Nepal in bilico, report tra Kathmandu e gli 8000
22/04 report di Manuel Lugli da Kathmandu all'Everest, tra alpinismo e situazione politica in Nepal.
In tempi come questi, d'inizio "spedizioni", vere novità alpinistiche dall'Himalaya non ci sono mai. I ritmi sono i soliti, mille volte raccontati e ri-raccontati da tutti gli alpinisti e trekker, (davvero molti) che si sono succeduti lungo le valli che portano alle grandi montagne. La trafila è sempre la stessa: marcia di avvicinamento ai campi base, acclimatamento, ricognizioni, installazione dei vari campi... Un percorso obbligato, quasi monotono, lungo anche, ma necessario per prendere quelle "finestre" di tempo buono per la cima, che ciclicamente si ripresentano sempre nello stesso periodo. Nel frattempo, tra attese e il su e giù per la montagna, la vita continua, anche oltre l'alpinismo. Continua tra la gente dei paesi delle più grandi vette, continua ai campi base, continua mentre il vento impazza sulle vette. E' di questo che ci parla Manuel Lugli nel suo report da Kathmandu e dall'Everest. Ci racconta della vita e degli uomini, di manifestazioni, di scioperi, di proteste giornaliere nelle aree più calde dell'ovest nepalese. Ci parla, insomma, di tutto ciò che sta prima di una vetta, raggiunta o mancata, e che in definitiva occupa la maggior parte del tempo "sospeso" degli alpinisti, e il più della vita "in bilico" del Nepal. NEPAL IN BILICO, report tra Kathmandu e 8000 di Manuel Lugli Kathmandu 22 aprile 2004 Un'atmosfera surreale. È quella tipica degli ultimi anni di Kathmandu, quando gli scioperi o le manifestazioni indette dal partito maoista e dalla Coalizione dei Cinque Partiti, tutti ovviamente anti-governativi ed anti-re, paralizzano la città. Pochissime macchine o pullman in giro, quelli che circolano riportano scritte a grandi lettere che dicono "tourists only". Come a dire: "Ehi, non sparate sul pianista. Sto solo facendo il mio sporco lavoro, ma sono d'accordo con voi. Giusto per non sbagliare. Un'atmosfera surreale di quasi silenzio, quando normalmente è un caos urlante e strombazzante di macchine, moto, van, pullman, tuk-tuk, risciò e piedi umani. Scendiamo dall'aereo già sapendo dei tre giorni di sciopero, ma sapendo anche che l'ottimo Nima di Cho Oyu Trekking in qualche modo ci farà arrivare all'hotel. Il breve trasferimento ci offre una Kathmandu sonnecchiosa, con pochissimi negozi aperti. Nei tre giorni passati in città prima di salire tra le montagne, vediamo diverse manifestazioni e schiere di poliziotti in mimetica "urbana" e fucili. Scontri veri e propri no, quelli solo in televisione, alla sera in hotel. Da quando i maoisti sono usciti nell'ottobre scorso, dopo due anni, dal tavolo delle trattative con il governo, un governo tuttora nominato direttamente da re Gaynendra, senza elezioni e quindi fortemente contestato da quasi tutti i partiti, l'atmosfera è tornata a surriscaldarsi, come testimoniano i gravissimi scontro avvenuti a Beni il mese scorso, nella zona dell'Annapurna, scontri che hanno provocato decine di morti da entrambe le parti e la semi-distruzione del villaggio stesso. Nonostante questa situazione generale, il turismo sembra decisamente più intenso quest'anno. E le cifre riportate all'ingresso del Parco del Sagarmatha, nella valle del Khumbu, lo testimoniano in maniera piuttosto eclatante: nel marzo del 2003 le persone transitate erano state 1806, nel marzo di quest'anno 2696. Un bell'aumento non c'è che dire. Anche se il dubbio che questa differenza venga più che altro da uno "spostamento" di turisti da zone più calde - Dolpo, Annapurna, l'ovest in genere - alla quieta, protetta ed iper controllata valle del Khumbu, è molto forte. In effetti, salendo verso il campo base dell'Everest, il numero di trekkers ed alpinisti incontrati è decisamente più alto dello scorso anno, nonostante quello fosse stato l'anno del Golden Jubilee. Tanti inglesi e americani (con l'aria che tira per entrambi in giro per il mondo, meglio non rischiare zone troppo "mosse"), israeliani, tedeschi, spagnoli, qualche francese, pochi italiani come al solito. E nei lodge, nelle tea houses, nei negozi, grandi sorrisi locali, tutti a dire "Eh si, quest'anno sì che si ragiona..." Tutto esaurito, a volte tocca dormire sulle panche delle dining rooms, come fanno i portatori. È la dura legge del trek... Ma se nel Khumbu si ride, nel resto del paese si piange o si resta comunque molto seri. La percentuale dei passaggi di frontiera tra Nepal e India è aumentata esponenzialmente dopo la ripresa degli scontri, inclusi quelli che portano le giovani ragazze o addirittura le bimbe nepalesi verso i bordelli indiani. Moltissimi nepalesi dei villaggi di montagna, soprattutto della parte ovest del paese, se ne vanno negli emirati arabi, per cercar fortuna e per sfuggire gli arruolamenti forzati dei maoisti. Contratti di lavoro di tre-quattro anni per mandare qualche soldo a casa e magari non tornare mai più. Così restano i vecchi, le donne ed i bambini, in balia della polizia di giorno e dei maoisti di notte. Le istanze fondamentali del partito maoista - redistribuzione della ricchezza che viene dal turismo anche nelle zone meno fortunate, lotta alla corruzione, incremento dell'istruzione e della sanità - basilari e legittime sulla carta vengono poi irrimediabilmente inquinate dalle azioni violente di guerriglia, spesso condotte da capi che poco hanno a che fare con la rivoluzione e molto col banditismo più volgare. Dalla parte opposta la secolare e caparbia difesa dei privilegi di casta di una famiglia reale interessata solo al proprio status e di una classe politica corrotta e manovrata dal re non fa che costruire un muro sempre più alto, con risvolti futuri dagli esiti molto incerti. In tutto questo quadro variegato c'è l'alpinismo e gli alpinisti che, per ora, come i trekkers, negli incontri con i maoisti (ma non nella Valle del Khumbu), si sono visti solo alleggerire un poco il portafoglio. Sono tanti anche quest'anno: al campo base dell'Everest Sud 17 spedizioni, 5 al Lhotse ed il resto all'Everest Nord. Inutile e noioso elencarle tutte. Tra quelle degne di nota è doveroso citare spedizione al Lhotse dei tarvisiani Nives Meroi, Romano Benet, Luca Vuerich, Alex Di Lenardo, Walter Stroppolo e Marina Vuerich, affiancati dallo scrittore-alpinista Erri De Luca al suo esordio nel mondo dell'alta quota. I primi tre, con un trasferimento diretto dal Nepal al Pakistan, saranno poi impegnati a giugno nel tentativo di salita del K2. Questo avverrà nell'ambito della laocoontica spedizione al K2 per il 50 anniversario della prima salita, ma, per loro fortuna, sull'estremamente più "solitario" versante nord, dove nel 1994 Meroi e Benet avevano già raggiunto la quota di 8.450 metri percorrendo una via parzialmente nuova. Segnaliamo poi la presenza, al CB sud, di un team di Discovery Channel al lavoro per un documentario sull'Everest e di Dave Breashars col team Imax che dovrebbe realizzare - secondo Radio Campo Base - gli esterni di un film-fiction sui fatti Everest 1996 (n'altra volta, come direbbe De Luca). È presente un regista, pezzo grosso della Universal Studios. Ma quando si sussurra che tra i protagonisti possa addirittura esserci Nicole Kidman, è un attimo: tutti a farsi la doccia, a deodorarsi le ascelle, lisciare la cresta e lavarsi i denti. Ma... che cazzo avete capito?. La signora Kidman - che Dio la benedica - se mai sarà lei la protagonista, verrà inserita poi, con le mirabolanti tecniche digitali del momento. Ah ecco, pareva bene. E tutti di nuovo a mangiare acciughe, rutti e scoregge a commento. Per il resto le solite storie di fatiche, bronchiti e settimane ad aspettare il momento giusto, con un pò più di caldo rispetto l'anno scorso, ma la solita roulette sull'Icefall e poi più su, lungo le tavole ghiacciate della montagna più alta del mondo. Anche da Nord non si segnalano particolari eclatanti se non per la presenza degli alpinisti italiani del ben noto progetto Everest-K2. Alpinisti e scienziati a ri-ri-ri-rimisurare l'altezza dell'Everest - e successivamente quella del K2. Montagne che si sono evolute attraverso ere di milioni di anni che vengono misurate ogni cinque-dieci anni: di quanto saranno calate o cresciute? C'è qualcosa che mi sfugge nell'importanza di tutto ciò, ma mi guardo bene dal farlo sapere. Passerei certamente per ignorante o quantomeno sospettoso. Preferisco citare Fausto De Stefani, a Kathmandu solo per pochi giorni per controllare lo stato della "sua" scuola di Kirthipur, che fa studiare oltre 600 studenti, dalla prima classe alla decima e per avviare un nuovo progetto di formazione-lavoro post-scolastico. Preferisco citare le altre facce incontrate durante il cammino, più o meno note. Da Enzio Seppi, al lavoro a Panboche per migliorie alla Scuola, a Juanito Oyarzabal appena sceso con altri amici baschi dall'Ama Dablam, veloce e silenzioso. Da Christian Kuntner e Stefan Andres diretti al Lhotse alla basca Edurne Pasaban - sei ottomila al suo attivo - qui solo in trekking. Edurne è in attesa di andare a tentare il K2 con la spedizione di "Al Filo de lo Imposible", la fortunatissima trasmissione spagnola che si occupa di montagna ed esplorazione ed ha in Spagna lo stesso successo che da noi ha Gerri Scotti (sic!). Unicuique suum, direbbero i latini. Preferisco, infine, citare l'amico Erri De Luca che scrive ed appunta ogni sera le sue idee sul suo taccuino e che si gode le giornate per quello che sono, belle o brutte, nevose od assolate. Senza pretese di misurare nulla, se non se stesso. di Manuel Lugli |
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