Monte Disgrazia, oltre l'orizzonte. Di Ivo Ferrari
"Vai Ivo, è veramente bella!" Parole semplici, lettere chiare, quelle che Teo in cima alla Grignetta mi aveva detto un anno fa! Ora Matteo non c’è più. Il destino, o come si chiama, se l’è portato via insieme ad un suo Amico la scorsa primavera, ma le sue parole, la sua voglia di Montagna rimangono nella mia testa con quella semplice frase "veramente bella!".
Esco dalla macchina giusto in tempo per non vomitare, la testa mi gira, tutte quelle curve nel buio della notte hanno fatto il solito strano effetto! Fa freddo, ma non freddissimo. Indosso rapidamente scarponi, guanti e zaino ed in compagnia di Dario mi avvio verso il giorno, verso il sole a Sud, verso il Monte Disgrazia. Nessuna macchina nell’ampio parcheggio, silenzio...
Dario parte spedito, ma lui non è mai stanco: cammina e scala come una macchina a pieni regimi, sempre! Io invece più mi alleno, mi preparo, più fatico e sbuffo. A testa bassa lo seguo in lontananza.
Il giorno ci sorprende al Rifugio Ponti, chiuso vista la stagione ovviamente! Il Disgrazia sembra talmente vicino da essere veramente lontano: sassi, pietre, neve trasformata da queste meravigliose giornate autunnali, dura per non sprofondarci, dura per piantarci gli attrezzi. La linea è evidente. Anni fa percorsi da solo la variante aperta da Bregani e Vanelli nel 1955 alla Diretta Sud: una deviazione impegnativa su roccia verticale, ora siamo qui per l’originale linea salita da C. Klucker e compagni nel lontanissimo (tanto di cappello) 1897! Matteo mi aveva parlato di passaggi su roccia di 3° grado e su ghiaccio fino a 80 gradi. La curiosità è tanta, mentre saliamo il pendio iniziale mi accorgo che non solo il parcheggio è vuoto, ma sull’intera montagna non c’è nessuno: siamo "padroni" per un giorno.
Una bella pietra di dimensioni ragguardevoli mi passa poco distante, il sole inizia il suo lavoro... fatico non poco a "tentare" di stare dietro a Dario, ma mi conosco e non posso forzare. Dopo aver imboccato il canale sbagliato correggiamo tempestivamente l’errore e una serie di muri ghiacciati inframmezzati da salti rocciosi ci alzano sempre più.
Cima, ora siamo fuori, ora dobbiamo solo fermarci a guardare l’orizzonte, a scrutare altre creste, spigoli e pareti, mi allontano pochi passi da Dario, senza farmi notare alzo gli occhi al cielo e, sorrido.
Grazie Matteo per le tue semplici parole, grazie da tutte queste montagne che amavi tanto.