Myar valley 2004, mini spedizione nell'himalaya indiano
La piccola spedizione nell'Himalaya indiano di Roberto Iannilli, Mimmo Perri e Pietro Rago: 3 vie nuove.
Piccole spedizioni cercasi... ovvero: piccolo è più flessibile e (forse) più bello. E il caso della mini spedizione alla Miyar valley (Himalaya indiano) di Roberto Iannilli, Mimmo Perri e Pietro Rago, dello scorso agosto. I tre, partiti con lintenzione di tentare una grande big wall di 1000m su una cima inviolata (già tentata dallo stesso Robero Iannilli con Marco Marciano, Giovanni Rivolta e Moritz Tirler nel 2003), hanno dovuto rinunciare al loro obiettivo per le pessime condizioni della parete a cui si è aggiunta le defezione per problemi fisici di Pietro Rago. Fatta di necessità virtù, Iannilli e Perri hanno optato per unaltra montagna, di circa 5400m di quota, del circo glaciale della Myar valley. Il risultato sono state tre vie nuove. La prima, Mustang Cafè (1500m - max 6c), raggiunge la vetta dellIris Peak, nome proposto da Iannilli e Perri per linnominata montagna. Mentre Prot-Hause (740m - max. 7a+) salita in solitaria da Iannilli e Shin-nak (590m - max 6b) salita da Iannilli e Perri insieme a Margot Arpin e Aurelie Delage (due alpiniste francesi conosciute al CB) salgono allanticima dellIris Peak. Miyar 2004 di Roberto Iannille "La spedizione, partita il 27 luglio dallaereoporto di Roma e composta da me, Pietro Rago e Mimmo Perri, ha avuto, fin dallinizio molti problemi, a cominciare dal ritardo di tutti i bagagli, che ci ha costretto a tre stressanti giorni di attesa a Delhi. Poi le torrenziali piogge hanno interrotto in vari punti la strada per il Rothan Pass a 4000 metri, che porta alla Miyar valley, costringendoci a reclutare 13 portatori e fare il tratto a piedi, confidando di trovare dei mezzi dallaltra parte, per poter continuare il viaggio. Il trekking di avvicinamento è stato sempre accompagnato dalla pioggia, con difficoltà per superare i torrenti in piena. Arrivati al campo base, a quota 4000, la parete del nostro progetto era in condizioni penose, coperta di neve e ghiaccio. Questa situazione, accompagnata dal ricordo della precedente spedizione, funestata dal brutto tempo, già fiaccava le nostre motivazioni, precipitate con lincidente di Pietro, che subiva un grave riacutizzarsi di un infortunio alle vertebre, costringendolo a rinunciare alla salita. Ridotti in due si è deciso di cambiare obiettivo e si è scelta una montagna, anchessa mai raggiunta alla vetta, 600 metri più bassa di quota e con meno problemi logistici. Attrezzato il campo avanzato a quota 4650, abbiamo atteso che le condizioni climatiche permettessero la scalata. La parete che volevamo scalare è esposta ad ovest e si presenta con un grande avancorpo di solido granito, sormontato da una grande cengia che porta al tratto finale, costituito dalla cuspide della vetta. Due anni fa, una forte cordata slovacca (Igor Koller, Ivan Stefansky, Dodo Kopold) hanno salito uno sperone per la parete nord, denominandolo Castle Peak, per una durissima via di artificiale. Il 5 agosto attacchiamo la parete e saliamo una via che porta fino al cengione: 480 metri di fessure, con difficoltà contenute, fino al VI. Come assaggio è ottimo, ci caliamo in doppia. Dopo un poco di giorni di tempo instabile, il 9 attacchiamo la parete per una linea più diretta e che presenta difficoltà superiori. Puntiamo tutto sulla leggerezza e contiamo di farcela in giornata. Superiamo la parete dellavancorpo e arriviamo al cengione, di li proseguiamo di conserva per un tratto, dopo altri due tiri di corda ed un altro tratto di conserva, iniziamo a scalare il tratto finale della parete, la piramide di roccia che porta alla vetta. Dopo qualche tiro il tempo peggiora ed inizia a nevischiare, sono circa le 18 e decidiamo che è meglio scendere. Una doppia si incastra e sono costretto a risalirla tutta, ma la corda è ormai zuppa e mi bagno le braccia fino alle ascelle. La pioggia continua e scendiamo a tentoni al buio, fino a perdere la strada ed essere costretti a bivaccare ad oltre 5000 metri, senza sacchi né possibilità di mettere abiti asciutti, senza cibo né acqua, per fortuna ha smesso di piovere. La notte passa a cercare di riscaldarci e allalba, tutti intirizziti, scopriamo che eravamo a solo 50 metri dalla doppia. Scendiamo direttamente fino al campo base. Dopo un giorno di riposo ed altri di attesa del tempo buono, ci riproviamo il 12, saliamo solo il tratto basso della via e bivacchiamo sul cengione, sta volta però abbiamo il sacco a pelo. La mattina attacchiamo allalba e alle 12 di venerdì 13 agosto siamo in vetta, dopo una via di quasi 1500 metri di sviluppo, compreso il tratto di conserva, con 18 tiri di corda e difficoltà fino al 6C. Il panorama è bellissimo e vediamo la parete del progetto originario, torreggiare beffarda su tutte le altre montagne. Scendiamo in doppia per la stessa via di salita. Decidiamo di intitolare la montagna a Iris, la compagna di Pietro, recentemente scomparsa. LIris Peak è alto circa 5400 metri e la nostra via avrà il nome di Mustang Cafè e sarà dedicata a Ezio Bartolomei, mio compagno di scalata da sempre, scomparso lanno passato e che doveva essere dei nostri in questa spedizione. Il tempo sembra restare buono ed il 19 attacco una via in solitaria, per una linea di fessure rovesce che portano al cengione, da dove salgo slegato il facile tratto finale, fino alla vetta di unanticima della montagna, che chiamo Devids62 Nose (circa 5000 metri di altezza). Ne esce una via impegnativa con tiri fino al 7A+, per uno sviluppo di 740 metri, compreso il tratto di roccette, su 13 tiri di corda, il nome della via è Prot-Hause (la tendina del campo avanzato). Ci raggiunge una spedizione di francesi, due ragazze in attesa di una terza: Aurelie Delage e Margot Arpin, di 22 e 23 anni. Con loro ci uniamo in una cordata a quattro e saliamo unaltra via nuova che porta al Davids62 Nose, superando la compatta e verticale parete terminale del Nose, per una linea di bellissime fessure. La via viene salita a comando alternato tra me e Aurelie. La nuova linea ha uno sviluppo di 590 metri, su 13 tiri, con difficoltà fino al 6B, il nome è Shin-nak (Caccole al Naso in indi). Su tutte le vie sono state usate protezioni tradizionali, usati solo due spit di protezione su un tiro di placca della via alla vetta." Si ringrazia per la collaborazione il negozio il Rifugio di Roma. di Roberto Iannilli |
| |||||||||||||
Ultime news
Vedi tutte le ultime news
Expo / News
Expo / Prodotti
Imbragatura molto comoda e leggera, ideale per l’arrampicata su roccia a tutti i livelli.
Scarpone ultraleggero, veloce per alpinismo tecnico.
Kilo è lo scarpone dedicato agli scialpinisti più esigenti, pensato e sviluppato per garantire la massima leggerezza in salita senza rinunciare alla performance in discesa.
Un nuovo standard di calzatura polivalente per alpinismo tecnico e veloce, escursionismo impegnativo e vie ferrate.
Zaino da arrampicata in falesia con pannello superiore e posteriore, facile accesso allo scomparto principale e tante funzioni interessanti.
Casco polivalente e ventilato per l’alpinismo, le cascate di ghiaccio, l’arrampicata, il canyoning e le vie ferrate.