Il nuovo Palaroccia di Torino
Il 14 giugno in via Braccini a Torino è stato inaugurato il “Palaroccia” la nuovissima struttura che va a sostituire lo storico impianto del Palavela. L’intervista di Elio Bonfanti ad Andrea Mellano che delle gare di arrampicata e del Palavela fu uno degli ispiratori e più attivi sostenitori.
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L'esterno del nuovo Palaroccia di via Braccini a Torino
arch. A. Mellano
Il nuovo “Palaroccia” è una struttura per l'arrampicata sportiva costruita grazie al recupero di una vecchia centrale dell'Azienda Elettrica Municipale risalente al 1935. In questo stabile, l’architetto Erica Ribetti, con un progetto assolutamente innovativo sia sotto il profilo estetico che sotto quello energetico, ha fatto sì che 600 metri quadri di vetrate a bassa emissione consentano dall’esterno di vedere le attività svolte all’interno ed ha poi con 100 metri quadrati di pannelli fotovoltaici integrati nel tetto, provveduto a rendere autonomo ed autosufficiente l’edificio, per quanto riguarda l’approvvigionamento elettrico.
La nuova struttura è dotata di una tribuna da 50 posti per pubblico ed accompagnatori e di 1000 metri quadrati di muri di arrampicata realizzati dalla Sint Rock di Arco di Trento. Su queste pareti alte 18 metri trovano spazio 40 percorsi, che si sviluppano su una superficie dove possono arrampicare contemporaneamente sino a 100 persone.
Il centro si propone di essere la nuova sede del vecchio Palavela pre olimpico (la storica struttura torinese dedicata all’arrampicata, attualmente utilizzata per il pattinaggio su ghiaccio) ed è proprio con questo spirito che il Sindaco di Torino presente ed “arrampicante” all’inaugurazione, ha promesso che anche questo nuovo impianto sarà, come il precedente, intitolato a “Guido Rossa”. La definitiva apertura della struttura è prevista per il prossimo settembre.
INTERVISTA AD ANDREA MELLANO
di Elio Bonfanti
Andrea Mellano. Torinese, architetto, socio del club alpino accademico occidentale, scrittore e giornalista, nel suo impressionante Curriculum alpinistico è difficile contare quante vie nuove ha aperto e quante ripetizioni ha effettuato, ma basti pensare che ha ripetuto le tre grandi nord delle Alpi: Jorasses, Cervino, Eiger alcuni anni luce addietro e che per l’Eiger nell‘agosto del 1962 si trattò addirittura della prima Italiana. Andrea Mellano inoltre è stato tra gli ispiratori e fondatori del movimento delle gare di arrampicata e anche della Federazione Arrampicata Sportiva Italiana di cui è stato per molti anni presidente.
Ciao Andrea denuncio a priori la mia ignoranza per cui non potrai volermene se ti farò alcune domande magari banali, ma che mi servono per fare un passo indietro negli anni e per capire cosa è concretamente successo per fare sì che si arrivasse alle strutture al coperto ed alle gare di arrampicata. Da cosa e da chi nasce il movimento che ha portato la distinzione tra l’alpinismo e l’arrampicata sportiva?
Negli anni ‘70 personalmente ritenevo che le difficoltà incontrate in montagna dovessero essere fine a se stesse e non utilizzate come metro di valutazione per la gradazione di una via. In buona sostanza pensavo e sostenevo che il rischio non facesse grado. Fortunatamente non ero il solo a pensarla così e tra quelli che erano in linea con le mie idee c’erano Emanuele Cassarà ed Alberto Risso.
Come hanno contribuito questi due personaggi considerato il fatto che Cassarà non era nemmeno ancora un alpinista.
E’ vero ma ad esempio Cassarà facendo il giornalista aveva una rubrica sul quotidiano “Tuttosport” intitolata il “bivacco dell’ alpinista” dove affrontava delle tematiche legate al mondo della montagna ed ospitando illustri alpinisti gli venne facile muovere le acque.
Acque molto agitate...
Sì avevamo tutti, ma proprio tutti contro ed il concetto di “sportivo” nell’arrampicata non riuscivamo proprio a farlo passare. Tra i più recalcitranti ricordo che c’erano Giampiero Motti, Alessandro Gogna e Giancarlo Grassi che si convertirono poi pian piano salvo Giampiero che non fece in tempo a cambiare idea. Anche noi come Droyer nella vicina Francia siamo stati a lungo considerati eretici dagli ambienti più tradizionalisti dei” Vescovi” dell’ alpinismo.
Si però poi siete riusciti in fretta e prepotentemente a farvi vedere. Già nel 1985 avete organizzato la prima gara di arrampicata “Sport Roccia 85”.
L’aver spostato il gioco da un ambito di rischio ad uno di difficoltà pura ha fatto sì che nascesse l’esigenza del confronto soprattutto fra i grandi nomi dell’epoca. Così incontrammo preventivamente alcuni tra i più forti arrampicatori nostrani del tempo. Marco Bernardi al quale, essendo in sintonia con le nostre idee, si dovrà poi il regolamento delle gare ed il sistema di valutazione. Giovannino Massari da subito in perfetto accordo ma che non ha poi mai fatto competizioni ed Andrea Gallo che ad una iniziale contrarietà fece seguire anni di gare e di grandi risultati. Il comune di Bardonecchia aderì entusiasticamente all’iniziativa e con questo anche le guide alpine locali addette alla sicurezza. L’unico problema erano i partecipanti. A tre giorni dalla data non avevamo ancora un numero adeguato di adesioni e soprattutto mancavano i Big.
E poi?
E poi… grazie al cielo arrivarono, mancò solo Edlinger perché malato, fu un successo incredibile che mise finalmente nella giusta luce questo movimento innescando reazioni a catena ed interessando da subito altre località, altri atleti e l’UIAA che da lì a poco fece nascere l’ICC (international climbing competition). Pensa che la giuria era composta da Riccardo Cassin, Oscar Soravito, Maurizio Zanolla (Manolo) e da Heinz Mariacher. Ma non posso sottacere che sia pur in un'altra forma delle gare di arrampicata si svolgevano in Crimea già negli anni ‘60 e ad una di queste assistette addirittura il famoso Nino Oppio.
In tutto ciò il Cai naturalmente sempre ad occhi chiusi...
Purtroppo sì, ma devo dire che pur non “volendoci” al suo interno, quando nel 1987 fondammo la FASI e chiedemmo il riconoscimento dal CONI, il Cai da questi ultimi interpellato nella persona del suo presidente generale Bramanti ebbe parole tali nei nostri confronti che ci permisero di raggiungere questo obbiettivo già nel 1992.
Ahi! me ne manca un pezzo siamo già al ‘92 e mi sono perso… come è nato il Palavela di Torino.
Devi sapere che nella prima metà degli anni ‘70 ero a conoscenza del fatto che a Bolzano esisteva una palestra di arrampicata fatta con delle rocce naturali. In quegli anni ero dipendente comunale del comune di Torino all’assessorato allo sport e grazie ad un cambio di giunta i personaggi che gestivano le attività cittadine erano molto sensibili alla diffusione dello sport cosiddetto di base. L’assessore Alfieri in prima fila seguito dall’allora sindaco Novelli, approfittando della manifestazione Sport uomo del 1980, decisero che la struttura del Palavela doveva essere riconvertita ad un uso sportivo rendendola fruibile alla cittadinanza invece di essere la sede di un museo dell’aeronautica perlopiù sempre chiuso. Fu così che riuscii ad infilarmi nel mezzo presentando e redigendo personalmente il progetto della struttura di arrampicata che immaginavo potesse essere ospitata all’ interno dell’ edificio. Non senza difficoltà riuscii a convincere tutti e così dopo che uno studio di ingegneri firmò il progetto in un batter d’occhio realizzammo l’opera (Pensa che vinse l’appalto un impresario, Renato Lingua, che faceva l’alpinista…).
Sotto il patrocinio dell’Accademico e con il suo allora presidente Corradino Rabbi nel 1983 alla presenza di moltissime personalità della politica e dello sport tra cui Messner, la Rutkiewicz la palestra venne dedicata a Guido Rossa con un commovente discorso di Massimo Mila.
Quindi con il Palaroccia l’arrampicata ha trovato una nuova casa in linea con la tradizione: sarà intitolato sempre alla stessa persona e con un nome che richiama alle origini.
Credo di sì, anche se personalmente il nome non lo trovo troppo aderente all’attività che vi si svolge. Forse qualcosa tipo “Palarrampicata” poteva essere meglio ma sono dettagli. La sostanza è che abbiamo a disposizione una struttura molto interessante dove poter avviare all’arrampicata le nuove generazioni dei torinesi amanti della verticale.
Ho letto che diversamente al vecchio Palavela la gestione della struttura non sarà affidata esclusivamente alla Sasp ma sarà una gestione congiunta.
Il Comune di Torino ha deciso di attuare questa formula che coinvolge realtà diverse per finalità, ma tutte legate dal comune denominatore della passione per l’arrampicata. Per cui penso proprio che se siamo arrivati sino a qui la scommessa della gestione congiunta sarà la più facile da vincere. Sono certo che le tre società specializzate sull’argomento operanti nel Torinese che sono in ordine rigorosamente alfabetico Il Bside, il CUS e la Sasp sapranno trovare le migliori soluzioni per continuare la tradizione.
La nuova struttura è dotata di una tribuna da 50 posti per pubblico ed accompagnatori e di 1000 metri quadrati di muri di arrampicata realizzati dalla Sint Rock di Arco di Trento. Su queste pareti alte 18 metri trovano spazio 40 percorsi, che si sviluppano su una superficie dove possono arrampicare contemporaneamente sino a 100 persone.
Il centro si propone di essere la nuova sede del vecchio Palavela pre olimpico (la storica struttura torinese dedicata all’arrampicata, attualmente utilizzata per il pattinaggio su ghiaccio) ed è proprio con questo spirito che il Sindaco di Torino presente ed “arrampicante” all’inaugurazione, ha promesso che anche questo nuovo impianto sarà, come il precedente, intitolato a “Guido Rossa”. La definitiva apertura della struttura è prevista per il prossimo settembre.
INTERVISTA AD ANDREA MELLANO
di Elio Bonfanti
Andrea Mellano. Torinese, architetto, socio del club alpino accademico occidentale, scrittore e giornalista, nel suo impressionante Curriculum alpinistico è difficile contare quante vie nuove ha aperto e quante ripetizioni ha effettuato, ma basti pensare che ha ripetuto le tre grandi nord delle Alpi: Jorasses, Cervino, Eiger alcuni anni luce addietro e che per l’Eiger nell‘agosto del 1962 si trattò addirittura della prima Italiana. Andrea Mellano inoltre è stato tra gli ispiratori e fondatori del movimento delle gare di arrampicata e anche della Federazione Arrampicata Sportiva Italiana di cui è stato per molti anni presidente.
Ciao Andrea denuncio a priori la mia ignoranza per cui non potrai volermene se ti farò alcune domande magari banali, ma che mi servono per fare un passo indietro negli anni e per capire cosa è concretamente successo per fare sì che si arrivasse alle strutture al coperto ed alle gare di arrampicata. Da cosa e da chi nasce il movimento che ha portato la distinzione tra l’alpinismo e l’arrampicata sportiva?
Negli anni ‘70 personalmente ritenevo che le difficoltà incontrate in montagna dovessero essere fine a se stesse e non utilizzate come metro di valutazione per la gradazione di una via. In buona sostanza pensavo e sostenevo che il rischio non facesse grado. Fortunatamente non ero il solo a pensarla così e tra quelli che erano in linea con le mie idee c’erano Emanuele Cassarà ed Alberto Risso.
Come hanno contribuito questi due personaggi considerato il fatto che Cassarà non era nemmeno ancora un alpinista.
E’ vero ma ad esempio Cassarà facendo il giornalista aveva una rubrica sul quotidiano “Tuttosport” intitolata il “bivacco dell’ alpinista” dove affrontava delle tematiche legate al mondo della montagna ed ospitando illustri alpinisti gli venne facile muovere le acque.
Acque molto agitate...
Sì avevamo tutti, ma proprio tutti contro ed il concetto di “sportivo” nell’arrampicata non riuscivamo proprio a farlo passare. Tra i più recalcitranti ricordo che c’erano Giampiero Motti, Alessandro Gogna e Giancarlo Grassi che si convertirono poi pian piano salvo Giampiero che non fece in tempo a cambiare idea. Anche noi come Droyer nella vicina Francia siamo stati a lungo considerati eretici dagli ambienti più tradizionalisti dei” Vescovi” dell’ alpinismo.
Si però poi siete riusciti in fretta e prepotentemente a farvi vedere. Già nel 1985 avete organizzato la prima gara di arrampicata “Sport Roccia 85”.
L’aver spostato il gioco da un ambito di rischio ad uno di difficoltà pura ha fatto sì che nascesse l’esigenza del confronto soprattutto fra i grandi nomi dell’epoca. Così incontrammo preventivamente alcuni tra i più forti arrampicatori nostrani del tempo. Marco Bernardi al quale, essendo in sintonia con le nostre idee, si dovrà poi il regolamento delle gare ed il sistema di valutazione. Giovannino Massari da subito in perfetto accordo ma che non ha poi mai fatto competizioni ed Andrea Gallo che ad una iniziale contrarietà fece seguire anni di gare e di grandi risultati. Il comune di Bardonecchia aderì entusiasticamente all’iniziativa e con questo anche le guide alpine locali addette alla sicurezza. L’unico problema erano i partecipanti. A tre giorni dalla data non avevamo ancora un numero adeguato di adesioni e soprattutto mancavano i Big.
E poi?
E poi… grazie al cielo arrivarono, mancò solo Edlinger perché malato, fu un successo incredibile che mise finalmente nella giusta luce questo movimento innescando reazioni a catena ed interessando da subito altre località, altri atleti e l’UIAA che da lì a poco fece nascere l’ICC (international climbing competition). Pensa che la giuria era composta da Riccardo Cassin, Oscar Soravito, Maurizio Zanolla (Manolo) e da Heinz Mariacher. Ma non posso sottacere che sia pur in un'altra forma delle gare di arrampicata si svolgevano in Crimea già negli anni ‘60 e ad una di queste assistette addirittura il famoso Nino Oppio.
In tutto ciò il Cai naturalmente sempre ad occhi chiusi...
Purtroppo sì, ma devo dire che pur non “volendoci” al suo interno, quando nel 1987 fondammo la FASI e chiedemmo il riconoscimento dal CONI, il Cai da questi ultimi interpellato nella persona del suo presidente generale Bramanti ebbe parole tali nei nostri confronti che ci permisero di raggiungere questo obbiettivo già nel 1992.
Ahi! me ne manca un pezzo siamo già al ‘92 e mi sono perso… come è nato il Palavela di Torino.
Devi sapere che nella prima metà degli anni ‘70 ero a conoscenza del fatto che a Bolzano esisteva una palestra di arrampicata fatta con delle rocce naturali. In quegli anni ero dipendente comunale del comune di Torino all’assessorato allo sport e grazie ad un cambio di giunta i personaggi che gestivano le attività cittadine erano molto sensibili alla diffusione dello sport cosiddetto di base. L’assessore Alfieri in prima fila seguito dall’allora sindaco Novelli, approfittando della manifestazione Sport uomo del 1980, decisero che la struttura del Palavela doveva essere riconvertita ad un uso sportivo rendendola fruibile alla cittadinanza invece di essere la sede di un museo dell’aeronautica perlopiù sempre chiuso. Fu così che riuscii ad infilarmi nel mezzo presentando e redigendo personalmente il progetto della struttura di arrampicata che immaginavo potesse essere ospitata all’ interno dell’ edificio. Non senza difficoltà riuscii a convincere tutti e così dopo che uno studio di ingegneri firmò il progetto in un batter d’occhio realizzammo l’opera (Pensa che vinse l’appalto un impresario, Renato Lingua, che faceva l’alpinista…).
Sotto il patrocinio dell’Accademico e con il suo allora presidente Corradino Rabbi nel 1983 alla presenza di moltissime personalità della politica e dello sport tra cui Messner, la Rutkiewicz la palestra venne dedicata a Guido Rossa con un commovente discorso di Massimo Mila.
Quindi con il Palaroccia l’arrampicata ha trovato una nuova casa in linea con la tradizione: sarà intitolato sempre alla stessa persona e con un nome che richiama alle origini.
Credo di sì, anche se personalmente il nome non lo trovo troppo aderente all’attività che vi si svolge. Forse qualcosa tipo “Palarrampicata” poteva essere meglio ma sono dettagli. La sostanza è che abbiamo a disposizione una struttura molto interessante dove poter avviare all’arrampicata le nuove generazioni dei torinesi amanti della verticale.
Ho letto che diversamente al vecchio Palavela la gestione della struttura non sarà affidata esclusivamente alla Sasp ma sarà una gestione congiunta.
Il Comune di Torino ha deciso di attuare questa formula che coinvolge realtà diverse per finalità, ma tutte legate dal comune denominatore della passione per l’arrampicata. Per cui penso proprio che se siamo arrivati sino a qui la scommessa della gestione congiunta sarà la più facile da vincere. Sono certo che le tre società specializzate sull’argomento operanti nel Torinese che sono in ordine rigorosamente alfabetico Il Bside, il CUS e la Sasp sapranno trovare le migliori soluzioni per continuare la tradizione.
Note:
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