Valle delle Meraviglie, cascate di ghiaccio a Rheinwald in Svizzera

Il racconto di Smaranda Chifu che a fine febbraio ed inizio marzo, insieme a Saverio De Toffol e Jorge Leonel Palacios, ha salito Black Eyes e Smaranda due cascate di ghiaccio (probabilmente finora mai salite) a Rheinwaldtal, anche conosciuta come Valle delle Meraviglie.
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Sul primo tiro di Smaranda, Rheinwald, Svizzera
archivio Saverio De Toffol

Nell’immaginario collettivo l’inferno è un posto prevalentemente rovente e con tanto fuoco. Nel mio immaginario invece l’inferno è un posto dove mi costringono a camminare con le ciaspole ai piedi per sempre, su neve dura e senza una destinazione.  Nulla da dire a tutti coloro che amano le ciaspolate al chiaro di luna, se non che quando hanno due minuti poi magari me lo spiegano, perché le amano tanto! Io proprio le ciaspole nemmeno so perché le ho! Perché sì, ho un paio di ciaspole, sinceramente non so nemmeno bene come ne sia entrata in possesso, non ho ricordi di aver mai, consapevolmente e per mia diretta scelta, deciso di andare a fare una ciaspolata. Fino a quando non me le sono ritrovate attaccate allo zaino, con dentro una corda, le viti da ghiaccio, le picche, il vento, la neve fresca e l’ignoto davanti a noi.

Facciamo un passo indietro: giovedì mi scrive Jorge per dirmi di unirmi a lui e Saverio che hanno intenzione, sabato e domenica, di andare in una valle di cui mi ha spesso parlato. Io sono in via di guarigione da un’influenza (che di questi tempi è come avere la peste) e rimango dubbiosa, soprattutto all’idea di dormire in tenda al freddo fuori. Ma Jorge mi convince molto facilmente “dormiamo nei bagni pubblici riscaldati, hai presente?”. Certo che ho presente, dai, un bivacco così caldo e di lusso mi scioglie proprio il cuore e la decisione viene da sé!

Ci troviamo all’alba, oggi l’orario di partenza è di quelli che sembra ancora ieri quando ti trovi al parcheggio. Jorge mi aveva già parlato della Valle delle Meraviglie, recensita da Nicolà Berzi un bel po’ di anni fa. Lui e Saverio sono già entrati quest’anno a fare Isteria, una candela spettacolare di V. Mi ha tratta in inganno così, parlandomi di una valle silenziosa, remota, in cui si riesce a scalare pochissime volte perché la stagione deve essere secca abbastanza da non avere il rischio valanghe (altissimo), non troppo secca per fare in modo che le cascate comunque si formino, insomma, i pianeti sembrano allinearsi bene molto raramente da queste parti. Mi ha parlato di questa cascata con una candela in alto, che volevano andare a fare e che probabilmente non è mai stata salita da nessuno. Ci vuole poco a stregarmi, io, che scalo da talmente poco tempo che di fatto le cascate per ora le conto sulle dita di una mano, mi faccio abbindolare subito. Ma Jorge non mi aveva detto la cosa più importante di tutte, lo sapeva, è stato zitto di proposito, avrei comunque accettato ci tengo a specificare: che nella Valle delle Meraviglie ci si arriva dopo dueoreemezza di ciaspolata eterna in piano. Roba che quando sabato mattina finalmente arriviamo sotto il conoide di avvicinamento, almeno i 200 metri di (finalmente!) dislivello tutti lì che sembra di doverli fare a tiri di corda tanto sono pendenti, mi risvegliano dalla noia e cambiano un po’ la musica.

Ma soprattutto quando arriviamo sotto il conoide di avvicinamento la vedo e l’unica cosa che penso è che il gioco valeva… le ciaspole: sopra una verticale parete di roccia, alla destra rispetto a Isteria, c’è una piovra di ghiaccio accovacciata sulla parete, a picco coi suoi festoni, sormontata da una candela. Certo che l’acqua, quando ci si mette, sa proprio il fatto suo! E per ora, nella Valle, davvero nessuno, che strano essere soli a fare ghiaccio di questi tempi! Appena ci avviciniamo al primo tiro, una specie di diedro che da destra ci permette di raggiungere la piovra e poi la candela, capiamo subito che aria, anzi, che ghiaccio tira: essendo esposte a nord, senza mai prendere sole, con le temperature piuttosto fredde, il ghiaccio è davvero duro e soprattutto, lontano dal giro di giostra dei posti più famosi per fare cascate, lo troviamo totalmente liscio e non bucato. E tranne il primo tiro, che Saverio graderà III, il resto è pure sempre molto verticale: insomma, il verticale liscio e duro direi che è il trinomio più malefico su una cascata e mi son bastate il mio misero numero di cascate per capirlo. Io e Jorge ringrazieremo molto Saverio per aver bucato la candela sopra, di V, altrimenti avremo stagionato fino a primavera, che pompa Saverio e che testa! La colata è davvero estetica, quando scendiamo continuo a guardarla e la trovo semplicemente meravigliosa nelle sue forme, mi piace così tanto che quasi mi dimentico dell’inferno immeritato che mi attende: sono sopravvissuta ad un tiro di III su ghiaccio sottile, un altro tiro un po’ troppo verticale per i bloccaggi che non ho, ad un traverso che sembrava Polimagò su ghiaccio e ad una candela per concludere in bellezza ma ora arriva la parte più difficile della giornata. Quando rivedo le ciaspole a momenti vomito se penso al ritorno. Però il gioco valeva decisamente anche la candela!

Giù dal conoide di corsa e poi dueoreemezza di ciaspolata in piano che quando inizi a vedere le luci della città in fondo (e le vedi presto, purtroppo) ti vien voglia di accasciarti al suolo e morire lì, su una stradina con 30 cm di neve. In cuor mio, mentre avanzo silenziosamente verso la macchina, spero che nessun ciaspolatore volontario sappia sciare, altrimenti davvero, andrei in crisi esistenziale. E sempre in cuor mio penso ai miei sci e alle mie pelli a casa, ma dato il verticale conoide di avvicinamento da battere, il fatto che comunque a tornare essendo in piano non ci si guadagnava tanto tempo e soprattutto il rapporto tra spazio/materiale che decidiamo di portare, le ciaspole erano lo strumento migliore.

Quando finalmente arriviamo alla macchina mi sento un bel po’ sfinita, guido per venti minuti diretti al nostro "albergo", decidiamo di usare il locale docce come, appunto, bivacco riscaldato. Ci tengo a dire che queste usanze sono comuni tra gli alpinisti, ci tengo a precisare che ho dormito in un parcheggio alla funivia di Courmayeur, per terra proprio, in macchina, in tenda, in tenda sul ghiacciaio, in un sacco a pelo a caso sotto ad un sasso e ora anche in un cesso pubblico riscaldato e in tutte le occasioni, tutte, quando me ne sono andata ho lasciato il mondo come l’ho trovato: pulito e ordinato. Perché quando il giorno dopo sai che ti sveglierai per rifare dueoreemezza di avvicinamento con le ciaspole per fare una seconda cascata, desideriamo tutti un paio di guanti asciutti, gli scarponi caldi e una notte decente. E affinché sia di tutti, è importante che tutti se ne curino e non lascino traccia.

Comunque il giorno dopo la sveglia suona, sovrana. Di notte ha pure nevicato, perché rifarsi dueoremezza di ciaspolata non era abbastanza come prova di volontà e desiderio verso questa valle, no, ci ritroviamo a tracciare di nuovo la domenica mattina. Traccia Jorge, carro armato cingolato a trazione 4×4, quando abbassa la testa, lui non importa se sfonda fino alle ginocchia, alla vita, al collo, lui arriverà all’attacco, lo ha deciso quando è sceso dalla macchina, gli costasse un infarto, me lo immagino iniziare a sciogliere la neve soffiandoci sopra pur di arrivare all’attacco di una cascata. Io e Saverio dietro ringraziamo, silenziosamente.

La cascata del giorno dopo è un sogno canadese, un muro di due tiri, ampio e verticale, ci conduce ad un successivo pendio di neve che Jorge nuovamente traccia con caparbietà totale che a sua volta ci conduce ad un altro muro, irraggiungibile se non tramite il primo, con due possibili uscite. Un ghiaccio turchese che sembra un’illusione ottica, il silenzio totale, interrotto solo dalle poche maledizioni di Saverio che finalmente, al secondo giorno di tiri di IV/V vergini e quasi mai sotto gli 80 gradi, trova anche lui un po’ duro. Iniziavo a preoccuparmi di essere l’unica i cui dorsali non sono più pervenuti a questo punto del nostro weekend. La cascata tra l’altro tanto è verticale e ampia quanto è liscia e senza riposi, vengono fuori quattro tiri senza possibilità di fiatare, quando la finiamo siamo davvero tutti e tre stanchi, anche se Jorge, per partito preso, credo potrebbe battere un’altra taccia ancora! Scendiamo in una successione di abalakov e finalmente di nuovo alla base: ed eccole lì, le ciaspole, maledette.

Il rientro alla macchina è quasi un automatismo, siamo muti, le luci lontane, cumuleremo dieci ore di ciaspole, otto tiri di ghiaccio, conoidi di neve non battuta e una notte in un bagno pubblico. Raccontato così non credo farebbe sognare molti, a me invece sì, sì perché oltre a questo cumuleremo anche una candela meravigliosa, un traverso estetico e una cascata che si raggiunge solo tramite un’altra cascata, verticale ed enorme e turchese. E una valle davvero delle Meraviglie. Il silenzio, nessuna cordata oltre noi, delle linee da ricordarsele proprio!

Qualche giorno dopo, mentre sono in macchina la sera diretta a Pescegallo per una scialpinistica notturna, racconto ad Ale dei due giorni e mi chiede "ma vi siete anche fatti la doccia?" rispondo "ma certo che no, scusa, a quel punto stavo a casa, almeno la parvenza di un bivacco, se non puzzi che bivacco è?." Certo che la montagna m’ha proprio cambiato come solo i grandi amori sanno fare!

Chiudo gli occhi, mentre scrivo questo racconto sono a casa chiusa per il coronavirus come tutti: a cosa servono i posti così meravigliosi se non per alimentare la nostra immaginazione in momenti bui? Torneremo a scalare e magari la prossima volta apprezzerò pure le ciaspole, dopo un mese di quarantena.

SCHEDA: Black Eyes, Rheinwald, Valle delle Meraviglie, Svizzera

SCHEDA: Smaranda, Rheinwald, Valle delle Meraviglie, Svizzera




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