Markus Pucher e la solitaria della via dei Ragni su Cerro Torre
Ci sono una miriadi di dettagli della salita di Pucher da raccontare, come il fatto che la salita si è materializzato quasi per caso, quando il suo compagno Markus Steiner si era sentito male alla base di quello che doveva essere un tentativo di aprire una nuova via sulla Parete Ovest del Cerro Torre. La solitaria come “ripiego” quindi… una salita nella quale Pucher ha portato con sé solo una corda ed una vite da ghiaccio! poi, durante la discesa, Pucher ha persino prestato una delle due piccozze ad un altro alpinista in salita che aveva perso il suo attrezzo.
Per completezza bisogna aggiungere che Pucher aveva già salito la Via dei Ragni un anno fa, quindi non era un viaggio verso l’ignoto, bisogna anche dire che questa “course” è avvenuta in un anno davvero stellare sia per la Patagonia ma soprattutto per la celebre Via dei Ragni che, nei mesi di dicembre e gennaio, ha visto un’altissima affluenza, un numero record di salite. Quindi oltre alla traccia già fatta, bisogna anche menzionare il fatto che sulla montagna, sulla stessa via ma più in basso, c’erano anche altre cordate. Ma queste, se ci pensate bene, sono precisazioni che non tolgono nulla a quei momenti in cui l’esposizione e il vuoto erano totali, anche perché la qualità del ghiaccio sul fungo sommitale lasciava davvero desiderare...
Markus, quest’anno la via dei Ragni è stata ripetuta molto volte.
Si, è vero, quest’anno la via è stata salita molte volte, il tempo e le condizioni spesso sono state molto buone.
Com'era la via rispetto a come l’avevi trovata l’anno scorso?
Direi che le condizioni erano molto simili.
Quanto ti sei sentito solo durante la solitaria?
Dal Col della Speranza in su sono stato sempre da solo, mentre dietro di me c’erano tre cordate. Allora sono stato da solo su tutta la via! Durante la discesa ho incrociato velocemente le tre cordate sopra l'Elmo. La presenza degli altri non mi ha dato nulla e non mi ha neanche dato fastidio.
5 ore è 40' una salita dannatamente veloce.
Una salita veloce ma credo, anzi, so che se l’idea fosse di salire in velocità, posso sicuramente essere molto più veloce. Sono salito rapidamente e senza fare pause, da qui le 3 ore e 15 minuti dal bivacco posto 150 metri sotto il Col della Speranza, e le 5 ore 40 minuti in totale, per la salita e la discesa dal mio bivacco.
Com’era il ghiaccio?
Il ghiaccio non era molto buono, ma neanche molto marcio. C’erano già alcuni agganci ma molti non andavano bene perché questo ghiaccio si rompe facilmente.
Raccontaci invece qualcosa della discesa
La discesa è in corda doppia, con doppie da 30 metri, ma sono anche sceso molto arrampicando! Ho fatto alcune Abalakov nel ghiaccio e ne ho trovate alcune già fatte da altri. Alla fine poi avevo soltanto una piccozza perché una delle mie l'avevo prestata al canadese che aveva perso la sua.
La cosa più difficile?
Sicuramente una lunghezza nella sezione di misto, attorno all' M6, e l’ultimo tiro che porta in cima, molto ripido, con ghiaccio brutto e quel traverso all’inizio.
E tutto in libera?
Si tutta la via in libera. E non mi sono mai autoassicurato.
Allora quanto hai rischiato?
La domanda è buona, quanto si rischia durante una salita free solo, senza protezioni in cima al Cerro Torre. Io mi sono sempre sentito sicuro e non ho mai avuto la sensazione di essere al mio limite.
VIA DEI RAGNI IN SOLITARIA di Markus Pucher
E’ sabato 12 gennaio 2013, il clima è ottimo e anche le previsioni per i prossimi quattro giorni sono molto buone. Markus ed io stiamo salendo, con l'obiettivo di aprire una nuova via sulla parete ovest del Cerro Torre. Saliamo con i nostri zaini da 25 chili verso la montagna dei nostri sogni. Non avevamo ancora pensato ad un nome per la nuova via… poi però tutto si sarebbe sviluppato in maniera diversa.
Arrivati al campo base, chiamato anche Niponino, ci mettiamo comodi per il nostro primo bivacco. Naturalmente abbiamo tutto il necessario, e anche le cose che non sono strettamente necessarie. Alle tre di notte suona la sveglia, senza la quale non ci saremmo mai svegliati - era così bello e caldo stare nei nostri sacchi a pelo... Ma non c’è niente da fare: prepariamo gli zaini e partiamo! Seguiamo la luce delle nostre lampadine frontali e dopo poco raggiungiamo il ghiacciaio che porta al Colle Standhart - gradualmente comincia anche ad albeggiare. Oggi è domenica, una splendida domenica! Il sole sorge e davanti a noi sta il Cerro Torre, rosso infuocato, ci ruba il fiato!
Il terreno che porta al Colle Standhart è piuttosto ripido e con molti crepacci, ma da qui, per raggiungere la parete Ovest, bisogna salire 1100m e poi scendere altri 700m sul versante opposto. Ed è qui poi che ci troviamo, sul lato ovest, nella terra di nessuno! Uno sguardo verso l’alto: 1000 metri di ripido ghiacciaio fino al Col de la Esperanza, la sella della buona speranza. All'improvviso Markus mi dice: "Credo di non poter continuare, mi sento male, qualcosa non va bene." Faccio finta di non aver sentito niente, guardo in su, dove il grande fungo di ghiaccio scintilla al sole. Una sensazione strana, un misto di delusione, rabbia, paura, ma anche comprensione mi attraversa quando guardo Markus in faccia. E' il mio migliore amico, non abbiamo bisogno di molte parole. Ci sediamo lì, tranquilli, senza dirci niente.
Dopo circa mezz'ora l’abbiamo capito: io sarei andato da solo sul Cerro Torre e Markus avrebbe aspettato il mio ritorno. Subito ho preso l'essenziale e ho iniziato a salire verso il Col della Speranza, 1000 metri di neve fresca sotto il sole cocente. Dopo circa 100 metri mi guardo indietro e dico a Marco: "Ehi Steiner, domani, alla stessa ora, sarò tornato! Non fartela sotto e nel frattempo vai in cerca di pietre." Markus è un appassionato di cristalli, mi ha sorriso e scuotendo la testa ha esclamato: "Stai attento tu a non fartela stoo, vecchio pazzo che non sei altro!"
Salendo verso il colle ho raggiunto due alpinisti canadesi che avevamo conosciuto a El Chalten pochi giorni fa - David e Carl - ragazzi molto divertenti, soprattutto Carl è uno con il quale puoi scherzare tutto il giorno, incredibile. Alle 16 circa arrivo al mio bivacco, 150 metri sotto il colle. Il sole picchia senza pietà, naturalmente ho dimenticato la mia crema solare ma Carl è gentile e mi aiuta - in compenso devo subire qualche battuta a mie spese, ma poco importa.
Dopo un po’ scendono dal Colle alcuni alpinisti che erano partiti il giorno prima, tra loro due amici - Isidor e Vito dal Tirolo. Avevano raggiunto la vetta ed erano rimasti molto soddisfatti. Gli ho spiegato perché salivo da solo e ho chiesto informazioni sulle condizioni della via. Mi hanno augurato buona fortuna e ci siamo detti che avremmo bevuto una birra assieme a El Chalten. La via che volevo salire il giorno successiva era la Via dei Ragni, 600 metri dal Colle della Speranza fino in cima, ghiaccio fino a 95° e misto fino a M5.
Allora ero seduto nel bivacco, tutto da solo – no, non ero solo, c'erano Carl, David e altri due, ma mi sentivo che ero da solo. E' stata una sensazione molto strana: uno chiedeva all’altro quando pensava di partire, e quello chiedeva all’altro e così via… questo gioco piuttosto fastidioso è continuato a lungo. A me nessuno ha chiesto niente. Probabilmente avevano visto quello che avevo attaccato al mio imbrago! Alla fine hanno deciso per le 2 di notte, un’ora giusta pensavo. Velocemente ho mangiato la minestra, ho bevuto qualcosa, ho fatto la pipì e mi sono infilato nel sacco a pelo. Ho acceso l’Ipod e chiuso gli occhi.
"...Tutto quello che faccio, ieri, domani, e qui, è nient’altro che la strada che mi porta da te…"
… Accidenti, ho dormito troppo? Luci ovunque, rumori e stress, un veloce sguardo all'orologio, grazie a Dio, soltanto l’una… le cordate volevano imbrogliarsi a vicenda e partire un’ora in anticipo. Non m’interessava, mi sono alzato con calma e ho mangiato il mio muesli, sì, avevo davvero del musei con me e ho mangiato con calma mentre osservavo le luci scomparire lentamente nel buio.
Rimani calmo, calmo, mi sentivo forte quel 14 gennaio, molto forte!
Il gioco era cominciato: ho montato la lampadina frontale, indossato il casco, messo la giacca e l’imbrago e verificato l’attrezzatura: 1 vite da ghiaccio, 3 cordini, 3 moschettoni e il mio discensore. Ho allacciato i ramponi, controllato se andavano bene, legato la mezza corda da 60m sulla schiena, attaccato la borraccia sull’imbrago, preso le picche in mano, e sono partito! Mi sentivo quasi senza peso, sentivo la mia libertà!
In poco tempo raggiungo la prima cordata, poi la seconda, poi la terza. Circa 80 metri sopra il Colle sono nuovamente da solo... solo con il Cerro Torre e la notte... era tranquilla, soltanto il vento mi sussurrava qualcosa nell’orecchio, era meraviglioso! Lì su mi sentivo al mio agio e sapevo che era questo il mio posto. Arrampicavo velocemente e dopo un'ora ero già sui tiri di misto oltre l'Elmo.
Sono salito un po' troppo a destra e l' M5 si è subito trasformato in un bel M6 o forse anche di più, ma tornare indietro e cercare un’altra strada non mi andava… Apri gli occhi e vai… e una sezione molto ripida, intervallata da alcune lingue di ghiaccio, mi ha portato direttamente alla headwall. La headwall è una parete verticale di ghiaccio che man mano che guadagni altezza diventa sempre più ripida. Non ho esitato e subito l'ho salita. Questa parte della via è molto esposta e lì, per la prima volta, ho sentito che esiste qualcosa che si chiama gravità.
OK, ho pensato... concentrati... respira, tranquillo... scrollo le mani nuovamente… sali bene... a tutti costi non far cadere la piccozza, perché non ho le dragonne, sangue freddo… e avanti così. Naturalmente queste cose fanno riflettere, ma ho pensato che ci sarei riuscito, sì, potevo farlo, allora fallo – adesso! Più tardi, su un tratto più facile dopo la headwall, sapevo che se ero riuscito a salire fino a lì, allora sarei riuscito a salire anche tutto il resto!
Ma il resto era roba seria, proprio alla fine mi attendeva la parte più difficile: l’ultimo tiro in cima, una lunghezza di ben 50 metri, verticale, a volte leggermente strapiombante. All’inizio bisogna traversare 15m verso destra – e questo è stato davvero non molto bello, perché sotto questo traverso c’erano 1000m di vuoto e il ghiaccio si rompeva, non era di buona qualità. Ho tolto tutto quello che non mi serviva dal mio imbrago – ho ancorato la mia borraccia ad una clessidra fatta da una precedente cordata e sono partito.
Ha iniziato lentamente ad albeggiare e l'abisso sotto di me diventava sempre più grande e più profondo. Il ghiaccio del Cerro Torre non è come quello che si conosce solitamente, no, è un strano misto di neve e aria, il che rende tutto molto instabile. Ciascuno può probabilmente ben immaginare come ci si sente ad arrampicare lassù, senza corda, con le dita congelate, guadagnando metro dopo metro per raggiungere la cima. E sì, so perfettamente perché IO lo faccio... mi è permesso di sentire e vivere un assoluto senso di libertà e di essere vivo.
E' lunedì, il 14 gennaio 2013, sono le 5,15 del mattino, sono in cima al Cerro Torre, il sole sorge lentamente, il vento mi frusta il viso e sono felice.
L’avevo fatto, ero riuscito a salire in free solo su questa enorme montagna, su questa montagna dei miei sogni! Incredibile, davvero era così, sicuramente non era un sogno. Sono rimasto fermo per qualche minuto e ho ringraziato il Cerro Torre, poi ho iniziato la discesa, volevo tornare il prima possibile da Markus che sicuramente mi stava pensando ed aspettando.
Durante la discesa ho ovviamente incontrato Carl e David, erano sul tratto di misto sopra l' Elmo (a proposito l' Elmo è quell’enorme fungo di ghiaccio che bisogna superare mentre si sale la via) e David mi ha chiesto: "Markus, mi puoi prestare la tua piccozza?" Effettivamente aveva perso una piccozza 10 minuti prima… Ho pensato brevemente se avrei avuto bisogno di entrambe le picche per la discesa, poi mi sono detto che in qualche maniera ci sarei riuscito con una soltanto. Al contentissimo David ho detto di riportare mia “bimba” a casa, a El Chalten. Si è messo a ridere e mi ha abbracciato.
Alle 7.30 ero di nuovo al mio bivacco sotto il Colle della Speranza. Ero stato davvero veloce, molto più veloce del previsto. Erano passate in totale 5 ore e 40 minuti. Già da lontano ho visto Markus seduto al suo posto dove aveva trascorso la notte. Subito mi ha chiesto "Che ci fai qui? Non sono ancora le 10, allora non sei andato in cima, hai cambiato idea?" Ho sorriso e risposto "Il Torre ti manda un bel saluto e aspetta che lo visiti anche tu!" Markus non riusciva a credermi. "Davvero... sei stato davvero lassù? Incredibile..."
Poco dopo, seguendo le orme di Markus, ho osservato prima Markus, poi il Cerro Torre. Mi sono fermato, ho chiuso gli occhi… Ora sapevo il nome della nostra via, se un giorno la dovessimo aprire. "Amici in libertà"... così si chiamerà!
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