Simone Moro racconta la sua Traversata Orobie 20-20
Non potevo che avere il Grande vecchio all’inizio e alla fine della mia seconda traversata integrale delle creste delle Alpi Orobie. Mario Curnis, classe 1936, era colui con il quale avevo percorso a fil di cielo, esattamente 20 anni fa, lo spartiacque naturale che svetta tra le province di Bergamo e quelle di Brescia, Sondrio e Lecco. La proposta me l’aveva lanciata proprio a lui 20 anni fa, dopo esserci conosciuti ed aver realizzato la nostra prima spedizione assieme in Pamir e Thien Shan, il progetto Snow Leopard sulle 5 cime di settemila metri di quella regione.
L’invito di Mario era avvenuto nella sua casa bergamasca immersa nel bosco, raggiungibile solo a piedi nella frazione San Vito di Bergamo. Va però riconosciuto che il progetto della traversata delle creste orobiche era stato ideato da Piero Nava, avvocato e vice capospedizione della prima spedizione italiana all’Everest nel 1973. Nava aveva più volte tentato la traversata, in compagnia di Mario, sempre presente durante questi tentativi che, però, fallirono sempre dopo pochi giorni.
Correva l’anno 2000, quando Mario mi disse, buttandomi due cartine topografiche sul tavolo e illustrandomi con un movimento calmo e silenzioso del suo dito da destra a sinistra, che forse io potevo essere il "socio" giusto per portare a termine questo viaggio di due settimane in cresta. Erano circa 150 km di sviluppo, oltre cento vette da salire tra i duemila ed i tremila metri, molte senza nome e senza quasi segno di passaggio, niente croci, niente sentieri. Solo una quota sulla mappa a identificarne l’esistenza e a volte qualche ometto di pietra che rompeva il profilo regolare di queste creste e cime sospese nel vuoto. Era il festival del su e giù, dell’alpinismo su difficoltà che Mario definiva "classiche", il regno del terzo o al massimo quarto grado su roccia instabile dove, con scarpe escursionistiche, si doveva andare comunque il più possibile slegato o in conserva altrimenti non si sarebbe mai arrivati nè alla fine, nè al bivacco serale.
Le Orobie
Le Orobie sono le mie montagne, quelle della provincia più martoriata dalla pandemia di inizio anno, quelle di gente che è abituata a lavorare duro, a resistere, con una ancor scarsa vocazione turistica, ma che proprio nel territorio e nel carattere ha il potenziale per smettere di considerarsi come luogo poco attraente o di secondo ordine, rispetto alle blasonate montagne a est e a ovest della nostra provincia.
Queste montagne sono ricche di rifugi accoglienti e ben organizzati, di una rete sentieristica ottima e ben segnata, di un trekking famosissimo chiamato Trekking delle Orobie Orientali o Occidentali, cumulabili in un solo singolo cammino che richiede una decina di giorni di percorrenza.
La spedizione con Mario Curnis
Nel 2000 avevo vissuto un’esperienza memorabile ed entusiasmante con Mario. Una cresta era riuscita ad unire due modi e due generazioni di alpinisti. Sin dall’inizio, avevo capito e ammirato la bellezza di un mondo selvaggio e avventuroso che avevo proprio fuori casa. Mi sembrava davvero impossibile che un tale progetto sulle creste non fosse mai stato realizzato.
Nei miei archivi fotografici, quell’esperienza è catalogata come una vera e propria spedizione. Allora, io e Mario avevamo voluto dormire sempre in bivacchi, rifugi o baite, proprio per dare il senso che anche l’alpinismo di cresta e delle alte cime non vuole, né si deve sottrarre, alla tradizione di andar per rifugi, incontrare la gente, parlare con le sentinelle di quei luoghi.
"Le più grandi cordate nascevano nei rifugi", diceva Mario, e: "L’alpinismo del mordi e fuggi, del rientro a casa di corsa altrimenti la moglie o la morosa mi sgrida... non ha senso! Porta la morosa al rifugio in montagna o al rifugio, ma bisogna avere tempo e calma". Queste frasi e concetti erano e sono ancor oggi l’unica etica di Mario Curnis e li ho voluti mantenere e fare miei anche nella decisione di ripartire quest’anno nella ripetizione, a vent’anni di distanza, di questa lunga e non banale traversata.
L’incontro con Alessandro Gherardi
Scrivevo in un altro articolo che tornare al passato fa spesso bene per vivere il presente, riacquistare consapevolezze, percepire cosa è cambiato e come questo è avvenuto. Ritornare sulle proprie tracce serve anche a capire come sia il proprio passo oggi, se è diventato più sicuro ed esperto oppure più debole e incerto, se le paure di una volta sono scomparse o se ne sono sopraggiunte altre.
Per tutti questi motivi, ho chiesto ad Alessandro Gherardi di venire con me nel progetto traversata chiamato Orobie 20-20. Come me, anche lui prova una sorta di venerazione per Mario Curnis ed è "figlio d’arte" del famoso Angelo Gherardi, un conosciutissimo istruttore nazionale di sci-alpinismo che aveva portato decine e decine di giovani in montagna facendoli appassionare al mondo verticale e alla neve.
Con Alessandro nel 2018 avevo anche realizzato gran parte di un’altra famosa traversata, inventata e realizzata per ben due volte nel 1971 e nel 1974 proprio da suo padre Angelo: si tratta della traversata delle Orobie, da effettuarsi con gli sci da sci alpinismo partendo da Ornica e arrivando all’Aprica. Alessandro è uno dei miei migliori amici, è venuto con me in Nepal, in Patagonia in Africa e tra i mille soprannomi che ha, c’è quello di "Oropedia" per via delle sue conoscenze enciclopediche dell’orografia e aneddotica riguardante proprio le Orobie.
In questi vent’anni, solo due volte la traversata era stata ripetuta, entrambe le volte ad opera di bergamaschi. Una nel 2018 da parte di Luca Bonacina e Zeno Lugoboni che hanno poi voluto proseguire il loro viaggio ripercorrendo i confini terresti e lacustri (lago d’Iseo) della provincia di Bergamo. La seconda volta ad opera di Daniele Assolari: ha iniziato da solo e poi continuato in diverse tappe con compagni ed amici diversi, solo due mesi prima che io e Alessandro partissimo il giorno martedì 8 settembre, dopo un lunedì piovoso.
L’epilogo della traversata delle Orobie
L’epilogo e l’evoluzione di questa seconda traversata che ho compiuto a distanza di 20 anni sono stati la riuscita completa nel mio intento e la conferma di un’amicizia rinsaldata con Alessandro che, dopo il secondo giorno di traversata, mi ha confessato che mi avrebbe seguito percorrendo i sentieri e le bocchette a valle e le vette che c’erano da salire, ma che non avrebbe percorso con me le creste più esposte.
Mi disse che non si sentiva preparato tecnicamente e psicologicamente per quel tipo di terreno aereo e instabile e preferì così, in maniera molto onesta, palesare questo suo limite. Ho apprezzato molto questa cosa di lui, un gesto di saggezza e di onestà che mi ha messo subito di fronte al fatto che avrei dovuto fare da solo tutte le parti più difficili della traversata- "Beh, un bel modo di ripeter ed evolvere rispetto a 20 anni fa", pensai.
Mi è piaciuto arrampicare slegato, rimanendo ore ed ore in silenzio e da solo. Tra me e Alessandro c’era solo una walkie talkie con un appuntamento fisso ogni ora, ma ognuno doveva arrangiarsi nel percorso e nella tabella di marcia. Io avevo con me: macchina fotografica, telecamera, batterie, powerbank, un piccolo drone, un GPS da polso ed uno palmare, cartine cartacee, mezzo litro d’acqua ed un panino, corda e tutto il materiale alpinistico, oltre a indumenti caldi e di ricambio in caso di temporale. Alessandro portava il mio sacco a pelo e qualche altro mio effetto personale.
Ho goduto a stare da solo, non ho incontrato quasi nessuno su nessun tratto difficile. Gli incontri avvenivano in vari punti lungo il percorso, nei pressi dei rifugi o su alcuni tratti più facili e vette più escursionistiche. Il fatto che fosse possibile seguirmi live ha permesso anche ad altre persone di coordinarsi e venirmi ad incontrare lungo il percorso. Nel 2000 io e Curnis avevamo incontrato una sola persona, sul Gleno, un uomo di 78 anni e poi più nessuno.
Il progetto Orobie 20-20
In Orobie 20-20, volevo verificare e confrontare lo stato dei ghiacciai orobici o quello che ne rimaneva, rispetto alle loro condizioni del 2000. Volevo paragonare le foto che avrei scattato quest’anno con quelle che realizzai con Mario. Purtroppo, come era prevedibile, ho constatato la scomparsa di queste risorse di acqua ghiacciata, sostituite da grandissime pietraie. Confrontare le foto non necessita che si aggiungano parole.
Dall’altro lato della medaglia, ho visto una fauna più presente e numerosa. Stambecchi, camosci, pernici bianche, marmotte e aquile sono presenti in numero importante e non sono per nulla intimoriti dall’uomo. Ho potuto toccare con mano quanto questi animali siano ormai abituati dall’uomo e ne siano scarsamente impauriti. Ho persino assistito ad una scena che mi ha fatto molto riflettere.
Ero a pochi metri da un gruppo di stambecchi, nei pressi del Pizzo del Diavolo della Maligna, mi ero seduto per osservarli e fotografarli. In quel momento, sopraggiunse un elicottero per effettuare dei lavori aerei al vicino rifugio. Non un singolo esemplare si diede alla fuga o mostrò segni di disturbo, tutti continuarono a brucare i ciuffi d’erba che c’erano tra una roccia e l’altra. Questo mi fece capire come spesso ciò che pensiamo ovvio sia esattamente il contrario di ciò che accade. Animali e uomini sanno convivere, si sono abituati l’un l’altro a capire ciò che è una minaccia e ciò che non lo è. Il maggior nemico per l’uomo è sempre e solo l’uomo e per gli animali sono i predatori e non i frequentatori, tutti, delle montagne.
Man mano che compivo la sequenza infinita di torri e creste delle Orobie, ho capito quanto queste potrebbero e dovrebbero essere promosse. Questo viaggio alpinistico potrebbe diventare meta anche a più tappe suddivise nelle settimane, mesi o anni, di un palmares alpinistico di molte più persone che di tre cordate in 20 anni.
Bisognerebbe sicuramente attrezzare alcune calate più sicure, rinforzare o mettere qualche ancoraggio in più, segnalare i tratti più complicati e pericolosi, fare una relazione fotografica e dettagliata e mappare l’intero percorso. Io l’ho fatto col mio GPS quest’anno, ma tutto il resto del lavoro sarebbe un’interessante promozione ad un "campo gioco" naturale, decisamente selvaggio ed entusiasmante.
Alcune cime che si incontrano durante la traversata andrebbero promosse come mete escursionistiche singole per camminatori esperti. Si potrebbero segnare e bollare come fatto su quelle più facili e conosciute: sarebbe anche questo un modo per incentivare la collezione di queste vette e dunque la conoscenza degli itinerari diversi dai soliti o quelli classici.
Di sicuro, non voglio esortare la comunità escursionistica in generale a provare la traversata, ma almeno quella alpinistica o le Guide Alpine con clienti, gli esperti delle Orobie a provare a esplorare sé stessi e le cime meno visitate per riscoprire angoli davvero selvaggi e severi che da sempre giacciono silenziosi sopra le nostre teste, senza cercare altrove.
Sono stati 11 giorni di viaggio, interrotti da due giornate di stop per impegni pregressi, oltre cento cime salite tra principali, secondarie e torrioni, quasi 150 km di percorso e 20.000 metri di dislivello. Pernotti avvenuti lasciando le creste al termine delle varie giornate e poi raggiungendo il rifugio più vicino, per poi ritornare in cresta il giorno successivo e continuare la lunga cavalcata.
Ho registrato ed elencati gli aspetti tecnici ed i dettagli di questi 11 giorni in una scheda separata, come pure le fotografie e le riprese che ho dovuto quasi interamente farmi da solo le ho archiviate e catalogate per aiutarmi a meglio narrare questo angolo e porzione magica delle Alpi. E’ l’anima e lo spirito di questa ripetizione che mi ha riempito il cuore e la mente e di sicuro non i numeri ed i dettagli ad essa riferiti. L’esplorazione è l’arte di mettersi in gioco e non ha luoghi ne confini che ne determinino l’intensità e la purezza, è ovunque.
Anche questo Orobie 20-20 finirà tra le avventure e le spedizioni che la vita mi ha dato l’occasione di vivere. Terminare la traversata al Rifugio Ratti/Cassin ai piani di Bobbio ha voluto essere un tributo ed un ringraziamento ai grandi del passato, con Mario Curnis da alfiere presente in carne ed ossa a testimoniarlo e ad attenderci.
La traversata stessa, come il luogo di chiusura vogliono essere un grazie al romanticismo di quell’alpinismo classico a cui questo viaggio per creste appartiene. Gradi, cronometro, stile, o record non sono vocaboli o parametri che fanno parte dell’andar per creste sulle Orobie. E’ stato un modo, forse il miglior modo per me ed Alessandro per tornare ad un tempo che c’era, quello di suo papà Angelo e quello dei pionieri del passato. Lo stesso compiuto già da Pietro Medici, il tagliapietre di Castione che 150 anni fa salì con Antonio Curò per la prima volta la Presolana 2521 m, la regina e simbolo delle Orobie, definendo la cima come "una lunga cresta senza un vero punto dominante".
Anche per la traversata che io e Alessandro abbiamo compiuto un secolo e mezzo dopo la pionieristica salita di Medici e Curò alla Presolana, non posso definire ne identificare un solo punto dominante di questo viaggio a fil di cielo, ma ricordo solo le creste, gli infiniti su e giù e le cime erano solo i punti che dovevo superare per vedere il proseguo di questa linea infinita e naturale. E’ la metafora dell’andar per monti in qualsiasi parte del pianeta dagli 8000 alle colline più dolci. La vetta è sempre e solo un punto di passaggio e mai di arrivo, perché la felicità e la passione non risiedono in una destinazione ma nel percorso. Importante è identificare il proprio e mettersi in cammino.
di Simone Moro
Link: www.simonemoro.com, Facebook, Instagram, La Sportiva, Camp
Passo del Vivione | m. 1828 | |
Monte Pertecata | m. 2270 | 442 |
Monte del Matto | m. 2403 | 150 |
Passo del Sellerino | m. 2412 | |
Venerirolo | m. 2589 | 177 |
Passo del Venerorolo | m. 2313 | -276 |
Venerocvolino | m. 2566 | 253 |
Passo del Demignone | m. 2488 | -78 |
Demignone | m. 2586 | 98 |
Passo del Vò | m. 2357 | -229 |
Passo di Venano | m. 2331 | |
Monte dei Solegà | m. 2631 | 300 |
Passo Belviso | m. 2516 | -115 |
M. Gleno | m. 2883 | 367 |
Passo del Trobio | m. 2700 ca | -183 |
Cima Trobio | m. 2865 | 165 |
Monte Costone | m. 2834 | |
Pizzo Strinato | m. 2833 | |
Passo Grasso di Pila | m. 2507 | -326 |
Torena | m. 2911 | 404 |
Passo del Serio | m. 2692 | -219 |
Cime di Caronella | m. 2870 | 178 |
Passo di Caronella | m. 2610 | -260 |
Cima di Lago Gelt | m. 2804 | 196 |
Cima del Bondone | m. 2838 | 34 |
Passo Bondone | m. 2720 | -118 |
Cima della Malgina | m. 2723 | 43 |
Passo della Malgina | m. 2674 | -89 |
Passo del Diavolo | m. 2926 | 252 |
Pizzo Cagamei | m. 2700 ca | -173 |
Cime di Cagamei | m. 2912 | 212 |
Pizzo del Druet | m. 2868 | 88 |
Passo Druet | m. 2756 | -112 |
Pizzo Cantolongo | m. 2826 | 70 |
Passo Val Sena | m. 2594 | -232 |
Pizzo Coca | m. 3052 | 450 |
Pizzo d'Arigna | m. 2850 ca | -200 |
Cima d’Arigna | m. 2926 | 76 |
Dente di Coca | m. 2926 | |
Passo di Coca | m. 2649 | -277 |
Pizzo Porola | m. 2981 | 332 |
Pizzo Meridionale di Porola | m. 2880 | -100 |
Pizzo Scais | m. 3039 | 159 |
Bocchetta di Scais | m. 2900 | -140 |
Passo Brunone | m.2585 | -452 |
Il Medasc | m. 2647 | 97 |
Passo dei Camer | m. 2580 | -67 |
Cima Soliva | m. 2710 | 130 |
Bocchetta della Foppa | m. 2600 | -110 |
Pizzo Gro | m.2653 | 157 |
Bocchetta dei Geroi | m. 2460 | -193 |
Pizzo del Salto | m.2665 | 255 |
Passo dell'Omo | m. 2550 | -115 |
Pizzo dell'Omo | m. 2773 | 223 |
Pizzo Rodenino | m. 2747 | 123 |
Pizzo d’Ambria | m. 2600 | -147 |
Monte Aga | m. 2720 | 120 |
Passo di Cigola | m. 2486 | -234 |
Pizzo di Cigola | m. 2632 | 146 |
Passo di Venina | m. 2442 | -190 |
Cima di Venina | m. 2624 | 182 |
Monte Masoni | m. 2663 | 40 |
Pizzo Zerna | m. 2460 | -200 |
Passo Publino | m. 2368 | -204 |
Corno Stella | m. 2620 | 252 |
Passo Valcevia | m. 2319 | -300 |
Toro | m. 2524 | 200 |
Passo di Dordona | m. 2058 | -466 |
Monte Cadelle | m. 2483 | 425 |
Passo Porcile | m. 2290 | -200 |
Monte Valegino | m. 2415 | 125 |
Cima di Lemma | m.2348 | 240 |
Passo di Lemma | m. 2137 | -211 |
Pizzo Rotondo | m. 2266 | 130 |
Passo di Piadavalle | m.2125 | -140 |
Monte Azzaredo | m. 2254 | 130 |
Monte Fioraro | m.2431 | 177 |
Pizzo Segade | m. 2173 | -258 |
Passo S.Marco | m. 1992 | -181 |
M. Verrobbio | m. 2139 | 147 |
Passo di Verrobbio | m. 2026 | -113 |
Monte Colombarolio | m. 2309 | 283 |
Monte Ponteranica Orientale | m. 2378 | 69 |
Monte Ponteranica Centrale | m. 2372 | -6 |
M. Valletto | m. 2371 | 1 |
Passo di Salmurano | m. 2017 | -354 |
Cima Orientale Piazzotti | m. 2179 | 62 |
Cima Occidentale di Piazzotti | m. 2349 | 170 |
Bochetta Val Pianella | m. 2224 | -125 |
Pizzo del Giarol | m. 2443 | 220 |
Bocchetta Paradiso | m | |
Pizzo Paradiso | m. 2493 | 50 |
Bocchetta dell’inferno | m. 2306 | -187 |
Pizzo dei 3 Signori | m. 2554 | 248 |
Passo Camisola | m. 2020 | -534 |
Zucco di Valbona | m. 2134 | 114 |
Bocchetta di Valbona | m. 2042 | -92 |
Zucco di Cam | m. 2192 | 150 |
Bocchetta di Foppabona | m. 2000 | -192 |
Monte Foppabona | m. 2082 | 82 |
Passo del Toro | m. 1950 | -132 |
Zucco del Corvo | m. 1980 | 30 |
Passo del Gandazzo | m. 1651 | -329 |
Passo Cedrino | m. 1661 | 10 |
Piani di Bobbio | m. 1662 | 1 |
Simone Moro e Alessandro Gherardi - Tabella di marcia
8/9 Passo Vivione - Rifugio Tagliaferri
M. Pertecata, M. del Matto, Costa di Valbona, M. Venerocolo, M. Demignone. P.sso Vo, P.sso Venano, P.sso Belviso
9/9 Rifugio Tagliaferri - Rifugio Barbellino
M. Gleno, M. Trobio, M. Costone, M. Strinato, Passo di Pila
10/9 Rifugio Barbellino - Rifugio Curò
M. Torena, Cime di Caronella, Cima del Lago Gelt, P.sso Bondone, P.sso della Malgina
11/9 Rifugio Curò - Rif- Curò - Valbondione
Pizzo del Diavolo della Malgina, Cima di Valmorta, Cime di Caganei, Cima Vag, Druet
12/9 Conferenza a Verona
13/9 Salita al Rifugio Curò alla sera
14/9 Rifugio Curò - Rifugio Coca
Valmorta, Cima Cantolongo, Passo del Diavolo, P. Nord Pizzo Coca, Cime d’Arigna, Dente di Coca
15/9 Rifugio Coca - Rifugio Brunone
Passo di Coca, Porola, Punta di Scais, Torrione Curò, Fetta di Polenta, Pizzo Redorta
16/9 Rifugio Brunone - Rifugio Longo
P.sso Scaletta, Cima Soliva, Pizzo Cavrin, Pizzo Gro, P.sso del salto, Pizzo del salto, Pizzo dell’Omo, Pizzo del Diavolo di Tenda, Bocchetta di Podavit.
17/9 Rifugio Longo - Foppolo
M. Aga, Pizzo Cigola, P.sso di Venina, Cima di Venina, M. Masoni, Pizzo Zerna, P.sso Publino, Corno Stella, Lago Moro
18/9 Foppolo - Ca San Marco
Lago Moro, M. Toro, P.sso Dordona, M. Cadelle, P.sso Porcile, M. Valegino, P.sso Tartano, Cima di Lemma, P.sso di Lemma, Pizzo Rotondo, M Azzaredo, M.Tartano, Bocc.ta di Budria, Rifugio Balicco, M. Fioraro, Pizzo Segade
19/9 Ca San Marco - Rifugio Benigni
Cimetto, M. Verrobbio, P.sso di Verrobbio, M. Colombarolo, M. Ponteranica, M. Valletto, P.sso Salmurano, Cima Piazzotti, Bocca di Trona
20/9 Rifugio Benigni - Rifugio Ratti Cassin/Piani Di Bobbio
P.zzo Tre Signori, Cima di Camisolo, Zuc di Valbona, Zuc di Cam, M. Foppabona, Zucco di Corvo, P.sso del Gandazzo