La parete del Forcellino e la via Panzeri-Riva. Di Ivo Ferrari

Il viaggio di Ivo Ferrari sulle vie semi-dimenticate approda sulla gran via aperta, nel 1975, da Sergio Panzeri e Giancarlo Riva sulla parete del Forcellino sotto i Piani Resinelli (Lc).
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Sulla via Panzeri-Riva alla Parete del Forcellino
archivio Ivo Ferrari
“Devi aggiornarti!”: così mi è stato detto mentre spiegavo la situazione di certe linee storiche cadute nell’oblio. In effetti, non sono bravo ad inserirmi nel modo “nuovo”, non posseggo un tablet, la mia tv è molto lontana dall’essere a schermo piatto, uso i tasti del pc con il pollice e il mio cellulare non fa foto e cose strane... sono all’antica, un po’ come il colore della mia barba, ma mi diverto così, cercando nella mia passione di “ripercorrere” cose quasi perse.

Sopra casa, visibile dal lago, c’è il Forcellino, la parete più ripida e spettacolare del lecchese. Calda d’estate e dai mille colori in primavera. Quando piove le sue colate nere, partendo dal bosco sommitale precipitano per quattrocento metri rendendo la parete simile al manto di una zebra. Nel centro, contornata da vie moderne sale la “grande” storica, la linea aperta nel 1975 dalla formidabile cordata Panzeri-Riva. Una di quelle linee che non possono mancare negli avambracci degli alpinisti lombardi, o meglio non potevano mancare, visto che ora, il tempo, le mode e gli spit tutt’intorno hanno reso la via vecchia, o, usando quel termine straniero che tanto rende gli oggetti più costosi nei mercatini dell’usato, Vintage!

Siamo andati a ripeterla, per vedere, capire, giudicare e provare a divertirsi. Le calate riattrezzate di recente con diverse lunghe doppie ci depositano alla base. Erba, piante, rovi, un luogo dimenticato e selvaggio con vista lago! La roccia “moderna” è molto bella, in certi punti mi ricorda il Verdon, ma questa linea è stata aperta usando la logica del poter salire e... la sua logica segue i punti più deboli, più chiodabili e non disdegna il friabile!

Ad ogni lunghezza sento un po’ di paura entrarmi dentro: se sono dietro, respiro, ma quando tocca a me, trattengo sempre il fiato e arrivo alle soste stabilendo nuovi record di apnea in superficie! Un bellissimo diedro è completamente intasato d’erba: i chiodi scomparsi tra terra e radici... ci sono tanti profumi, la lunghezza della Cipolla, quella all’Aglio, il tiro delle Margherite... un sacco di vegetazione di ogni tipo, e sotto di essa una roccia via via sempre più bella, ma quasi inscalabile!

Dicono che la salsedine corroda i chiodi, ma l’abbandono è ancor peggio: polverizza il chiodo rendendolo solo da “cimelio”. Usciamo stanchi, sporchi, con gli occhi pieni di “tutto” e... qualche zecca infilata nella pelle!

Che peccato, una linea logica, stupenda, ardita, unica nel suo genere su queste montagne, lì, abbandonata e difficilmente risanabile, forse ci vorrebbe un mio amico tanto “discusso”, uno di quelli che senza sentirsi offeso ha riportato Arco al suo splendore: Heinz, se vieni a trovarmi, scendiamo a pulirla!

Ivo Ferrari
Un Grazie alla Great Escapes e al Mountain Store di Olginate per il materiale.



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