Il Viaggiatore incantato e la qualità dell'alpinista
Roberto Iannilli e la prima solitaria de “Il viaggiatore incantato” (450m ED-) la via aperta nel 1990 da Marco Sordini, Luca Castellani e Pierluigi Meschini sulla parete est del Corno Piccolo. Un'esperienza che, come racconta Roberto Iannilli, va oltre la difficoltà e i gradi...
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Il versante nord del Corno Piccolo dai Prati di Tivo
Francesca Colesanti
Di nuovo solo salgo il sentiero, carico di materiale per arrampicare e di attrezzatura per bivaccare, lento e affaticato. Come mio solito “incontro” Ezio nei nostri posti: poco prima dell’ “albergo diruto”, siamo insieme come allora e domani apriremo una via; poi ancora all’arrivo della perennemente chiusa seggiovia, insiste per andare a provare una linea su quella parete; quindi sotto la est, ammiriamo la nostra “Neuromante”.
Da sei anni lo incontro regolarmente, da quando se ne è andato per sempre, lasciandomi questi appuntamenti visionari al Gran Sasso. Però quest’oggi non è solo lui a “ritornare”, oggi percorro anche la traccia lasciata da Marco Sordini che, nel 1990, saliva questo stesso sentiero e bivaccava nella stessa grotta dove adesso mi reco, alla base della parete, a pochi metri dalla sua via.
“Viaggiatore incantato” è un vione sostenuto nelle difficoltà che passa sulle impressionanti placche del “Pancione di Cavalcare” e Marco abitualmente preferiva dormire nella “Grotta delle Cornacchie”, anziché nel non distante rifugio. A quell’ epoca ero un assiduo del rifugio e la consideravo una stranezza, anche perché immancabilmente faceva una capatina per una birra tra amici. Oggi anch'io apprezzo questa “stranezza” e non è la prima volta che utilizzo la grotta come bivacco.
Oltre le due ciclopiche “ruote di pietra” appoggiate poco sotto l’ingresso (testimoniano l’ origine della grotta, creata da un crollo in epoca indefinibile), occorre fare un tratto di II° grado per entrare; nel punto più riparato la piazzola è ancora lì, un po' malmessa ma ancora comoda, ci si sta anche in tre. Affacciata sull’alba dell’ Adriatico, la grotta trasmette tutta la poderosa massa protettiva della parete est, la più bella delle pareti del Gran Sasso. Un nido di gracchi è poco sopra, ma sono tranquilli e non sembrano infastiditi dalla mia presenza.
I rumori del resto del mondo sono lontani e l’imbrunire mi coglie già nel sacco a pelo, a ricordare l’immagine di Marco e a sperare che l’impressione di allora non sia influenzata dal passare degli anni. Diciannove anni fa ero più giovane, più determinato e più incosciente, non so come troverò “Viaggiatore” oggi, da solo per giunta.
Mando un sms a Luca del rifugio:
-- Domani dovrei essere su “Viaggiatore…”.
-- Non temere, ti controllo io; buonanotte!”
Metto la sveglia, so che non servirà, mi addormento senza aspettarmelo e la notte passa tra tanti risvegli e sonno senza preavviso.
“Il viaggiatore incantato” è un racconto di Leskov, scritto nel lontano 1873, e narra di un anziano signore che racconta le sue incredibili avventure ad altri passeggeri di un battello che naviga sul lago Ladoga. Avventure non cercate che travolgono la sua vita, fino alla convinzione di essere dotato di poteri veggenti. Forse a Marco piaceva il titolo, forse avrebbe voluto essere travolto da una vita piena di imprevisti e avventure… Non lo so, non l’ho conosciuto abbastanza bene da capire il suo pensiero, di certo il suo “viaggio” si è concluso troppo presto e bruscamente, deluso da qualcosa che la vita non gli ha saputo dare, “disincantato” da un viaggio che solo nei libri può essere tale. Resta una certezza, la sua via è un “bel viaggio”, in tutti i sensi.
L’alba mi coglie già sul primo tiro e subito capisco che gli anni passano, non so se nel fisico o nella mente, ma il risultato è che tutto mi sembra complesso, anche quello che ricordavo facile. Però, diciannove anni fa non mi sarei azzardato a ripeterla da solo, forse questi anni non sono passati invano e quello che ho perso in freschezza l’ho guadagnato in esperienza.
Non sto a raccontare le “smaltite”, le peripezie e le avventure, non sono né Leskov né tanto meno il suo viaggiatore, la via passa sotto di me a fatica, tra chiodi lontani e passaggi delicati, con un sole che mi arrostisce e io che continuo a domandarmi cosa ci faccio qua. Ormai lo so, questi viaggi li apprezzi dopo, quando li ripensi, quando cerchi di rendere partecipi gli altri di quanto sia appagante… in questo attimo in cui sto scrivendo. Mentre scali è solo fatica e preoccupazione, che a stento bilanci con la determinazione, il desiderio di dimostrare a te stesso che ce la puoi fare.
Ed io ce la faccio, anche se all’uscita sono stravolto, contento di essere fuori e perplesso sulle mie motivazioni. Schiacciato dal peso dello zaino e dalla fatica della scalata mi avvio lungo la cresta verso la vetta, scendo poi per la ferrata e mi fermo per un saluto al rifugio. Ogni passo è un atto di cocciutaggine e rifletto su questo “viaggiare” in solitudine, che ti apre la mente, che ti prende talmente da essere “incantato”, un vero “viaggiatore incantato”.
E’ forse questa l’essenza dello scalare in solitaria? Un modo diretto ma faticoso per sentirsi in viaggio, sentirsi incantati, presi da un mondo parallelo. Una realtà che sembra alternativa, per la quale vale la pena vivere, anche se ad ogni chiodo lontano sai che la metti in gioco. Un incanto che dura il tempo in cui sei sospeso in alto, vulnerabile e consapevole di ciò.
La giornata corre veloce verso la sera ed io arrivo al parcheggio, ho ancora negli occhi l’oceano di placca del “Pancione” e ringrazio Marco per questo viaggio che ha preparato per noi “viaggiatori”, che continuiamo e cercare l’ “incanto” tramite quell’emozione verticale che è l’alpinismo. Ecco, forse è in questo la qualità dell’alpinista, non è il grado che supera, ma la capacità di restare “viaggiatore incantato” mentre scala.
Roberto Iannilli 25/07/2009 (ed oggi sono 55)
“Viaggiatore incantato” è stata aperta da Marco Sordini, Luca Castellani e Pierluigi Meschini, dopo tre tentativi, il 5 agosto 1990 e ripetuta da Gianni Cilia e Roberto Iannilli il 27 dello stesso mese. Ha uno sviluppo di circa 450 m., difficoltà complessiva ED- e supera in modo diretto la grande placca denominata “Pancione di Cavalcare”, sulla parete est del Corno Piccolo, nel massiccio del Gran Sasso.
Roberto Iannilli ha sempre indirizzato la sua attività soprattutto verso l’apertura di nuovi itinerari su roccia in montagna. Spesso ama arrampicare in solitaria e il suo approccio all'alpinismo è del tutto personale, quasi intimo. Al suo attivo ha un'attività davvero enorme, in parte quasi sconosciuta, che si è espressa soprattutto sulle pareti del Gran Sasso (più di 100 nuove vie, molte in solitaria) e del Monte Camicia ma che si è anche estesa sulle pareti della Cordillera Blanca (perù) e della Miyar Valley (Himalaya Indiano).
Da sei anni lo incontro regolarmente, da quando se ne è andato per sempre, lasciandomi questi appuntamenti visionari al Gran Sasso. Però quest’oggi non è solo lui a “ritornare”, oggi percorro anche la traccia lasciata da Marco Sordini che, nel 1990, saliva questo stesso sentiero e bivaccava nella stessa grotta dove adesso mi reco, alla base della parete, a pochi metri dalla sua via.
“Viaggiatore incantato” è un vione sostenuto nelle difficoltà che passa sulle impressionanti placche del “Pancione di Cavalcare” e Marco abitualmente preferiva dormire nella “Grotta delle Cornacchie”, anziché nel non distante rifugio. A quell’ epoca ero un assiduo del rifugio e la consideravo una stranezza, anche perché immancabilmente faceva una capatina per una birra tra amici. Oggi anch'io apprezzo questa “stranezza” e non è la prima volta che utilizzo la grotta come bivacco.
Oltre le due ciclopiche “ruote di pietra” appoggiate poco sotto l’ingresso (testimoniano l’ origine della grotta, creata da un crollo in epoca indefinibile), occorre fare un tratto di II° grado per entrare; nel punto più riparato la piazzola è ancora lì, un po' malmessa ma ancora comoda, ci si sta anche in tre. Affacciata sull’alba dell’ Adriatico, la grotta trasmette tutta la poderosa massa protettiva della parete est, la più bella delle pareti del Gran Sasso. Un nido di gracchi è poco sopra, ma sono tranquilli e non sembrano infastiditi dalla mia presenza.
I rumori del resto del mondo sono lontani e l’imbrunire mi coglie già nel sacco a pelo, a ricordare l’immagine di Marco e a sperare che l’impressione di allora non sia influenzata dal passare degli anni. Diciannove anni fa ero più giovane, più determinato e più incosciente, non so come troverò “Viaggiatore” oggi, da solo per giunta.
Mando un sms a Luca del rifugio:
-- Domani dovrei essere su “Viaggiatore…”.
-- Non temere, ti controllo io; buonanotte!”
Metto la sveglia, so che non servirà, mi addormento senza aspettarmelo e la notte passa tra tanti risvegli e sonno senza preavviso.
“Il viaggiatore incantato” è un racconto di Leskov, scritto nel lontano 1873, e narra di un anziano signore che racconta le sue incredibili avventure ad altri passeggeri di un battello che naviga sul lago Ladoga. Avventure non cercate che travolgono la sua vita, fino alla convinzione di essere dotato di poteri veggenti. Forse a Marco piaceva il titolo, forse avrebbe voluto essere travolto da una vita piena di imprevisti e avventure… Non lo so, non l’ho conosciuto abbastanza bene da capire il suo pensiero, di certo il suo “viaggio” si è concluso troppo presto e bruscamente, deluso da qualcosa che la vita non gli ha saputo dare, “disincantato” da un viaggio che solo nei libri può essere tale. Resta una certezza, la sua via è un “bel viaggio”, in tutti i sensi.
L’alba mi coglie già sul primo tiro e subito capisco che gli anni passano, non so se nel fisico o nella mente, ma il risultato è che tutto mi sembra complesso, anche quello che ricordavo facile. Però, diciannove anni fa non mi sarei azzardato a ripeterla da solo, forse questi anni non sono passati invano e quello che ho perso in freschezza l’ho guadagnato in esperienza.
Non sto a raccontare le “smaltite”, le peripezie e le avventure, non sono né Leskov né tanto meno il suo viaggiatore, la via passa sotto di me a fatica, tra chiodi lontani e passaggi delicati, con un sole che mi arrostisce e io che continuo a domandarmi cosa ci faccio qua. Ormai lo so, questi viaggi li apprezzi dopo, quando li ripensi, quando cerchi di rendere partecipi gli altri di quanto sia appagante… in questo attimo in cui sto scrivendo. Mentre scali è solo fatica e preoccupazione, che a stento bilanci con la determinazione, il desiderio di dimostrare a te stesso che ce la puoi fare.
Ed io ce la faccio, anche se all’uscita sono stravolto, contento di essere fuori e perplesso sulle mie motivazioni. Schiacciato dal peso dello zaino e dalla fatica della scalata mi avvio lungo la cresta verso la vetta, scendo poi per la ferrata e mi fermo per un saluto al rifugio. Ogni passo è un atto di cocciutaggine e rifletto su questo “viaggiare” in solitudine, che ti apre la mente, che ti prende talmente da essere “incantato”, un vero “viaggiatore incantato”.
E’ forse questa l’essenza dello scalare in solitaria? Un modo diretto ma faticoso per sentirsi in viaggio, sentirsi incantati, presi da un mondo parallelo. Una realtà che sembra alternativa, per la quale vale la pena vivere, anche se ad ogni chiodo lontano sai che la metti in gioco. Un incanto che dura il tempo in cui sei sospeso in alto, vulnerabile e consapevole di ciò.
La giornata corre veloce verso la sera ed io arrivo al parcheggio, ho ancora negli occhi l’oceano di placca del “Pancione” e ringrazio Marco per questo viaggio che ha preparato per noi “viaggiatori”, che continuiamo e cercare l’ “incanto” tramite quell’emozione verticale che è l’alpinismo. Ecco, forse è in questo la qualità dell’alpinista, non è il grado che supera, ma la capacità di restare “viaggiatore incantato” mentre scala.
Roberto Iannilli 25/07/2009 (ed oggi sono 55)
“Viaggiatore incantato” è stata aperta da Marco Sordini, Luca Castellani e Pierluigi Meschini, dopo tre tentativi, il 5 agosto 1990 e ripetuta da Gianni Cilia e Roberto Iannilli il 27 dello stesso mese. Ha uno sviluppo di circa 450 m., difficoltà complessiva ED- e supera in modo diretto la grande placca denominata “Pancione di Cavalcare”, sulla parete est del Corno Piccolo, nel massiccio del Gran Sasso.
Roberto Iannilli ha sempre indirizzato la sua attività soprattutto verso l’apertura di nuovi itinerari su roccia in montagna. Spesso ama arrampicare in solitaria e il suo approccio all'alpinismo è del tutto personale, quasi intimo. Al suo attivo ha un'attività davvero enorme, in parte quasi sconosciuta, che si è espressa soprattutto sulle pareti del Gran Sasso (più di 100 nuove vie, molte in solitaria) e del Monte Camicia ma che si è anche estesa sulle pareti della Cordillera Blanca (perù) e della Miyar Valley (Himalaya Indiano).
Note:
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