Spantik Golden Pillar - International Golden Peak expedition 2000

La salita dell'inviolato pilastro del 'Golden Peak', la bellissima e difficile montagna di 7.028m nella Hunza Valley in Pakistan. Di Erik Svab
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Lo Spantik e il Golden Pillar
archivio Erik Svab

La spedizione, organizzata dalla FFME (Federation Francaise de la Montagne et Escalade), era composta da 7 alpinisti di 5 nazionalità diverse: i russi Alexander Klenov e Mikhail Davy, i francesi Manu Guy e Manu Pellissier, l’ungherese Attila Ozsvath, lo sloveno Marko Prezelj e l’italo-sloveno Erik Svab. Si erano incontrati e conosciuti in occasione dei Meeting Internazionali organizzati ogni anno a Chamonix dalla FFME.

La parete è stata salita per due itinerari diversi: Alexander Klenov e Mikhail Davy hanno percorso la prima parte del pilastro lungo la Via Inglese e la seconda per una via nuova che ha richiesto 9 bivacchi in parete e 2 sulla via di discesa; la cordata ‘internazionale’, in 5 giorni tra salita e discesa, ha compiuto invece la prima ripetizione della via Inglese aperta da Victor Saunders e Mick Fowler, dal 5 all’11 agosto del 1987.

Le due cordate hanno percorso, ognuna utilizzando uno stile di salita diverso, due grandiosi itinerari su una delle più mitiche e difficili pareti del Karakorum con arrampicata difficile su ghiaccio e misto in alta quota.

IL TEAM
Alexander Klenov e Mikhail Davy
37 e 33 anni, da Ekaterinburg, Russia.
Non si può presentarli separatamente, poiché la loro cordata da otto anni funziona alla perfezione. 2 volte Campioni di alpinismo nella ex Unione Sovietica. 4 volte campioni di alpinismo in Russia.

Manu Guy e Manu Pellissier
27 e 25 anni, francesi; Guide Alpine, lavorano entrambi per la FFME (Federazione francese per la montagna e l’arrampicata), arrampicano in giro per il mondo da 8 anni.

Attila Ozsvàth
44 anni, ungherese, da più di 20 anni dedica la sua vita alle montagne e all’alpinismo. Tra le sue migliori salite c’è una via nuova sulla parete Nord del Thalay Sagar nel 1991.

Marko Prezelj
34 anni, di Kamnik, Slovenia, ingegnere chimico. Fotografo, operatore TV, pubblicitsta, ottimo alpinista polivalente, vincitore del “Piolet d' Or” per la prima salita del Sud-ovest del Kangchendzenga (8.476 m) nel 1991.

Erik Svab
29 anni, italo/sloveno di Trieste, poliglotta (parla sette lingue), collabora con le maggiori riviste del settore, italiane e straniere, con stazioni radio e televisive e.

LA SPEDIZIONE

Appuntamento alla fine di maggio a Islamabad. Lì Manu Guy e Manu Pellissier, giunti in anticipo sugli altri, avevano già sistemato gli adempimenti burocratici. La capitale del Pakistan, infatti, è famosa per la sua… 'lentezza'.

Saltati su un minibus dell’agenzia "North Pakistan", del simpaticissimo Ishaq Ali, i 5 hanno raggiunto Chilas seguendo, nel caldo soffocante dell’estate pakistana, la mitica "Karakorum Highway'. Il giorno seguente trasbordo sulle jeep e arrivo al villaggio di Hoppar a 2.800 metri di quota. E' la fine della strada carrozzabile: da qui sono necessari altri due o tre giorni di marcia per arrivare ai 4.600 metri del campo base ai piedi dello Spantik.

Così dopo soli 5 giorni dalla partenza da casa il gruppo è già al campo base. Un bene data la scarsità di tempo a disposizione, un male se si pensa allo sforzo compiuto. Sforzo che ha contribuito, insieme a problemi di acclimatazione, a 'spezzare' alcuni componenti della spedizione. Tra questi Erik Svab che lasciato il campo base per scendere e riprendere le forze una volta in valle decideva, per questioni di salute, di non tornare sulla montagna.

Terminata l'acclimatazione gli alpinisti si dividono in due team: una cordata tutta russa (Alexander Klenov e Mikhail Davy) che intende aprire una via nuova e opta per uno stile di salita più lento ma più sicuro, e una cordata ‘internazionale’ che sceglie lo 'stile alpino' e la ripetizione della via Inglese del 1987.

Questo secondo gruppo composto da Manu Guy, Manu Pellissier, Atilla Ozsvath e Marko Prezelj comincia la salita il 7 giugno e, dopo la prima parte tecnicamente più facile, giunge in cima alla cresta nevosa che porta nel cuore della parete, sotto la parte più ripida del pilastro sommitale. Dopo aver arrampicato tutto il giorno su pendenze tra i 40 e i 60 gradi, bivaccano nei pressi della terminale sul nevaio sospeso.

Il giorno dopo vengono raggiunti dai due russi, più lenti visto che si trascinavano dietro oltre al materiale e ai viveri anche i portaledge. Il tempo è brutto e insieme aspettano un miglioramento. Ma non succede e la cordata ‘internazionale’ decide di scendere. I russi invece insistono: continuano ad arrampicare seguendo una linea nuova sulla parte destra del pilastro, a sinistra della via Inglese.

Il 12 giugno, la cordata ‘internazionale’ riparte dal campo base. (Intanto Alexander Klenov e Mikhail Davy, che bivaccano nei portaledge, hanno continuato inesorabili la loro via nuova, anche con il brutto tempo). Manu Guy, Manu Pellissier, Atilla Ozsvath e Marko Prezelj risalgono e bivaccano nuovamente sul nevaio sospeso. Poi continuano sempre lungo la via Inglese superando in dry-tooling i tratti più difficili e raddrizzandone la linea. Bivaccano sul pilastro e poi ancora proprio sotto la sua cima.

Il 3° bivacco è il peggiore: manca lo spazio per montare le tendine e passano la notte appesi alla sosta. Ancora 300 metri di dislivello per circa due chilometri di sviluppo e poi, il 15 giugno, raggiungono la cima. Ancora un bivacco sulla via di discesa e il 16 giugno, dopo 5 giorni e 4 notti, l'avventura della 'cordata internazionale' si conclude al campo base.

I due Russi nel frattempo continuano a salire. Arrivano in vetta il 18 giugno. Il loro nuovo itinerario si sviluppa autonomamente per più di 1.000 metri con difficoltà di 7a/A3 per 25 lunghezze (tra i 40 e 50 metri ciascuna) superate senza preparazione della via, senza corde fisse e senza spit.

SPANTIK - LA SCHEDA

1a salita
1955 per la cresta SE
spedizione tedesca guidata da Karl Kramer .

1a salita Versante NO
Via Inglese al Golden Pillar da parte di Victor Saunders e Mick Fowler dal 5 all'11/08/1987. (5^ salita assoluta dello Spantik)
Fu definita come una delle più grandi imprese compiute in stile alpino in Himalaya.
La via supera più di 2.000 metri di dislivello di cui i 1.000 metri del Pilastro costituiscono la parte più difficile con difficoltà di V/VI grado della scala scozzese di ghiaccio.

Golden Peak Expedition (Spantik vers. NO)
Via Nuova (7-18/06/00)
i russi Alexander Klenov e Mikhail Davy, salgono la prima parte del Pilastro per la via Inglese quindi proseguono con un itinerario autonomo per altri 100m fino alla cima senza preparazione della via, senza corde fisse e senza spit.
Difficolta: 7a/A3 per 25 lunghezze (40-50 m.).

1a ripetizione Via Inglese (12-15/06/00)
Manu Guy e Manu Pellissier,Attila Ozsvath, Marko Prezelj in stile alpino.
Nella prima parte della salita i 4 si sono assicurati su tre lunghezze, mentre la parte superiore ha richiesto 26 tiri di corda dai 45 ai 50 metri.

La parte superiore del Pilastro è paragonabile alla Walker alle Grandes Jorasses. Gli Inglesi hanno salito alcuni tratti in artificiale, mentre i primi ripetitori hanno fatto tutta la via in ‘libera’ e non hanno trovato nessun segno dei loro predecessori.

La tecnica di salita adottata: il primo arrampicava senza zaino e con una corda singola da 50 m, il secondo di cordata saliva dopo di lui appena possibile, portando uno zaino e un’altra corda, su cui saliva il terzo di cordata, mentre il primo continuava ad arrampicare assicurato dal secondo. Il quarto saliva poi con le maniglie autobloccanti recuperando il materiale e lo zaino del primo di cordata.

La roccia
nella parte superiore della parete sul cosiddetto Pilastro d’oro è marmo compatto (quello che genera al tramonto il colore rosato della montagna), spesso cristallizzato e di qualità non eccelsa che rende difficile la chiodatura. L’assicurazione è difficile e gli alpinisti hanno utilizzato soprattutto nuts e friends. Si sale su terreno misto nel vero senso della parola: ghiaccio nelle fessure, roccia impiastrata di neve, il tutto sfruttando le tecniche di dry-tooling acquisite sulle montagne di casa.

CRONOLOGIA
maggio

21 arrivo a Islamabad.
22 Islamabad — Chilas.
con il minibus per la "Karakoram Highway"
23 con il minibus seguendo il corso dell’Indo da Chilas a Gilgit e Karimabad e con una jeep fino al villaggio di Hoppar.
24 trekking per il ghiacciaio Barpu fino alla radura di Phari Phari a 3.600 m.
25 trekking fino al campo base a 4.600 m.
26 — 28 salite di acclimatazione nei dintorni del campo base.
29 — 30 riposo e preparazione del materiale di salita.
31 salita dello sperone nevoso di discesa fino a 5.300 m con bivacco.
giugno
1 continuazione dell’acclimatazione sulla via di discesa fino a quota 6.200 metri e discesa al campo base.
2 — 6 riposo e preparazione della salita, nevicate fino a 60 cm al CB.
7 partenza dal CB di entrambe le cordate e salita fino al nevaio sospeso. Nel pomeriggio e durante la notte nevica.
8 nevica tutto il giorno e tutta la notte seguente.
9 al mattino ancora tempo incerto, i 4 della cordata ‘internazionale’ decidono di scendere al CB. I Russi continuano la salita.
10 - 11 riposo e preparazione della prossima salita.
12 attacco finale, i 4 della cordata ‘internazionale’ salgono il primo tratto fino al nevaio sospeso e altri due tiri, fissando due corde.
13 i 4 cominciano ad arrampicare alle 4 di mattina e fino alle sette di sera salgono 12 tiri di corda, bivaccando in due tendine da parete.
14 i 4 salgono altri 12 tiri di corda e bivaccano sotto la sommità del pilastro.
15 con altri due tiri di corda i 4 raggiungono il plateau sommitale e proseguono verso la cima che viene raggiunta alle 14, ora locale. Scendono fino all’inizio dello sperone nevoso di discesa.
16 discesa al CB per i 4, mentre i Russi traversano verso destra, si congiungono gli ultimi tiri della via Inglese e salgono sul plateau sommitale.
17 I Russi bivaccano sul plateau sommitale poco sotto la cima.
18 I Russi salgono in cima alle 6, ora locale, e bivaccano ancora sulla via di discesa.
19 smontaggio del CB e discesa dei 4 fino a Hoppar e poi in jeep fino a Karimabad.
20 I Russi arrivano a Hoppar e scendono fino a Karimabad.
21 con minibus per la "Karakoram Highway" da Karimabad a Besham.
22 Besham — Islamabad.
23 — 26 Islamabad, sistemazione delle formalità.
27 tutti gli alpinisti della spedizione rientrano nei propri paesi.

Un ringraziamento a:
FFME, Montura, Grivel, Kong, Papi Sport, Simond, La Sportiva, Millet, Cassin, Beal, Alvo Titanium, Manaraga.




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