Monte Miletto e la nuova via Run to the Hills
Riccardo Quaranta presenta Run to the Hills, una nuova via sull'anticima di Monte Miletto, gruppo dei Monti del Matese, salita assieme a Francesco Palmiero il 10/03/2015.
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Durante la prima salita di Run to the hills, Monte Miletto, Monti del Matese (Riccardo Quaranta, Francesco Palmiero, 10/03/2015)
Riccardo Quaranta
Inverno particolare quello di quest'anno, anche per l'Appennino iniziato con diverse settimane di ritardo. La neve e i il freddo si sono fatti attendere, facendo la loro prima vera comparsa non prima di metà gennaio. Per poi ritrovarci a Marzo, qui in Molise, a detenere il record per la nevicata del secolo, più di 200 cm caduti in meno di 20 ore. Stagioni strane...
Nonostante le altalenanti temperature, le precipitazioni inaspettate, il mio occhio non ha mai smesso di osservare le condizioni delle pareti di casa, che per me sono quelle del gruppo del Matese, versante molisano. Il Miletto con tutti i suoi "satelliti". Il regno della galaverna, del ghiaccio-non ghiaccio, della neve pressa quando si ha fortuna, di quella trasformata al punto giusto da rendere una salita piacevole e non un viaggio allucinante nell'effimero. In tanti hanno paragonato le salite in questo gruppo a quelle del Ben Nevis: il sapore, le atmosfere (in primis l'immancabile nebbia), il vento e le incrostazioni di neve ghiacciata, tutto riporta alla Scozia. Allora devi scegliere, giocare o non giocare, abbandonare le certezze e vivere un viaggio psico-fisico, accettare il rischio di trovarti davanti a situazioni uniche che richiedono soluzioni uniche, non so se più di fantasia o più di fegato.
Con queste premesse nasce Run to the hills, la voglia da parte mia di andare a mettere mano ad un diedro di quelli scozzesi, sull'anticima di M. Miletto. Una linea osservata, anche questa, tantissime volte dagli impianti di risalita; una linea netta, ben marcata e tanto invitante. "Ma se non circolano relazioni su quella linea ci sarà un perché.. se tutti sono andati o a sinistra o a destra un motivo ci sarà" mi ripetevo. Tuttavia la curiosità mi accompagna dalla nascita, mettere il naso dove c'è qualcosa di non descritto, di non riportato nei racconti, qualcosa che è inevitabilmente attraente per me. "Francesco che dici? Andiamo?" La cordata è subito composta... "Ric, ma le condizioni?" "Domenica in basso non erano male, ma lo scopriremo arrivando sotto la parete"
Il giorno seguente un avvicinamento che non dimenticheremo mai... nonostante -1 °C al piazzale di Campitello Matese, un caldo atroce risalendo la pista dell'Anfiteatro... un caldo che mi ha fatto tornare in mente la scena de "Il buono, il brutto e il cattivo" di Sergio Leone, la scena del deserto. Più morti disidratati che stanchi arriviamo alla base; il Pandoro è tutto gocciolante, complice la trappola termica della nebbia, che si alterna ad un sole primaverile. Meglio restare all'ombra, meglio andare a mettere mano a quel famoso diedro, più a sx sull'Anticima.
Il rito dei preparativi, Francesco da secondo porterà il trapano per sostituire le mie soste con soste a fix attrezzate per le doppie. Io salirò in assetto più leggero, meglio lasciarsi del margine. A parte la prima decina di metri, in cui la neve trasformata in alpine ice ci ha fatto davvero sognare, per il resto della salita è emerso lo scottish-side di quella montagna: tutto tranne che alpine ice, se non in qualche remoto angolo e anfratto.
La linea attacca in comune con "Mat Gully", per poi proseguire a goccia nell'evidente diedro-rampa. Questo ha rappresentato il tiro chiave, 80° costanti con tratti a 90° su neve cartonata, farinosa, incrostazioni, ciuffi d'erba, provvidenziali incastri, sulla roccia del lato destro, a venire in soccorso ai piedi in appoggio sull'effimero.
Anche l'uscita su neve non poteva essere banale... fittoni praticamente inutili nonostante le pendenze non fossero da sottovalutare, con i piedi che calciavano sempre su una roba più simile al cartone che alla neve trasformata. Una preghiera ad ogni passo, in pratica. Ma, dopo tutto, la cima, quel ripetitore radio dei VV.FF. raggiunto tante volete, i complimenti al mio compagno che ha condiviso questo piccolo grande viaggio, facendo alla grande il suo dovere. Ancora emozioni, ancora vita.
Nonostante le altalenanti temperature, le precipitazioni inaspettate, il mio occhio non ha mai smesso di osservare le condizioni delle pareti di casa, che per me sono quelle del gruppo del Matese, versante molisano. Il Miletto con tutti i suoi "satelliti". Il regno della galaverna, del ghiaccio-non ghiaccio, della neve pressa quando si ha fortuna, di quella trasformata al punto giusto da rendere una salita piacevole e non un viaggio allucinante nell'effimero. In tanti hanno paragonato le salite in questo gruppo a quelle del Ben Nevis: il sapore, le atmosfere (in primis l'immancabile nebbia), il vento e le incrostazioni di neve ghiacciata, tutto riporta alla Scozia. Allora devi scegliere, giocare o non giocare, abbandonare le certezze e vivere un viaggio psico-fisico, accettare il rischio di trovarti davanti a situazioni uniche che richiedono soluzioni uniche, non so se più di fantasia o più di fegato.
Con queste premesse nasce Run to the hills, la voglia da parte mia di andare a mettere mano ad un diedro di quelli scozzesi, sull'anticima di M. Miletto. Una linea osservata, anche questa, tantissime volte dagli impianti di risalita; una linea netta, ben marcata e tanto invitante. "Ma se non circolano relazioni su quella linea ci sarà un perché.. se tutti sono andati o a sinistra o a destra un motivo ci sarà" mi ripetevo. Tuttavia la curiosità mi accompagna dalla nascita, mettere il naso dove c'è qualcosa di non descritto, di non riportato nei racconti, qualcosa che è inevitabilmente attraente per me. "Francesco che dici? Andiamo?" La cordata è subito composta... "Ric, ma le condizioni?" "Domenica in basso non erano male, ma lo scopriremo arrivando sotto la parete"
Il giorno seguente un avvicinamento che non dimenticheremo mai... nonostante -1 °C al piazzale di Campitello Matese, un caldo atroce risalendo la pista dell'Anfiteatro... un caldo che mi ha fatto tornare in mente la scena de "Il buono, il brutto e il cattivo" di Sergio Leone, la scena del deserto. Più morti disidratati che stanchi arriviamo alla base; il Pandoro è tutto gocciolante, complice la trappola termica della nebbia, che si alterna ad un sole primaverile. Meglio restare all'ombra, meglio andare a mettere mano a quel famoso diedro, più a sx sull'Anticima.
Il rito dei preparativi, Francesco da secondo porterà il trapano per sostituire le mie soste con soste a fix attrezzate per le doppie. Io salirò in assetto più leggero, meglio lasciarsi del margine. A parte la prima decina di metri, in cui la neve trasformata in alpine ice ci ha fatto davvero sognare, per il resto della salita è emerso lo scottish-side di quella montagna: tutto tranne che alpine ice, se non in qualche remoto angolo e anfratto.
La linea attacca in comune con "Mat Gully", per poi proseguire a goccia nell'evidente diedro-rampa. Questo ha rappresentato il tiro chiave, 80° costanti con tratti a 90° su neve cartonata, farinosa, incrostazioni, ciuffi d'erba, provvidenziali incastri, sulla roccia del lato destro, a venire in soccorso ai piedi in appoggio sull'effimero.
Anche l'uscita su neve non poteva essere banale... fittoni praticamente inutili nonostante le pendenze non fossero da sottovalutare, con i piedi che calciavano sempre su una roba più simile al cartone che alla neve trasformata. Una preghiera ad ogni passo, in pratica. Ma, dopo tutto, la cima, quel ripetitore radio dei VV.FF. raggiunto tante volete, i complimenti al mio compagno che ha condiviso questo piccolo grande viaggio, facendo alla grande il suo dovere. Ancora emozioni, ancora vita.
di Riccardo Quaranta
A.Guida Alpina
Si ringrazia Campo Base Outdoor Equipment Roma per il supporto tecnico.
SCHEDA: Run to the Hills, Monte Miletto, Monti del Matese
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