Fàilte gu Alba
Gian Luca ed io arriviamo in Scozia qualche giorno prima dell’inizio del Fort William Mountain Festival 2015 (18-22 febbraio). La manifestazione prevede una parte culturale e una alpinistica, con la possibilità di scalare su Ben Nevis, Glen Coe e Cairngorms in un ambiente internazionale di alto livello, che consente un proficuo e stimolante scambio di esperienze. Quest’anno, fra i partecipanti di spicco al festival ci sono Simon Yearsley, alpinista di ricerca e inesauribile apritore di nuove vie invernali nelle Highlands Scozzesi, gli specialisti Shane Ohly, Manny Gorman e Guy Steven, l’attuale recordman della "Cuillin Ridge Traverse" e quattro volte vincitore della "Ben Nevis Race", Findlay Wild, e i "Piolet d’Or" Mick Fowler, Paul Ramsden e Sandy Allan.
Partiamo dall’Italia con "piani bellicosi": un giorno per l’andata, uno per il ritorno, tre di scalata, uno di riposo e altri tre di scalata; il tutto, immersi nella magica atmosfera del festival. Io sono un inguaribile "malato di Scozia" e, nonostante questo sia il mio sesto viaggio nelle Highlands (i precedenti nel 2001, 2002, 2010 e due raccontati su Planet Mountain: il meeting invernale 2012 e la Scotland climbing trip 2013), ogni volta che metto piede sul suolo scozzese l’entusiasmo è alle stelle. Per Gian Luca, alla prima esperienza oltremanica, il tutto è reso ancor più gustoso dal sapore della novità.
Quest’anno la gran quantità di ghiaccio presente in febbraio sul Ben Nevis rende ottime le vie glaciali mentre complica un po’ le cose su alcune linee di misto, visto che le fessure sono intasate dal ghiaccio. Invece non sono in gran condizioni le Highlands del nord-ovest: quindi, escludiamo a priori le regioni di Applecross e Torridon, con alcuni gioielli come Liatach e Benn Eighe. Pazienza…
Purtroppo, appena arrivati scopriamo che il meteo non è dalla nostra parte. Decidiamo di iniziare dai Cairngorms del nord, ma il primo giorno di scalata esordisce con venti fino a 90 miglia all’ora, che causano addirittura la chiusura della strada di accesso alla base dei Northern Corries. Questo ci costringe a mettere da parte il nostro obiettivo della giornata, il Coire an Lochain. Non ci diamo per vinti e veniamo a sapere da alcuni local che una parete un po’ più protetta dal vento, la Lurcher's Crag, è accessibile con un’ora di cammino dal fondo di una strada privata. Non ci pensiamo due volte: trovando il cancello di accesso senza lucchetto entriamo senza indugi, la percorriamo fino in fondo, parcheggiamo e ci mettiamo in marcia. Dopo un’ora di avvicinamento, durante la quale il vento quasi non ci consente di stare in piedi, dobbiamo però rassegnarci all’evidenza e fare dietro-front. Ci consoliamo da Ellis Brigham Mountain Sports di Aviemore, dove convinco Gian Luca a non lesinare sulle spese e fare incetta degli utilissimi torque nut.
Il giorno successivo siamo un po’ più fortunati: anche se in compagnia di bufere di grandine e raffiche di vento quasi "destabilizzanti", riusciamo a portare a termine l’Original Route sull’Aladdin Buttress del Coire an t-Sneachda. Vento e spindrift ci stordiscono per benino, ma la via è stupenda. Rientrati a Aviemore, lo shopping compulsivo ha nuovamente la meglio e la carta di credito di Gian Luca si immola da Cairngorn Mountain Sports per una serie di pecker, guide e monografie di montagna.
L’indomani scalare nei Cairngorms del nord è fuori discussione, sempre a causa del vento. Per lo stesso motivo dobbiamo escludere il Lochnagar, nei Cairngorms del sud. La situazione sembra essere un po’ migliore nelle Western Highlands: ci alziamo di buon’ora e da Aviemore dirigiamo l’auto verso Fort William. L’obiettivo è una via di misto sull’Aonach Mor. Niente da fare: arrivati alla partenza dell’unica ovovia di tutto il Regno Unito, scopriamo che le raffiche di vento non consentono di metterla in funzione. Partire a piedi dal basso è improponibile, visti i tempi di salita. Saltiamo di nuovo in auto e ci fiondiamo alla base del sentiero per il Creag Meagaidh: con un paio d’ore di avvicinamento potremmo arrivare alla base della parete. Anche quest’idea viene inesorabilmente frustrata: a solo mezz’ora di auto da dove ci trovavamo prima il vento è sensibilmente diminuito, ma, in compenso, la pioggia alternata a grandine la fa da padrone. L’unica alternativa è sperperare sterline nei negozi di attrezzatura sportiva di Fort William! Insomma: il maltempo imperversa e a farne le spese sono i nostri conti in banca.
Sono le 8 di sera. Mentre anneghiamo i dispiaceri nella birra scozzese, constatiamo che le previsioni per l’indomani sono tutt’altro che rassicuranti: pioggia e neve batteranno a tappeto Western e Eastern Highlands. Ci guardiamo negli occhi e ci diciamo: "Siamo in Scozia, no? E allora facciamo come gli Scozzesi: si scala con qualunque meteo!" La mattina del giorno dopo (anzi, la tarda notte, visto che è ancora buio) ci vede al bordo della strada, mentre cerchiamo di individuare la valle di accesso al Bidean nam Bian, nel Glen Coe. Piove per benino e, per dirla tutta, partire in queste condizioni non ha senso. Ma, come scrive Hume, "la ragione è schiava delle passioni": ci mettiamo stoicamente in marcia, facciamo tre ore di avvicinamento sotto l’acqua e immersi nella nebbia, ci cambiamo dalla testa ai piedi in un angolo un po’ riparato alla base della parete e attacchiamo la Crypt Route, sul Church Door Buttress. Arrampichiamo in dry-tooling, ma il resto è tutt’altro che dry!! In pratica, si progredisce fra le piccole cascate d’acqua che scorrono nei camini. Tutto questo è assurdo, lo sappiamo, ma continuiamo ad andare avanti imperterriti. Sarà anche vero che gli Scozzesi scalano in barba al meteo, ma sta di fatto che durante tutta la giornata non incontriamo alcun alpinista d’oltremanica masochista a sufficienza per concepire una scalata in condizioni del genere... Rientrati all’ostello, ci vogliono tre ore e vari passaggi di asciugatrice automatica per spremere via tutta l’acqua di cui sono impregnati gli indumenti..
L’indomani le condizioni non sono molto migliori, ma il vento sembra un po’ meno violento. In preda all’indecisione e senza ben sapere il perché, andiamo a dare un’occhiata al parcheggio dove inizia l’avvicinamento al Ben Nevis. È tardi per una via sulla parete N del "Ben", ma, segno del destino, arriva un furgone con due guide e rispettivi clienti, autorizzati a percorrere lo sterrato che fa risparmiare quasi un’ora di avvicinamento. Fantastico, ci danno un passaggio! Saliamo sul furgone e poi iniziamo a camminare in una sorta di lotta contro vento e grandine, fino all’attacco della Hadrian’s Wall Direct. La via è in perfette "condizioni scozzesi": spindrift, neve, visibilità nulla… Proprio mentre penso che Gian Luca stia mandandomi accidenti per averlo coinvolto in questa vacanza oltremanica, ecco che il mio amico esordisce con un incredibile "Cavolo, mi sto divertendo!" "Grande Gian Luca!" – penso io - "Sotto i tuoi panni biellesi si nasconde un vero alpinista di sangue celtico!" Rientrati in ostello (manco a dirlo, sotto al pioggia…) facciamo un giro su internet, per vedere se è stato più fortunato chi ha scalato nei Cairngorms. Sembra proprio di no: una sola cordata ha inserito un report sull’aggiornatissimo UKC Logbook, dove leggiamo il commento: "seriously hard weather brutalized us!"
La sera e parte della notte vengono nuovamente dedicati all’asciugatura del materiale: tutto e i ricambi di tutto sono letteralmente scolati. La misera drying room dell’ostello sarebbe poco efficace nella manciata di ore che ci separano dalla salita successiva, quindi l’unica soluzione è rappresentata da innumerevoli giri di asciugatrice automatica (povero Gore-Tex…!). Purtroppo, l’indomani mattina realizziamo che la situazione meteo non è affatto cambiata: il solito vento forte, la solita acqua alternata a grandine e nevischio. Del Ben Nevis non si parla neppure, a meno di non rischiare di essere strappati dalla parete. Idem con patate al Creag Meagaidh. Decidiamo di ritornare nella zona di Aviemore, nei Cairngorms del nord: è un po’ come completare il giro dell’oca, ma pazienza... Avevamo un paio di progetti su Hell's Lum, Shelter Stone Crag e Càrn Etchachan, nel Loch Avon Basin, ma dobbiamo lasciar perdere: i pendii che danno accesso al bacino, carichi di neve a strati poco coesi, sono a rischio valanghe. Puntiamo di nuovo al Coire an t-Sneachda, questa volta al settore Mess of Pottage. Scaliamo The Message in un ambiente surreale, dove lo scorrere del tempo in mezzo alla nebbia è scandito dalle sferzate della grandine sul viso. Usciti dalla via ci riportiamo alla base della parete e, per sfruttare fino in fondo al giornata, attacchiamo Pot of Gold, ben consci che ne usciremo arrampicando con le frontali. Rientriamo ad Aviemore a sera inoltrata, ma ancora in tempo per abbuffarci con la formula "all you can eat" a "La Taverna" di Aviemore. Fondata dall’italianissimo Nando Vastano e ora diretta dai figli Antonio e Nando Jr., offre un fantastico "great Italian buffet menu", a base di pizza, pasta e varie specialità dello nostre parti (non per niente, si è aggiudicato lo Scottish Italian Award per la "best pizza in Scotland"!).
Dopo sei giorni di vento, grandine, neve, nebbia, pioggia ecc. ecc., incredibilmente il meteo annuncia una giornata di bello, seguita dalla ripresa del maltempo. È la nostra grande occasione per fare una salita in condizioni decenti! Andiamo a dormire a dir poco eccitati all’idea che l’indomani potremo fare un "avvicinamento normale", scalare una via vedendo dove piantiamo le piccozze e godere una parvenza di panorama dalla vetta. Pia illusione: al risveglio, Gian Luca si rende conto di aver temporaneamente quasi perso la vista, a causa di un’infiammazione causata da vento, neve e grandine dei giorni scorsi. Altro che salita: il mio socio conclude la vacanza con un bagno oculare in uno studio medico di Fort William…
Durante il volo di rientro ripensiamo alla settimana oltremanica. Nonostante le condizioni meteorologiche ci abbiano preso a schiaffi per benino e l’epilogo quasi kafkiano, la Scozia ci ha regalato un’indimenticabile esperienza!
Marcello Sanguineti (CAAI – Gruppo Occidentale)
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