaria e nemmeno raccolti a caso dal suolo, ma semplicemente consolidati con un po’ di resina e il più grande non credo superasse il mezzo centimetro. Abbiamo cambiato i vecchi spit sostituendoli con dei nuovi in inox e finito la linea fino in fondo.
Insomma “consolidare” quattro croste esistenti su una via di quasi cinquanta movimenti più vicina al 9a che all’8c lo reputavo (e lo reputo) un accettabile compromesso e, per rendere meglio l’idea, credo che tutta la resina usata per saldare quelle croste non sia sufficiente per fissare quattro, cinque fittoni o per costruire una delle più piccole prese sintetiche in circolazione. Ad ogni modo una o quattro il principio non cambia.
Quando dal terzo spit riuscii in continuità, mi sembrò ovvio riflettere sul fatto che nei primi movimenti eravamo costretti da un paio di appigli sulla via accanto (Thin Ice) e, ci sembrò altrettanto ovvio spostare i primi due spit e rendere la linea perfettamente diritta e completamente autonoma. Le difficoltà sarebbero nuovamente aumentate ma in fondo stavamo soltanto giocando.
Consolidammo per sicurezza le prime tre fragili prese, anche per evitare di cadere a terra, ma la resina usata si rivelò disastrosa si miscelava male ed era davvero difficile lavorarla inoltre era oleosa e quell’unto non voleva andarsene ed era anche brutto da vedersi. Decidemmo di togliere tutto e rifare il lavoro, con una resina nuova, cercando di ripulire il possibile. Quel giorno avevo poco tempo, non riuscii a ripulire completamente tutto e nemmeno a consolidare l’ultima presa.
Poco tempo dopo, pensando solo a scalare siamo riusciti a passare senza quell’ultima presa ma improvvisamente a Terlago la resina non era più tollerata, nemmeno da chi l’aveva usata fino a ieri. Di punto in bianco Pat Garret, messosi una stella è passato dall’altra parte e, senza dialoghi e preavvisi, ha iniziato a sparare alle spalle… Volevo dirgli che aveva sbagliato film, che era tutto troppo ridicolo, che forse bastava uscire con le mani in alto e parlare. Non credo che fosse pagato da “Chisum” ma sembrava che l’unico modo per farlo smettere fosse cancellare tutto… mesi di tentativi ma soprattutto una straordinaria linea insieme al sogno di dedicarla a un amico.
Ora mi rendo conto che davvero certi appigli non li incontriamo per caso e nemmeno certe strade. Roby Project non esiste più… ed io non ho fatto nulla per difenderla.
Ho scritto queste righe anche perché l’informazione non sia sempre “copia e incolla” e per esprimere senza vergogna la mia chiara tolleranza per la resina, che se usata dove è davvero necessario, magari con buon gusto, potrebbe “incollare “ un ponte fra il passato e il futuro. Soprattutto però l'ho fatto per chiedere scusa all’unico che è davvero fuori dalle righe, a lui va tutto il mio rispetto: era ad un passo dalla sua prima grande via e non voleva certo facilitarsi la strada artificialmente e nemmeno accumulare numeri. Guido ha salito numerose vie difficili (le ultime Mojado 8b e Thin Ice 8b/c) e non lo sa quasi nessuno. Anche lui si avvicina ai cinquanta e scala davvero per passione e per gioco… l’ha dimostrato rinunciando a tutto in un modo disarmante. Io non lo so se ne sarei stato capace. Questa è davvero una grande lezione. Chapeau.
Manolo
ROBY PROJECT 8c/9a? di Maurizio 'Manolo' Zanolla
Dedico questa via che non esiste a due amici: Roberto che l’aveva intuita e Guido che l’aveva quasi “chiusa”. Non possiamo cancellare ciò che è stato ma solo cercare di non ripeterlo. Questa storia è realmente accaduta, è la fine di un progetto di cui mi assumo tutte le responsabilità, ma voglio ricordare che Guido era un appiglio più avanti.
Quando in primavera ho iniziato a provare Thin Ice ho notato alcune prese consolidate e una costruita completamente in resina, ma l’ho ritenuto normale. Anche perchè, in tutta la valle del Sarca, le falesie sono piene di appigli consolidati non solo nelle vie difficili e, Terlago non è assolutamente esente. Inoltre durante i nostri tentativi questa pratica continuò, confermando il tacito uso della resina. L’arrampicata libera, (almeno nel fondovalle del Sarca) è stata definitivamente sostituita (o spazzata via) dall’arrampicata sportiva e molte vie sono state richiodate e (alcune che potremmo anche definire storiche) addomesticate con qualche spit in più.
Nessuno si è mai lamentato e la resina è stata da vent’anni tacitamente accettata. Questo però non significa che dibatterne l’uso o l’abuso possa portare a consapevolezze diverse. Ben venga anche una consapevole indignazione di fronte all’uso e all’abuso ambientale ormai purtroppo destinato solo a scopo di lucro. Anche se credo che sarebbe meglio farlo senza viaggiare in quella mongolfiera di sapone piena di contraddizioni che noi… Alpinisti e arrampicatori spesso usiamo per sorvolare sulle cose.
Dopo Thin Ice, Guido dal Fovo mi ha proposto un vecchio progetto di Roberto Bassi, che era semplicemente la linea accanto, Roberto, aveva messo i primi tre spit in alto poi, “forse” aveva ritenuto la linea troppo difficile o forse aveva finito gli spit …non lo so, ma quell’idea non continuò. Il progetto era libero, nessuna obiezione… potevamo provare.
Proprio con Roberto, quasi trent’anni fa, prima che le strade della vita ci allontanassero, chiodavamo i primi itinerari sportivi in una valle che probabilmente anche per questo, ora è completamente diversa. Quella fase “creativa” è qualcosa che a volte mi cattura ancora, molto più che investire semplicemente energie a infilare numeri. Forse è per questo che, alla fine dell’estate, sono ritornato a Terlago per provare “Roby project”.
Non avevo voglia di investire energie in progetti esageratamente difficili ma a volte gli appigli “non s’incontrano per caso“ e la linea mi ha catturato immediatamente. La vita sembrava incrociare nuovamente le nostre strade e l’idea di regalarla ad un amico alimentò, insieme agli ultimi soffi dell’Ora, una motivazione forte e diversa. Subito però le dita tagliate da quelle infide lamette ci fecero capire che i singoli erano più cattivi del previsto e, gli avambracci doloranti dopo pochi movimenti, rivelavano una continuità davvero intensa. Sono stati necessari diversi tentativi per assuefare il dolore di quelle millimetriche prese e mettere insieme quella specie di Mandala.
Sarà che abbiamo cent’anni in due, ma non è stato facile scoprire metodi ed equilibri per trovare la fluidità necessaria a progredire. Una difficoltà che aumentava con la rottura di appoggi o appigli, obbligandoci a cambiare spesso soluzioni. Un paio di croste e una ruga, erano davvero precarie e abbiamo deciso di consolidarle perché non c’era nient’altro da fare in quel tratto completamente liscio - gli appigli consolidati, non sono stati tolti dalla sede originaria e nemmeno raccolti a caso dal suolo, ma semplicemente consolidati con un po’ di resina e il più grande non credo superasse il mezzo centimetro. Abbiamo cambiato i vecchi spit sostituendoli con dei nuovi in inox e finito la linea fino in fondo.
Insomma “consolidare” quattro croste esistenti su una via di quasi cinquanta movimenti più vicina al 9a che all’8c lo reputavo (e lo reputo) un accettabile compromesso e, per rendere meglio l’idea, credo che tutta la resina usata per saldare quelle croste non sia sufficiente per fissare quattro, cinque fittoni o per costruire una delle più piccole prese sintetiche in circolazione. Ad ogni modo una o quattro il principio non cambia.
Quando dal terzo spit riuscii in continuità, mi sembrò ovvio riflettere sul fatto che nei primi movimenti eravamo costretti da un paio di appigli sulla via accanto (Thin Ice) e, ci sembrò altrettanto ovvio spostare i primi due spit e rendere la linea perfettamente diritta e completamente autonoma. Le difficoltà sarebbero nuovamente aumentate ma in fondo stavamo soltanto giocando.
Consolidammo per sicurezza le prime tre fragili prese, anche per evitare di cadere a terra, ma la resina usata si rivelò disastrosa si miscelava male ed era davvero difficile lavorarla inoltre era oleosa e quell’unto non voleva andarsene ed era anche brutto da vedersi. Decidemmo di togliere tutto e rifare il lavoro, con una resina nuova, cercando di ripulire il possibile. Quel giorno avevo poco tempo, non riuscii a ripulire completamente tutto e nemmeno a consolidare l’ultima presa.
Poco tempo dopo, pensando solo a scalare siamo riusciti a passare senza quell’ultima presa ma improvvisamente a Terlago la resina non era più tollerata, nemmeno da chi l’aveva usata fino a ieri. Di punto in bianco Pat Garret, messosi una stella è passato dall’altra parte e, senza dialoghi e preavvisi, ha iniziato a sparare alle spalle… Volevo dirgli che aveva sbagliato film, che era tutto troppo ridicolo, che forse bastava uscire con le mani in alto e parlare. Non credo che fosse pagato da “Chisum” ma sembrava che l’unico modo per farlo smettere fosse cancellare tutto… mesi di tentativi ma soprattutto una straordinaria linea insieme al sogno di dedicarla a un amico.
Ora mi rendo conto che davvero certi appigli non li incontriamo per caso e nemmeno certe strade. Roby Project non esiste più… ed io non ho fatto nulla per difenderla.
Ho scritto queste righe anche perché l’informazione non sia sempre “copia e incolla” e per esprimere senza vergogna la mia chiara tolleranza per la resina, che se usata dove è davvero necessario, magari con buon gusto, potrebbe “incollare “ un ponte fra il passato e il futuro. Soprattutto però l'ho fatto per chiedere scusa all’unico che è davvero fuori dalle righe, a lui va tutto il mio rispetto: era ad un passo dalla sua prima grande via e non voleva certo facilitarsi la strada artificialmente e nemmeno accumulare numeri. Guido ha salito numerose vie difficili (le ultime Mojado 8b e Thin Ice 8b/c) e non lo sa quasi nessuno. Anche lui si avvicina ai cinquanta e scala davvero per passione e per gioco… l’ha dimostrato rinunciando a tutto in un modo disarmante. Io non lo so se ne sarei stato capace. Questa è davvero una grande lezione. Chapeau.
Manolo
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