Arrampicata in Valle d'Aosta lungo la SS26
Paolo Tombini presenta l'arrampicata attorno alla strada statale SS26 in Valle d'Aosta. Dal boulder alle vie lunghe, passando per il Pilastro Lomasti e la falesia Montestrutto - La Turna.
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In arrampicata sul Pilastro Lomasti, Valle d'Aosta
archivio Paolo Tombini
La Strada Statale 26 è un importante arteria stradale italiana che, partendo da Chivasso, muore a pochi km dal confine di stato con la Francia presso il passo del piccolo San Bernardo, sopra La Thuile. Dal Colle del Gran S. Bernardo invece, puntando ad Ivrea per proseguire verso Roma, la Valle d'Aosta è solcata oltre che dal fiume Dora Baltea anche dalla Via Francigena; ovvero parte di un fascio di vie dette romee che nell'antichità collegavano i tre luoghi culto più importanti: Santiago di Compostela, Roma e Gerusalemme.
Oggi in questo pomeriggio di primavera, dai contrasti inusualmente accesi causa di questa anomala stagione, tra il bianco della neve ancora abbondante sulle cime che cingono la valle e il verde intenso di una primavera ormai matura, sto percorrendo la A5. Così getto ancora uno sguardo al possente Forte di Bard prima che il tunnel autostradale mi rigetti nella piana di Donnas, e penso a Napoleone, anche lui qui di passaggio, con più cavalli di quelli che ho io nel motore, e con 40.000 soldati al seguito per dar battaglia all'esercito austro-piemontese.
In questa strettoia tra il Piemonte e la Valle d'Aosta la natura e la storia hanno modellato il territorio in maniera straordinaria. Sono tante e diverse le sfaccettature di questa terra, da sempre crocevia fin dai tempi dei romani, quando prima di tutto questa strada era la importante via delle Gallie. Se nello specifico consideriamo l'area che grossomodo va da Ivrea sino a Verres, con puntate trasversali nella valle del Lys che da Pont S. Martin si apre verso Gressoney, e in quella che da Hone sale in direzione di Champorcher, abbiamo un'interessante territorio, di poche decine di km quadrati ma con un importantissimo comune denominatore: la roccia.
Qui la mano primordiale che ha seminato la pietra è stata davvero generosa; in seguito nel quaternario durante l'ultima glaciazione il ghiacciaio balteo scorrendo verso la pianura padana ha modellato, lisciato e cesellato la pietra in maniera impeccabile. Il terzo elemento determinante che ha segnato profondamente questi luoghi e' stata la mano dell'uomo che per fini di sussistenza, trasporto e difesa ha plasmato ulteriormente questa terra.
Molto, ma molto più recentemente, mani sporche di magnesio, e armate di trapano hanno valorizzato questa zona, pulendo e chiodando una miriade di massi, falesie e vie lunghe, che in un armonico caos creano una delle zone prealpine ad altissima densità verticale, e perché no anche strapiombante!
Partiamo dalla taglia più piccola dello sport verticale, il boulder, anche se qui si può parlare di una "L" abbondante; è notizia fresca la salita da parte di Nicolò Ceria, super-talentuoso climber biellese di un masso di 8b+ a Champorcher. Questo in realtà è solo uno dei settori a disposizione, ma qui intorno di massi da scalare c'è ne sono davvero molti. In pochi chilometri sono infatti concentrate diverse aree adatte a tutte le tipologie di boulderisti, e alle diverse stagioni. I punti cardinali, oltre alla già citata Champorcher, sono i massi del Cubo, poi un paio di interessanti spot nella valle di Gressoney, mentre anche dall'autostrada si possono ammirare quelli di Quincinetto. Sono centinaia di problemi se considerati nell'insieme, alcuni davvero estremi, molti affrontati e risolti quando il crash pad ancora non esisteva, e fare massi era, insieme ai primi travi, l'unico modo di allenarsi dei pionieristici climber anni ottanta o giù di li. Lycra, colori fluo, EB ai piedi erano i must del tempo, eppure certi blocchi aperti allora e solo recentemente usciti dall'oblio portano tutt'oggi con disinvoltura il grado sette sui moderni topo.
Taglie forti anche per le possibilità di scalare in falesia, extra large direi! Sono più di venti le falesie perfettamente attrezzate ad attendervi. Tante le lunghezze sparse tra i vari settori, sorti in periodi molto diversi tra loro, quasi ignorandosi reciprocamente, come se ogni falesia fosse l'unica nel raggio di svariati chilometri. Alcuni settori sono laboratori del gesto dove i top climber qui - capitanati da Alberto Gnerro - hanno portato il grado fino al 9a. Altri sono perle solitarie, dove passare giornate tranquille salendo tiri veramente belli e alla portata di tutti. La roccia predominante qui è lo gneiss che per arrivare ad essere falesia di forma compiuta ha dovuto in certi casi essere accuratamente pulita, disgaggiata e a volte anche bricolata da veri e propri benefattori della verticale che più che altrove, hanno saputo dal niente creare veri e propri gioielli della verticale.
Certo alcuni lavori, sopratutto agli occhi dei posteri (vedi scavi e prese resinate) possono far storcere il naso a qualche climber purista, ma guardando il bicchiere mezzo pieno, sono peccati di gioventù, o forse testimonianza di etiche passate.Caso emblematico è la falesia di Montestrutto, ultima arrivata in ordine cronologico, ma diventata esempio quasi unico in Italia, parco di arrampicata sovvenzionato dal comune che grazie alla microeconomia dell'arrampicata, con essa ha avuto uno sviluppo commerciale e una ricaduta reale sul territorio stesso. Già, ma tornando indietro nel tempo di pochi anni, "la turna" (così come viene definita l'area falesia) era soltanto uno skiline di campi contornati da rocce completamente coperte da edera. Vecchi terrazzamenti e una piccolissima falesia sulla quale Silvio Mantoan (indimenticato precursore della verticale in questa area) aveva tracciato vecchie vie di artificiale e qualche blocco. Poi la mente fervida di Danilo Noro, gestore del negozio xlmountain, posto proprio dietro la falesia, immaginò quella splendida realtà di parco arrampicata che la falesia è tuttora. Il supporto del comune e il lavoro di un manipolo di volontari ha fatto il capolavoro: un prato che sembra un green, dieci settori per scalare posti a un minuto dal parcheggio con predominanza di tiri facili e facilissimi, il bar alla base, parco giochi, campo da volley e bocce: ovvero l'arrampicata sdoganata a tutti e per tutti.
Se non vi basta ancora perché esigete la taglia xxl per le vostre scelte verticali, in questa zona sono state tracciate davvero tante vie multipich sportive. Le possibilità sono notevoli, con addirittura qualche chicca trad nella valle di Gressoney, ma certamente il paretone di Arnad, e il vicino Pilastro Lomasti sono i richiami più famosi e la loro fama non deluderà le vostre aspettative. Nelle giornate di favonio, quando il brutto tempo si attesta oltre le Alpi, non è raro incontrare le guide di Chamonix che utilizzano queste pareti quale ripiego al protogino del Monte Bianco. Questo la dice lunga sulla bellezza di alcune vie.
Questa terra è stata a lungo passaggio ed incrocio di merci, eserciti e pellegrini, rifugio e accogliente isola, prima di affrontare l'insidia delle Alpi. Forse è arrivato il tempo che diventi finalmente meta e non solo passaggio, dei tanti viaggiatori che ne solcano le strade, almeno quelli in cerca della verticale.
SCHEDA: Control... e vai tranquillo, Pilastro Lomasti
SCHEDA: la falesia Montestrutto - La Turna, Valle d'Aosta
Oggi in questo pomeriggio di primavera, dai contrasti inusualmente accesi causa di questa anomala stagione, tra il bianco della neve ancora abbondante sulle cime che cingono la valle e il verde intenso di una primavera ormai matura, sto percorrendo la A5. Così getto ancora uno sguardo al possente Forte di Bard prima che il tunnel autostradale mi rigetti nella piana di Donnas, e penso a Napoleone, anche lui qui di passaggio, con più cavalli di quelli che ho io nel motore, e con 40.000 soldati al seguito per dar battaglia all'esercito austro-piemontese.
In questa strettoia tra il Piemonte e la Valle d'Aosta la natura e la storia hanno modellato il territorio in maniera straordinaria. Sono tante e diverse le sfaccettature di questa terra, da sempre crocevia fin dai tempi dei romani, quando prima di tutto questa strada era la importante via delle Gallie. Se nello specifico consideriamo l'area che grossomodo va da Ivrea sino a Verres, con puntate trasversali nella valle del Lys che da Pont S. Martin si apre verso Gressoney, e in quella che da Hone sale in direzione di Champorcher, abbiamo un'interessante territorio, di poche decine di km quadrati ma con un importantissimo comune denominatore: la roccia.
Qui la mano primordiale che ha seminato la pietra è stata davvero generosa; in seguito nel quaternario durante l'ultima glaciazione il ghiacciaio balteo scorrendo verso la pianura padana ha modellato, lisciato e cesellato la pietra in maniera impeccabile. Il terzo elemento determinante che ha segnato profondamente questi luoghi e' stata la mano dell'uomo che per fini di sussistenza, trasporto e difesa ha plasmato ulteriormente questa terra.
Molto, ma molto più recentemente, mani sporche di magnesio, e armate di trapano hanno valorizzato questa zona, pulendo e chiodando una miriade di massi, falesie e vie lunghe, che in un armonico caos creano una delle zone prealpine ad altissima densità verticale, e perché no anche strapiombante!
Partiamo dalla taglia più piccola dello sport verticale, il boulder, anche se qui si può parlare di una "L" abbondante; è notizia fresca la salita da parte di Nicolò Ceria, super-talentuoso climber biellese di un masso di 8b+ a Champorcher. Questo in realtà è solo uno dei settori a disposizione, ma qui intorno di massi da scalare c'è ne sono davvero molti. In pochi chilometri sono infatti concentrate diverse aree adatte a tutte le tipologie di boulderisti, e alle diverse stagioni. I punti cardinali, oltre alla già citata Champorcher, sono i massi del Cubo, poi un paio di interessanti spot nella valle di Gressoney, mentre anche dall'autostrada si possono ammirare quelli di Quincinetto. Sono centinaia di problemi se considerati nell'insieme, alcuni davvero estremi, molti affrontati e risolti quando il crash pad ancora non esisteva, e fare massi era, insieme ai primi travi, l'unico modo di allenarsi dei pionieristici climber anni ottanta o giù di li. Lycra, colori fluo, EB ai piedi erano i must del tempo, eppure certi blocchi aperti allora e solo recentemente usciti dall'oblio portano tutt'oggi con disinvoltura il grado sette sui moderni topo.
Taglie forti anche per le possibilità di scalare in falesia, extra large direi! Sono più di venti le falesie perfettamente attrezzate ad attendervi. Tante le lunghezze sparse tra i vari settori, sorti in periodi molto diversi tra loro, quasi ignorandosi reciprocamente, come se ogni falesia fosse l'unica nel raggio di svariati chilometri. Alcuni settori sono laboratori del gesto dove i top climber qui - capitanati da Alberto Gnerro - hanno portato il grado fino al 9a. Altri sono perle solitarie, dove passare giornate tranquille salendo tiri veramente belli e alla portata di tutti. La roccia predominante qui è lo gneiss che per arrivare ad essere falesia di forma compiuta ha dovuto in certi casi essere accuratamente pulita, disgaggiata e a volte anche bricolata da veri e propri benefattori della verticale che più che altrove, hanno saputo dal niente creare veri e propri gioielli della verticale.
Certo alcuni lavori, sopratutto agli occhi dei posteri (vedi scavi e prese resinate) possono far storcere il naso a qualche climber purista, ma guardando il bicchiere mezzo pieno, sono peccati di gioventù, o forse testimonianza di etiche passate.Caso emblematico è la falesia di Montestrutto, ultima arrivata in ordine cronologico, ma diventata esempio quasi unico in Italia, parco di arrampicata sovvenzionato dal comune che grazie alla microeconomia dell'arrampicata, con essa ha avuto uno sviluppo commerciale e una ricaduta reale sul territorio stesso. Già, ma tornando indietro nel tempo di pochi anni, "la turna" (così come viene definita l'area falesia) era soltanto uno skiline di campi contornati da rocce completamente coperte da edera. Vecchi terrazzamenti e una piccolissima falesia sulla quale Silvio Mantoan (indimenticato precursore della verticale in questa area) aveva tracciato vecchie vie di artificiale e qualche blocco. Poi la mente fervida di Danilo Noro, gestore del negozio xlmountain, posto proprio dietro la falesia, immaginò quella splendida realtà di parco arrampicata che la falesia è tuttora. Il supporto del comune e il lavoro di un manipolo di volontari ha fatto il capolavoro: un prato che sembra un green, dieci settori per scalare posti a un minuto dal parcheggio con predominanza di tiri facili e facilissimi, il bar alla base, parco giochi, campo da volley e bocce: ovvero l'arrampicata sdoganata a tutti e per tutti.
Se non vi basta ancora perché esigete la taglia xxl per le vostre scelte verticali, in questa zona sono state tracciate davvero tante vie multipich sportive. Le possibilità sono notevoli, con addirittura qualche chicca trad nella valle di Gressoney, ma certamente il paretone di Arnad, e il vicino Pilastro Lomasti sono i richiami più famosi e la loro fama non deluderà le vostre aspettative. Nelle giornate di favonio, quando il brutto tempo si attesta oltre le Alpi, non è raro incontrare le guide di Chamonix che utilizzano queste pareti quale ripiego al protogino del Monte Bianco. Questo la dice lunga sulla bellezza di alcune vie.
Questa terra è stata a lungo passaggio ed incrocio di merci, eserciti e pellegrini, rifugio e accogliente isola, prima di affrontare l'insidia delle Alpi. Forse è arrivato il tempo che diventi finalmente meta e non solo passaggio, dei tanti viaggiatori che ne solcano le strade, almeno quelli in cerca della verticale.
SCHEDA: Control... e vai tranquillo, Pilastro Lomasti
SCHEDA: la falesia Montestrutto - La Turna, Valle d'Aosta
Note:
www | |
www.mountainkingdom.net |
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