Fitz Roy: il tentativo sulla Via dei Ragni e altre salite patagoniche. Di Matteo Della Bordella
Il nostro team era composto da 5 persone: io, Luca Schiera e Silvan Schupbach (una cordata ormai consolidata) e le due new entry Luca Gianola e Pascal Fouquet. Nella prima parte del viaggio la fortuna non è stata proprio dalla nostra: io e Luca siamo arrivati a El Chalten il 19 gennaio e il giorno successivo io sono stato messo k.o. per una settimana da febbre ed influenza. Dopo essermi ripreso ed aver salito con Luca il "Red pillar" (bella via di Kurt Albert e Bernd Arnold) alla Mermoz come riabilitazione, sono arrivati anche Silvan e Pascal ed abbiamo effettuato un vero e proprio tentativo sulla via dei Ragni al Fitz Roy.
Anche qui non siamo stati troppo fortunati: alla fine del primo giorno è toccato a Silvan il mio destino di una settimana prima: febbre, influenza, brividi e stanchezza. Per questo motivo il secondo giorno abbiamo deciso di interrompere la salita e tornare giù tutti insieme alla base; una decisione difficile in quel momento, ma che col senno di poi ritengo giusta e saggia. In questi due giorni tuttavia siamo riusciti a percorrere 750 metri di via (purtroppo ne mancavano ancora 600!), tagliando le vecchie corde e scalette metalliche presenti, e depositandole sulle cenge, in modo che non intralciassero future ripetizioni. I primi 500 metri di parete sono stati anche percorsi tutti in arrampicata libera con difficoltà fino al 7a+/b (i primi 250 erano già stati percorsi in libera da Favresse e Villanueva nel 2011), al di sopra le fessure intasate di ghiaccio ci hanno costretto ad alcuni passaggi in artificiale.
Nel corso del mese di febbraio le condizioni climatiche sono un po’ peggiorate: il tempo non era particolarmente brutto, ma sempre instabile con finestre di bel tempo troppo brevi per un progetto come il nostro e precipitazioni sotto forma di neve talvolta abbondanti. I miei soci (Silvan, Pascal, Luca e Luca) si sono diretti al Cerro Torre, dove hanno ripetuto la via dei Ragni. Io ho voluto fare un altro tentativo al nostro progetto, con Tobias Wolf. Non siamo tuttavia nemmeno riusciti ad attaccare a causa della troppa neve in parete e della meteo avversa e ci siamo dovuti accontentare della salita della "Vioe des Benitiers" al Mocho.
A fine febbraio, quando ormai le speranza sembravano perdute ci si è presentata un’ultima chance! Anche qui il tempo non era perfetto, ma comunque sufficiente per effettuare un vero e proprio tentativo. Siamo partiti io, Silvan e Luca Schiera il primo giorno di bel tempo. La parete era in condizioni pietose, le fessure erano intasate di neve e ghiaccio e le placche fradicie per la neve in scioglimento! Dopo aver avuto difficoltà a passare dove nel tentativo prima eravamo saliti "di corsa", abbiamo deciso di rinunciare. Le probabilità di arrivare fino in cima con la parete in queste condizioni sarebbero stata basse ed una salita prevalentemente in artificiale non era quello che stavamo cercando.
Siamo quindi scesi e ci siamo diretti verso il Pilastro Casarotto, sperando che la sua esposizione "soliva" offrisse delle condizioni migliori per l’arrampicata libera. Bingo! La fessure qui erano pulite e la parete in ottime condizioni.
Non avendo la relazione della via aperta da Casarotto nel 1979 (altra impresa leggendaria della quale ci sarebbe tanto da raccontare), siamo saliti sul Pilastro Goretta guidati dall’istinto e dal piacere della scalata. Questo pilastro presenta una gran quantità di diedri e fessure perfette, che sparano dritte verso il cielo. Abbiamo scelto quella che ci è parsa la linea più bella, divertente, elegante e per noi "challenging" da salire in arrampicata libera, passando proprio nel centro del pilastro. Dopo aver bivaccato in cima al pilastro Goretta il giorno successivo abbiamo poi completato la nostra salita arrivando in cima al Fitz Roy lungo la via aperta da Renato Casarotto. Una salita di grandissima soddisfazione per la bellezza della linea e dell’arrampicata, su una delle montagne più belle del mondo.
Solo quando siamo tornati a El Chalten, confrontandoci con Rolando Garibotti e il suo sito www.pataclimb.com abbiamo scoperto di aver aperto una nuova variante. L’abbiamo chiamata "Amaro vecchia romana" 7a+ max, un passo di A0 per una caduta a fine tiro, che non abbiamo riprovato.
Nella stessa finestra Luca Gianola e Pascal hanno tentato la via Franco Argentina al Fitz Roy, terminando la salita alla fine delle principali difficoltà tecniche, a poche centinaia di metri dalla cima a causa del vento forte. Non male per Luca Gianola, ultimo acquisto della famiglia "Ragni" e proveniente dall’iniziativa dell’Academy (che ha lo scopo di formare i ragazzi giovani all’alpinismo di alto livello): prima volta in Patagonia, sfiorata la doppietta Torre e Fitz (oltre alla Voie des Benitiers al Mocho sempre insieme a Pascal Fouquet).
Tornando al nostro progetto originario, salire in libera la Est del Fitz resta per me ancora un grande sogno. La linea aperta da Casimiro Ferrari e Vittorio Meles è spaziale e merita di essere ripetuta e liberata. Tuttavia bisogna aggiungere che, se paragonata alle altre vie sulla stessa parete (Royal flush, El Corazon, Linea d’Eleganza), questa prende meno sole ed è quindi più soggetta al rischio di fessure intasate da neve e ghiaccio…come sempre trovare le condizioni giuste per l’arrampicata libera in Patagonia non è affatto facile!
A proposito del terzo obiettivo della spedizione, ovvero quello della pulizia della via, sono stati fatti grandi progressi verso una completa pulizia.
Non solo per merito nostro, ma grazie a un ottimo lavoro di squadra. Anzi il merito principale è degli amici Cristobal Senoret e Inaki Cousirrat.
Infatti durante il nostro primo tentativo Io, Luca, Silvan e Pascal abbiamo tagliato corde e scalette durante la nostra salita e le abbiamo depositate sulle cenge con l'idea di raccoglierle durante la discesa. In realtà poi, in quell'occasione, come già ho avuto modo di scrivere, Silvan è stato male e non era quindi in grado di scendere con zaini pesanti, ragion per cui siamo riusciti a riportare alla base solo poche vecchie corde, mentre abbiamo lasciato il resto del materiale in parete, ma comunque in luoghi dove non fosse di intralcio alla scalata. Proprio mentre noi scendevamo abbiamo visto Cristobal e Inaki attaccare la nostra stessa via.
I due ragazzi, il giorno successivo hanno poi trasportato a Paso Superior circa 35 kg tra corde e scalette di metallo (!!).
Oltre a loro anche altri scalatori Argentini (con i quali mi scuso fin da ora perché non ricordo nomi e cognomi) hanno collaborato alla pulizia della via sulle prima lunghezze ed anche gli operatori del "Parque Nacional Los Glaciares" i quali hanno riportato o riporteranno le scalette in paese.
Onore al merito a Inaki e Cristobal che hanno fatto senza dubbio il lavoro più duro e grazie a tutti quelli che hanno collaborato! In parete è ancora presente del materiale, da trasportare a valle, il lavoro non è quindi ancora terminato. Tuttavia, per lo meno il fatto che la linea di scalata ora sia sgombra da intralci, potrà invogliare altre cordate a tentare una ripetizione e durante la discesa a riportare quindi a valle parte del materiale ancora presente in parete; così facendo mi auguro che negli anni a venire ci sarà sempre meno materiale abbandonato e pian piano tutto verrà riportato a El Chalten.
Ci tengo tuttavia a precisare che scalette e corde non furono lasciate solo da Casimiro Ferrari e dalla spedizione dei Ragni di Lecco. Quella via era già stata tentata gli anni precedenti da altre cordate Italiane, Svizzere e Francesi. Addirittura gli Svizzeri due anni prima erano arrivati a quasi 200 metri dalla cima.
Per chiunque fosse interessato ai racconti delle nostre salite o tentativi e ad alcune riflessioni personali rimando ai singoli articoli pubblicati nel corso della spedizione sul mio blog: http://ragnilecco.com/author/matteo-della-bordella
di Matteo Della Bordella – Ragni di Lecco e C.A.A.I.
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