Destinazione Sud dell'Annapurna per Ueli Steck e Don Bowie

Lo svizzero Ueli Steck e il canadese Don Bowie stanno raggiungendo il Campo base della parete Sud dell'Annapurna 8.091m (Himalaya, Nepal) dove tenteranno di salire una delle pareti più difficili e pericolose dell'Himalaya.
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La parete sud dell' Annapurna
Ueli Steck
Ueli Steck e Don Bowie sono arrivati a Kathmandu il 16 settembre scorso. Ed ora sono già diretti verso la loro meta: la Sud dell'Annapurna, una delle pareti più difficili, e anche pericolose, tra quelle del “circuito” dei 14 Ottomila. Sia per lo svizzero Steck, come per il canadese Bowie, questo è il terzo tentativo sulla grande parete. Attualmente, però, si sa poco o nulla sui loro progetti, se non che installeranno un campo base avanzato a 5000 / 5500 metri e poi decideranno la linea di salita a seconda delle condizioni della montagna. Anche se, trattandosi di Steck, uno dei più forti alpinisti in circolazione, è lecito pensare che l'obiettivo sia una nuova e difficile via. E va detto che anche Don Bowie ha le carte assolutamente in regola per un progetto così ambizioso, visto che già nel 2008, sempre sull'Annapurna, ha effettuato un tentativo fino a 7300m per una nuova linea sulla East Ridge. E, soprattutto, che i due si conoscono bene: nel 2011 hanno salito insieme gli 8201m del Cho Oyu.

Per Steck però il ritorno alla Sud dell'Annapurna si colora anche di altri significati, più profondi e forse più importanti. Su questa parete nel 2008, insieme a Simon Anthamatten, fu protagonista di un disperato tentativo per portare in salvo l'alpinista spagnolo Iñaki Ochoa de Olza. Un tentativo che purtroppo non andò a buon fine e che, oltre a mettere fine alla spedizione, lo segnò profondamente. “Dopo la morte di Iñaki” - ha infatti dichiarato Steck in un'intervista rilasciata a swissinfo.ch da Kathmandu - “ho dovuto scendere immediatamente dalla parete. Ho avuto bisogno di tempo per dimenticare. Se fossi ritornato la stagione seguente, non sarei stato pronto. Avrei avuto troppa paura. Dopo alcuni anni e dopo aver accumulato una certa esperienza sugli Ottomila ho sentito che la voglia era di nuovo presente.”

Ma c'è dell'altro. Perché non si può fare a meno di sottolineare che questa spedizione segna anche il ritorno di Ueli Steck in Himalaya, e soprattutto in Nepal, dopo l'episodio che la scorsa primavera lo coinvolse, insieme a Simone Moro e Jon Griffith, sull'Everest. Come tutti ricorderanno si tratta dell'incredibile “aggressione e contestazione” che i tre subirono al Campo 2 dell'Everest da parte di un gruppo di sherpa. Il tutto dopo che a circa 7200m di quota, mentre i tre alpinisti erano impegnati in una salita di acclimatamento, c'era stato un alterco con alcuni sherpa che stavano posizionando le corde fisse per le spedizioni impegnate sulla montagna. Un episodio bruttissimo che oltre ad interrompere la spedizione ha letteralmente sconvolto Steck. Tanto che ancora qualche mese fa alla fiera OutDoor di Friedrichshafen ci aveva detto che di non volerne più parlarne.

Ora, sempre a swissinfo.ch, l'alpinista svizzero ha ribadito che non ha ancora dimenticato. Per lui quell'episodio sull'Everest rimane una ferita. “È' qualcosa di particolare e ci vorranno anni. Ma la vita continua e devi guardare in avanti”, ha dichiarato Steck. Aggiungendo però che dopo quei fatti - anche se lo hanno reso “più umano” - fa più fatica a fidarsi delle persone. D'ora in avanti si dedicherà alle pareti più tecniche, così, ha precisato Steck: “Nessuno mi darà fastidio. È' quello che mi interessa. C’è ancora molto lavoro da fare su queste montagne e di sicuro c’è molto spazio per arrampicare”.

Intervista swissinfo.ch: www.swissinfo.ch





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