Jeef, la via, l'arrampicata e la grande bellezza
Qualche giorno fa ero su Jeef, a Bavella, e ancora una volta a distanza di 8 anni da che l’avevo ripetuta, mi son detto che si tratta veramente di una delle vie più belle d’Europa. So bene che il concetto di bellezza è altamente soggettivo ed è spesso azzardato fare questo tipo di affermazioni. Per alcuni infatti la bellezza coincide con la difficoltà (guarda caso il loro livello...), per altri con lo stile di apertura, per altri ancora con l’estetica, la roccia e l’ambiente. Appartengo a quest’ultima categoria, per cui preciserò che Jeef non è una via durissima e nemmeno perfetta dal punto di vista etico (anche se è stata aperta dal basso, ma sicuramente secondo alcuni si sarebbero potuti usare meno spit…) ma è senz’altro superiore in fatto di qualità del granito, estetica del tracciato, ambiente...
Jeef è stata aperta nel 1992 dai fratelli Arnaud e François Petit. A quei tempi, non erano che due ragazzini talentuosi ma alpinisticamente un po' inesperti, abituati alle vacanze in Corsica coi genitori. Non immaginavano di certo di centrare, alla loro prima esperienza di apertura, un capolavoro assoluto di estetica e bellezza. Ma se tante belle vie nascono dall’esperienza e dalla bravura degli apritori, altre sono semplicemente il frutto della logica, del disegno “divino” delle prese in una parete apparentemente inscalabile. E Jeef è sicuramente fra queste. I tafoni, le fessure e le piccole prese disegnano una fantastica linea diagonale che porta sulla cima della Punta U Corbu, tra immensi e lisci placconi di granito. Una linea evidente, eppure rimasta vergine, almeno fino a quando due ragazzi di 20 anni, decisero di tentarla…
Tre tafoni di sogno. (di Arnaud Petit)
Salendo sulla cima delle Teghie Lisce, l’anno precedente all’apertura, avevo visto la linea della via e, come succede spesso, c’era un passaggio particolare che rendeva il progetto particolarmente desiderabile ai miei occhi! In questo caso erano tre magnifici tafoni, sotto un piccolo tetto. Perfettamente tondi e situati uno sopra l'altro, sembravano permettere di ristabilirsi facilmente. Non vedevo l’ora di andare a controllare di persona... Dopo un anno di attesa a causa degli studi dell’università, durante le vacanze estive, ho attaccato con mio fratello. Abbiamo salito rapidamente le prime lunghezze su un granito lavorato e solido. Arrivati al tetto, abbiamo scoperto che i tre tafoni offrivano delle prese enormi, esattamente come ci eravamo immaginati! E’ stato uno di quei momenti in cui ci si sente privilegiati, in cui l’immaginazione diventa realtà! Per me si trattava della prima esperienza di apertura dal basso su una grande via e fu evidentemente indimenticabile! E ormai sono passati più di vent’anni!
Jeef, capolavoro di granito... (di Maurizio Oviglia)
Poche volte mi è capitato di fare una via come questa, dove ad ogni passaggio sorprendermi per la bellezza delle forme del granito, dove la varietà dell’arrampicata, il contesto naturale e la bellezza dei movimenti mi hanno fatto gridare al mondo la gioia di esserci...
Proprio come un bel film, che ti tiene incollato alla poltrona sino alla fine, Jeef si sviluppa con una serie di situazioni consequenziali che sono un pò come una trama, una storia scolpita in questa meravigliosa pietra dal vento e dall'acqua nel corso dei secoli.
Appena lasciato il suolo amico, il viaggio comincia su una placca che richiede delicati spostamenti a destra mai evidenti... Hai già superato l'altezza massima dei pini quando sei oramai nel cuore della placca, cercando il modo di mettere il piede su quell'unica tacchetta che hai all'altezza delle mani. Nella mia mente si affollano ricordi di placche alpine... ma ecco che arriva la sosta, e l'opportunità di staccare un poco la mente...
Il leit-motiv del secondo tiro è una fessura che va e viene, un pò c'è ed un po' scompare. A volte, della fessura, rimane solo un buco svaso... a volte è un vago diedro, a volte un buon appiglio, sopra il quale devi ristabilirti con il chiodo un po' sotto... sempre la solita domanda... quando ci avrò messo il piede sopra, sarò capace di spingerci senza avere l'equilibrio delle mani? Non mi ribalterò all'indietro? La fessura finisce sotto un tetto bucato, con fori tondi, dove dai fini equilibri devi passare alle contorsioni. Quando hai finalmente i piedi in una vasca di granito sospesa sei alla seconda sosta...
Il passo chiave della via è un boulder, che potrebbe ben essere un problema di un masso altro un metro. Devi sentire con le dita uno svaso e caricare un appoggio discendente col piede destro, tutto nello stesso tempo, con coordinazione. Alzandoti riesci a raggiungere una proboscide di granito che per miracolo esce dalla parete, e che ti immette in una serie di fessure svase e conseguenti, dove la torsione del busto si rivela importante... Un breve diedro ti inserisce quindi in un tetto da prendere di rovescio con i piedi in aderenza, ne ho fatti almeno mille nella mia vita, ma... incredibile... dentro il tetto, nascosti, ci sono dei buconi! Segue una fessura in dulfer da fare senza protezione, di quelle che riempiresti di friend, ma perchè rovinare così la magia dei movimenti? Quindi una serie di grossi buchi ti invitano a seguirli sino su uno spiovente nel bel mezzo di una parete yosemitica. Siamo persi, alla sosta 3, in un mare di granito.
Il traverso sullo spiovente termina con un passaggio la cui soluzione fa sorridere, e dona le chiavi per un diedro aperto, da manuale. Ma a sorpresa lo abbandoni per lo spigolo di sinistra che invita con una buona presa, come non cedere a questo lusinghiero invito? Una placca con trucco di ginepro e sei alla base di un diedro appoggiato a destra, sosta seduti, time break.
Una breve fessura innocua all'apparenza lascia presagire quanto sia difficile l’arte del guerriero "off width", segue in rapida sequenza un mix tra aderenza e spallate sulla volta tafonata del diedro e la placca sottostante lisciata dall’acqua. Un sentiero di pietra conduce in un bosco di ginepri, alla base degli strapiombi arancio della cupola di questo immenso duomo di granito.
Un pò di difficoltà per acchiappare una sequenza di buchi a appigli svasi che tirano a sinistra verso la groviera di tafoni... altrimenti irraggiungibile come la terra promessa... poi è fatta, si cambia ancora musica e ti devi trasformare in una scimmia, danzando tra buchi enormi e fragili, clessidre consumate dal vento e dal tempo... Quando ti ribalti esausto nel taglio scuro sei dentro alla montagna, protetto da due grandi labbra di granito appena schiuse. Recuperati i compagni cammini a carponi verso la luce, ritorno alla vita... L'erosione finisce sulla fronte del grande elefante, le corde pendono libere nel vuoto sotto di te agitate leggermente dal vento. Con le mani negli ultimi buchi passanti residui ti avventuri oramai in un mare appena increspato di granito, verso il blu del cielo, che sancisce l'orizzonte di questo piccolo viaggio...
Punta U Corbu, "Jeef", Arnaud e Francois Petit, 30 luglio 1992
280 m, 400 sino alla cima, S2, 7b, 6b obbl.
SCHEDA: Jeef
>>> Vai alla recensione della nuova guida Bavella - Ed. FFME - J. L. Fenouil/J.P. Quilici