Viaggio su Capitan SkyHook, nell'oceano della Nord Ovest del Civetta
Oceano Nord Ovest. Oceano Civetta. E' qui che il veronese Cristiano Pastorello e il padovano Enrico Geremia lo scorso 1° agosto hanno trovato la loro personale avventura. Un gran viaggio chiamato Capitan SkyHook, e da etichettare con il simbolo DOC, sulla NOrd Ovest del Civetta, una delle più affascinanti, selvagge e assolutamente uniche grandi pareti delle Dolomiti, e non solo. Come molti sanno, la firma su quest'itinerario di “peso e respiro” l'hanno messa nel 1987 i lecchesi Paolo Crippa e Dario Spreafico. Quindi, solo nel '92, sono stati Roland Mittersteiner e David Hall a compiere la prima ripetizione e la prima libera (tutto in giornata) gradando 7b+ max i 500 metri dell'immenso muro - a cui bisogna aggiungere 380m di “avvicinamento” dello zoccolo. Poi l'oblio, fino alla prima solitaria e 3a salita di Alessandro Baù del 2009. A cui ha fatto seguito la prima invernale dello stesso Baù insieme a Nicola Tondini del marzo di quest'anno. Ed ora, lo la salita (la 5a) di Cristiano Pastorello ed Enrico Geremia. Domandare i perché di questa scelta sembra quasi banale. Certo ha giocato un ruolo importante l'exploit di Baù di cui i due sono amici. E, si sa, tra alpinisti c'è sempre la voglia irresistibile di andare a vedere e provare quello che l'amico ha fatto, ancor di più se è una via fantastica come SkyHook. Ma qui sembra aver prevalso l'amore per una parete, la Nord Ovest del Civetta, davvero unica. Basta leggere il report di Cristiano per intuirlo. Quello suo e di Enrico è un percorso di amore, di conoscenza anche (Cristiano ha ripetuto tra le altre anche W Mejico Cabrones), per l'immensa parete, e per quel vuoto pieno e speciale che regala. Un oceano-mare di pietra in cui, come sulle fantastiche placche di Capitan SkyHook, è emozionante navigar ma in cui è assolutamente vietato perdersi...
01.08.2010 Parete Nord – Ovest del Civetta 4° ripetizione di “Capitan SkyHook”
di Cristiano Pastorello
“…Mamma mia che bella.” Penso sempre la stessa cosa quando vedo la parete Nord Ovest del Civetta. Tengo una cartolina con i tracciati delle vie sopra il comodino ed è una delle prime montagne che mia figlia ha imparato a conoscere. Assorto da questi pensieri e con gli occhi fissi sull’impressionante muraglia guido per i tornanti che portano ai Piani di Pezzè, rischiando spesso di far conoscenza con il cofano delle macchine che scendono dal lato opposto. Enrico, giustamente mi ricorda che se vogliamo essere al Tissi per cena forse è meglio evitare un frontale.
Scendiamo dall’auto con gli occhi incollati alla linea che abbiamo deciso di salire domani, un mare di placche, verticali e lisce. Tentiamo di capire se quelle righe nere di acqua in qualche modo ci possano impensierire. Dopo una concitata discussione concludiamo che la cosa non ci riguarda e anche se la parte finale magari è un po’ bagnata domani si va su Capitan SkyHook.
Salire al Tissi per il Ru de Porta è diventato un rituale, si parla del più e del meno e la conversazione un po’ alla volta, complice la fatica, lascia spazio ai pensieri. Ho dovuto combattere un po’ con me stesso per convincermi di tentare; la famiglia, la responsabilità, il fatto che non sempre è facile tenersi allenato al punto giusto son fattori che gravano e che mi danno da riflettere… ma forse altro non sono che le nostre paure e alla fine si va in parete proprio per superarle…
Mi fermo a guardare quel mare di roccia, stupende fioriture di Papaver reaticum tingono di giallo i ghiaioni basali, credo che dopo le mie bambine non ci sia nulla di più bello… le imprecazioni di Enrico indirizzate allo zaino troppo pensante mi riportano alla realtà e così acceleriamo spronati dalla voglia di birra e pastasciutta.
Al Tissi Walter ci attende entusiasta della nostra destinazione e ce lo dimostra preparandoci una cena da re. Claudia, la ragazza di Ale, ci porta dei canederli fantastici che però rischiano di andarmi per traverso quando Walter mi mostra una foto ingrandita di Ale, in solitaria, su uno dei tiri di VIII. Spavento… è veramente tutto liscio… va bé, butto giù la birra e non ci penso, e già che ci siamo, per non pensarci meglio, ci beviamo anche un paio di grappe.
La mattina partiamo presto ed in breve raggiungiamo lo zoccolo. Attacchiamo con le frontali, si va via spediti, tranquilli, forse troppo tranquilli, visto che tiriamo dritto su per la Aste… Enrico mi fa notare che l’abbiamo già fatta e che l’obiettivo della giornata è un altro… Alle 6.30 siamo all’attacco vero e proprio: che placche impressionanti, solito sassolino… Parte Enrico. Nonostante la presenza quasi opprimente della mole della Nord Ovest son tranquillo, concentrato, non so fino a dove riusciremo ad arrivare ma siamo determinati nel mettercela tutta.
Il primo tiro è facile e fila via liscio, già al secondo le cose cambiano, tirando una tacca questa mi resta in mano e sto su per miracolo… un bonus giocato. Ben presto i diedrini della parte iniziale lasciano il posto alle famigerate placche, la roccia è superba, i movimenti un giusto mix di forza e tecnica, mai banali e sempre da ricercare. Penso ai primi salitori, ad Ale da solo ed assieme a Nicola d’inverno, io già ho i mie problemi a tenere sta roba piccola d’estate, figurarsi col freddo.
Saliamo a comando alternato delle lunghezze una più bella dell’altra, una più impegnativa dell’altra. Raggiungiamo la cengia a metà parete abbastanza in fretta, siamo di ottimo umore ma le braccia cominciano già ad essere provate, va bé, basta non pensarci.
Enrico sale un tiro di V+ orribile lamentandosi che le schifezze capitano sempre a lui, ma poi siamo ripagati da un diedro perfetto, sospeso in mezzo alla parete, semplicemente fantastico. Segue poi uno dei tiri più belli e duri. Vedo Enrico ad un certo punto fermarsi, esitare, poi a malincuore posizionare un cliff ed appendersi. Lo vedo scrutare la parete alla ricerca degli appigli, poi si gira e mi chiede se Ale l’ultima volta si sia portato via tutte le tacche del tiro… effettivamente di VIII ne ho trovati di ben più facili. Arrivo in sosta provato e preoccupato, ora tocca il tiro di IX.
Cerco di rilassarmi un po’ guardando il panorama attorno, semplicemente grandioso. Una cascata d’acqua scende lungo la Via del Rifugio e le gocce giocano con i raggi del sole a creare un’atmosfera surreale. Svolgo lo sguardo verso la Marmolada e vedo Laste dove alcuni amici stanno scalando sereni e per un attimo li invidio. Mi faccio quasi violenza per tornare alla realtà. La prima protezione è uno spit che mi pare un po’ altino… parto più curioso di vedere come fare che deciso nel passare e mi trovo a 5 metri dalla sosta, in una posizione fantascientifica, con il piede destro che annaspa alla ricerca disperata di un appoggio che non c’è.
Se volo oltre a saltare sulla sosta trancio Enrico a metà con le corde. Ormai son lì e la tacca salvatrice a poco più di 10 cm, butto il piede, lo carico ed in qualche modo, con l’aiuto dei santi del paradiso riesco ad arrivare all’agognata piastrina; secondo bonus giocato. Raggiungo la sosta con la testa ormai che fuma, ma al contempo comincia a farsi forte la certezza che ce la possiamo fare.
Un traverso di V+ “più duro del mondo” porta Enrico sotto l’ennesima placca ostica, è l’ultimo tiro difficile, poi “solo” due lunghezze di VI in camino… assorto da questi pensieri non mi accorgo che il mio fido compare ha deciso di testare la tenuta di un microfriend con un bel volo… tiene… 3° bonus giocato… per oggi credo che gli abbiamo finiti!
I camini finali sono la ciliegina sulla torta, bagnati e mai banali. Non riusciamo più nemmeno a battere i chiodi per rinforzare le soste, siamo letteralmente spappolati ma alle 19.30 finalmente raggiungiamo l’Alleghesi. Mi guardo attorno e comincio ad urlare come un pazzo, ce l’abbiamo fatta, ma sono così stanco che nemmeno me ne rendo conto. Ora non resta che mettere un passo davanti all’altro per raggiungere il Torrani dove Venturino ci attende ormai per la classica doccia di birra. Pensare alla salita e sentire Laura e le bimbe al telefono poi è stato uno dei momenti più belli della mia vita.
Voglio ringraziare Enrico, sempre grande compagno di avventura, il Walter ed il Ventura per la grande accoglienza, ma in particolare mia moglie e le mie bimbe che accettano e condividono i dolori e spero anche le gioie di avere un marito e padre alpinista.
Cristiano Pastorello
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