Punta della Rossa, nuova via per Lepori, Ferrari, Pagnoncelli
Il 25/07/2013 Christian Lepori, Tazio Ferrari, Giovanni Pagnoncelli hanno aperto ‘In attesa del sarcofago’ (420m, 6b+ / A1) sulla parete Est della Punta della Rossa (Alpi Lepontine). Il report di Giovanni Pagnoncelli.
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L2 di In attesa del sarcofago alla Est della Punta della Rossa
archivio G. Pagnoncelli
Era mattino presto ma già il cielo era pesantemente coperto il giorno in cui io e Tazio abbiamo deciso di chiudere la via iniziata qualche giorno prima. Alla missione si è aggiunto anche Christian, una mano fà sempre comodo e lattesa in sosta in due è sempre più piacevole che con i propri pensieri. Pensieri che giravano invece come ruote di criceti sotto il peso dei sacchi sul ripido pendio che porta alla base della Rossa. Pur essendo confidente sulla riuscita della giornata, non riuscivo a spiegarmi per quale motivo meteorologico da settimane il cielo è stato pulito al mattino per sporcarsi di cumuli giornalieri e cadere sotto un temporale pomeridiano alla sera. Ma quel mattino minacciava già pioggia alle sette del mattino. Il pensiero era sostanzialmente focalizzato ai milioni di giga watt scaricati a terra la sera prima da un concerto di saette quasi unico ed alla Rossa, una montagna appuntita, con una bella croce metallica in vetta e costituita da serpentino carico di ferro e zolfo. Un luna park per le saette! E pensavo: "se siamo legati il rischio di rimanerci tutti e tre è alto ma se riusciamo ad arrivare in vetta e scappare, distanziati, dalla via normale chi sceglierebbe la saetta? Forse me perché il più vecchio dei tre?" Pensavo a Kurt Diemberger sulla Noire ustionato dai fulmini, pensavo a tutti quelli che ci lasciano le piume per i fulmini. Beh, di sicuro è una morte istantanea, una sedia elettrica senza filo. Mi capita spesso, per scaramanzia, di fare pensieri drammatici prima di certe salite. E un modo per distrarre il fisico dalla fatica durante i lunghi avvicinamenti ma appena mi alzo da terra i brutti pensieri svaniscono e la testa mira unicamente allobiettivo.
Sotto una pioviggine altalenante attacchiamo la via già esplorata qualche giorno prima da me e Tazio nei primi due terzi di parete. Al vecchio del gruppo il compito di portare i baldi giovani alla sosta sette in meno di due ore con qualche barba trucco alpinistico evitando i tratti più impegnativi. A Tazio, invece, lonore di attaccare la grande placconata del grande pilastro grigio posto sotto il grande becco della vetta (tutto grande). Tazio ri-scala la stupenda fessura già salita qualche giorno prima ma questa volta rinuncia volentieri alladrenalina del run out su friend; staffa lultima protezione e posiziona un solido spit da 8 millimetri prima del traverso dove abbandonerà gli arnesi. Dalla fine di questo tiro iniziano i dubbi. Dalla sosta parte una fessurina perfetta, a zig zag come una saetta, ripida, molto ripida ma friendabile anche se evidentemente dura e che pare morire nella placca. Io confido: la via, per logica, deve continuare di lì. Ed incito il forte e baldo giovane a provare, al limite gli passeremo il trapano, scenderà e proseguirò io per una via di fuga che ho già individuato a destra. Dopo il passo chiave scalato in artif, la parete perde un po di pendenza ma non così tanta difficoltà. Ciò nonostante, in seguito ad un lungo silenzio di apnee e la corda che avanzava di pochi centimetri alla volta, Tazio ha un tono di voce positivo, batte un chiodo e chiede il trapano per uno spit di passaggio utile ad alleviare lo stress del tiro. E continua ad urlare che tiro!. Quando è il nostro momento ci accorgiamo di aver inventato un vero tiro da falesia in quota, micro tacche, micro fessurine, quasi tutte proteggibili a micro stoppers e micro friends; non ci potevamo credere. Continuo io verso il grande becco, un tetto veramente impressionante sporgente 15-20 metri sotto al quale mi piace immaginare un climber a dorso nudo capace di scalarlo. Ci troviamo in una grotta piastrellata di muschio dalla quale mi sembra di scorgere una via di fuga asciutta e sensata. Potremmo forzare la via a destra dei becchi ma perderebbe di logica, opzione che lasciamo volentieri a ripetitori che vogliano aprire una variante. Dopo qualche minuto di spavento con uscita su fango e piode, vetta (!) e Tazio raddrizzerà il tiro aggiungendo uno spit e passando su tacche asciutte e fatte per essere scalate. Amicizia ed autenticità ancora una volta le keywords di questa ennesima avventura ossolana che non guarda alle prestazioni ma allo spirito, genuinità e passione per queste terra e queste crode.
Lidea è nata in contemporanea, da me e Tazio, parlando al bar. Dopo pochi giorni abbiamo deciso e siamo partiti. La linea è stata salita senza lo studio di foto e senza sapere cosa ci aspettava, ma metro per metro sul posto cercando di puntare ai becchi a destra. La via è stata salita integralmente senza laiuto del trapano a parte uno spit su L9 (l'unico tiro ancora da liberare). Solo in un secondo momento abbiamo aggiunto spit e chiodi su soste e passaggi chiave, utili per dare relativa più tranquillità ed una direzione ai ripetitori. Il tracciato della via segue le linee naturali della roccia senza rinunciare allestetica. Come ovunque nelle pareti della Rossa, accadeva di forzare la linea per pareti più ripide e compatte ma senza che fosse richiesto luso del trapano. Ogni passaggio è stato così valutato col fine di permettere la proteggibilità con friends o stoppers. Ritengo personalmente, opinione condivisa o no e grazie anche ai mezzi di cui oggi disponiamo, che questo sia il modo più bello per interpretare lapertura di itinerari moderni: aprire possibilmente clean ed integrare per gli altri in un secondo momento mettendo soprattutto in sicurezza la via da rocce instabili. La via è stata ripetuta due giorni dopo dal sottoscritto insieme a Willy e Francesco Cecco Vaudo ma manca ancora la libera del passo chiave su L9 che credo cadrà a breve. La via corre a destra del diedro Masciaga, grandissimo arrampicatore locale degli anni70-80 (forte ancora oggi), e parallela alla famosa Nuovo millennio, attacca cento metri a destra e termina dieci metri sempre a destra. Lungo la salita abbiamo trovato qualche sporadico chiodo sulle cenge; probabilmente incrocia qualche itinerario classico e quasi sicuramente anche la Borsetti Bonavia nellultima lunghezza della grotta.
Via In attesa del sarcofago
Punta della Rossa (2888 m.), Alpi Lepontine, parete est, .
Primi salitori: Christian Lepori, Tazio Ferrari, Giovanni Pagnoncelli, 25 luglio 2013
Lunghezza: 420 m., 13 lunghezze
Difficoltà: 6b+ / A1, in media 5c/6a 6b con un tiro di 6b+ ed uno da liberare
Attrezzatura: 10 spit totali di sosta da integrare con protezioni veloci + 6 spit e 2 chiodi lungo i tiri
Sotto una pioviggine altalenante attacchiamo la via già esplorata qualche giorno prima da me e Tazio nei primi due terzi di parete. Al vecchio del gruppo il compito di portare i baldi giovani alla sosta sette in meno di due ore con qualche barba trucco alpinistico evitando i tratti più impegnativi. A Tazio, invece, lonore di attaccare la grande placconata del grande pilastro grigio posto sotto il grande becco della vetta (tutto grande). Tazio ri-scala la stupenda fessura già salita qualche giorno prima ma questa volta rinuncia volentieri alladrenalina del run out su friend; staffa lultima protezione e posiziona un solido spit da 8 millimetri prima del traverso dove abbandonerà gli arnesi. Dalla fine di questo tiro iniziano i dubbi. Dalla sosta parte una fessurina perfetta, a zig zag come una saetta, ripida, molto ripida ma friendabile anche se evidentemente dura e che pare morire nella placca. Io confido: la via, per logica, deve continuare di lì. Ed incito il forte e baldo giovane a provare, al limite gli passeremo il trapano, scenderà e proseguirò io per una via di fuga che ho già individuato a destra. Dopo il passo chiave scalato in artif, la parete perde un po di pendenza ma non così tanta difficoltà. Ciò nonostante, in seguito ad un lungo silenzio di apnee e la corda che avanzava di pochi centimetri alla volta, Tazio ha un tono di voce positivo, batte un chiodo e chiede il trapano per uno spit di passaggio utile ad alleviare lo stress del tiro. E continua ad urlare che tiro!. Quando è il nostro momento ci accorgiamo di aver inventato un vero tiro da falesia in quota, micro tacche, micro fessurine, quasi tutte proteggibili a micro stoppers e micro friends; non ci potevamo credere. Continuo io verso il grande becco, un tetto veramente impressionante sporgente 15-20 metri sotto al quale mi piace immaginare un climber a dorso nudo capace di scalarlo. Ci troviamo in una grotta piastrellata di muschio dalla quale mi sembra di scorgere una via di fuga asciutta e sensata. Potremmo forzare la via a destra dei becchi ma perderebbe di logica, opzione che lasciamo volentieri a ripetitori che vogliano aprire una variante. Dopo qualche minuto di spavento con uscita su fango e piode, vetta (!) e Tazio raddrizzerà il tiro aggiungendo uno spit e passando su tacche asciutte e fatte per essere scalate. Amicizia ed autenticità ancora una volta le keywords di questa ennesima avventura ossolana che non guarda alle prestazioni ma allo spirito, genuinità e passione per queste terra e queste crode.
Lidea è nata in contemporanea, da me e Tazio, parlando al bar. Dopo pochi giorni abbiamo deciso e siamo partiti. La linea è stata salita senza lo studio di foto e senza sapere cosa ci aspettava, ma metro per metro sul posto cercando di puntare ai becchi a destra. La via è stata salita integralmente senza laiuto del trapano a parte uno spit su L9 (l'unico tiro ancora da liberare). Solo in un secondo momento abbiamo aggiunto spit e chiodi su soste e passaggi chiave, utili per dare relativa più tranquillità ed una direzione ai ripetitori. Il tracciato della via segue le linee naturali della roccia senza rinunciare allestetica. Come ovunque nelle pareti della Rossa, accadeva di forzare la linea per pareti più ripide e compatte ma senza che fosse richiesto luso del trapano. Ogni passaggio è stato così valutato col fine di permettere la proteggibilità con friends o stoppers. Ritengo personalmente, opinione condivisa o no e grazie anche ai mezzi di cui oggi disponiamo, che questo sia il modo più bello per interpretare lapertura di itinerari moderni: aprire possibilmente clean ed integrare per gli altri in un secondo momento mettendo soprattutto in sicurezza la via da rocce instabili. La via è stata ripetuta due giorni dopo dal sottoscritto insieme a Willy e Francesco Cecco Vaudo ma manca ancora la libera del passo chiave su L9 che credo cadrà a breve. La via corre a destra del diedro Masciaga, grandissimo arrampicatore locale degli anni70-80 (forte ancora oggi), e parallela alla famosa Nuovo millennio, attacca cento metri a destra e termina dieci metri sempre a destra. Lungo la salita abbiamo trovato qualche sporadico chiodo sulle cenge; probabilmente incrocia qualche itinerario classico e quasi sicuramente anche la Borsetti Bonavia nellultima lunghezza della grotta.
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