Ey Sbighèz al Sas dales Nü (Sella) di Alessandro Baù, Alessandro Beber e Matteo Pavana
Aprire delle vie nuove in Dolomiti nell’epoca attuale vuol dire partire con un grosso punto di domanda e un buon piano B a portata. Ci si informa sui libri, si chiedono informazioni ai rifugi e agli amici che conoscono la zona, ma comunque bisogna mettere in conto che altri ti abbiano preceduto.
Con Matteo abbiamo quindi deciso di portarci le vele da parapendio, in caso i nostri sogni si fossero infranti sul nascere. Invece siamo stati fortunati e abbiamo trovato una bella linea estetica casualmente sopravvissuta alle incursioni dei tanti altri che prima di noi si sono innamorati di questo luogo.
Nell’anfiteatro del Vallon hanno infatti lasciato il segno molte cordate illustri: Castiglioni-Detassis, De Bona-Da Pozzo, Mittersteiner-Renzler… segno inconfutabile che la scalata da queste parti non dev’essere proprio malaccio. E poi se ti giri a guardare il panorama, ci sono i giganti delle Dolomiti tutti in fila in bella mostra: Marmolada, Civetta, Pelmo, Antelao, Sorapiss, Tofane… uno spettacolo da togliere il fiato.
Anche il rifugio alla base delle pareti conta tanto, e ancor di più conta chi lo gestisce: avere persone come Manuel, Cristina e Matteo (Agreiter, ndr) ad attenderti a fine giornata, crea quel calore famigliare che fa la differenza.
Ad arricchire la nostra scampagnata, la mattina del 30 agosto ci ha raggiunto Alessandro Baù, a cui i ritmi serrati non spaventano mai e che come noi, più di noi, non sa resistere al richiamo di un lembo di roccia ancora non scalata da esplorare. Tra l’altro, siccome ci vuole bene, a fine giornata ci ha pure assistiti in decollo, assicurandosi che non rotolassimo rovinosamente tra le pietre.
La via è breve ma sicuramente meritevole di ripetizione (abbiamo messo i fix alle soste, anche se non prettamente necessari, per invogliare qualche visita). E’ richiesta un’ottima padronanza del grado, visto che lungo via si trovano solo 2 chiodi sul secondo tiro, 1 chiodo e 2 clessidre con cordino sul terzo tiro, 1 clessidra con cordino sul quinto tiro.
Il nome "Ey Sbighéz" viene da vari riferimenti: è un richiamo al leggendario Ey de Net (Occhio della Notte), il guerriero del regno di Fanes, ma è anche una presa in giro al mio amico Matteo Pavana, rinomato fotografo il cui nome d’arte è "The Vertical Eye", che adoro provocare (Sbighéz in dialetto trentino significa sbilenco, storto). Infine la stessa parete dove sale la via ha una strana prospettiva, di sbieco, che la rende difficile da decifrare sopratutto nella parte bassa. Ecco quindi servita la via "Occhio Sbilenco" al Sass dales Nu!
di Alessandro Beber
GRATI DI ESSERE QUI di Matteo Pavana
È da qualche anno che l’estate cerco di tenermi del tempo libero per vivermi le mie amate Dolomiti. La questione è abbastanza semplice: le Dolomiti, ai miei occhi e alla pelle delle mie mani, sono le montagne più belle del mondo. Anche il perché è abbastanza semplice; deve esserci un motivo se, davanti a quelle crode così crude e spigolose, il sentimento che provo è "pura gratitudine". La stessa che provo a vivere queste avventure assieme ad Ale.
Alessandro è un forte alpinista e una brava guida alpina, con un talento naturale alle belle linee e una cultura alpinistica tale da farlo sbagliare raramente. Al di là di queste caratteristiche che un pochino gli invidio, Ale è anche un amico curioso, instancabile, da cui prendo costantemente ispirazione per affrontare il mio inquieto vivere. È un bravo essere umano. Sia chiaro, il buon vecchio Ale ha anche moltissimi difetti. E, se il poco preavviso è uno di questi, dopo anni di questa allegra amicizia ho imparato a farmi trovare pronto. Anche in questo caso il perché è semplice: ne vale sempre la pena!
Quella sul Sas dales Nü è una via di 6 lunghezze su una fascia rocciosa che, guardandola da lontano, appare impossibile che non sia stata scalata. Sono quelle linee che chiamano l’occhio per la loro estetica. Proprio da lontano, a dire il vero, la via ci sembrava molto più lunga del suo reale sviluppo, eppure ne è valsa la pena arrampicarvici dal primo all’ultimo metro, su una roccia che migliora centimetro dopo centimetro.
La via è stata aperta in due giorni, il secondo dei quali ci ha raggiunti anche Alessandro Baù. Sarà scontato, ma scalare con le persone giuste rendono la scalata, la montagna e la vita ancora più belle. E, forse, rendono migliori anche noi.