Corrado Pesce e il viaggio in Patagonia
Vivo in un villaggio all'ingresso del quale un cartello stradale segnala "la Capitale Mondiale dello sci e dell'alpinismo". L'affermazione al giorno d'oggi è esagerata, almeno per quanto riguarda l'alpinismo e dopo anni passati ad approfittarne pienamente mi sorprendo a volte a rimpiangere quei tempi in cui scalavo poco o nulla e potevo passare ore ad osservare una parete e chiedermi quando e come avrei potuto salirci.
La mia immaginazione non è abbastanza forte per immaginarmi il massiccio del Monte Bianco, diciamo all'inizio degli anni ottanta; un periodo neanche cosi lontano in cui sembrava tutti fosse stato risolto, mentre ancora oggi si può trovare qualche bella avventura. Ora quello che sto per scrivere troverà probabilmente molte persone in disaccordo, ma almeno farà riflettere due minuti. La Patagonia di oggi, più precisamente le montagne attorno al villaggio di El Chalten, si avvicinano all'idea che mi faccio di ciò che poteva essere il massiccio del Monte Bianco un po' più di trenta anni fa; le linee più evidenti sono state salite, meglio cosi, arrivando dopo possiamo quindi approfittare del duro lavoro di coloro che ci hanno preceduto! Resta però tanto da fare, completare, salire rapidamente, liberare... Il fatto di uscire dalla mia valle, entrare in un aeroporto, passare da un aereo all'altro, saltare su un bus e ritrovarmi davanti ad una Quilmes ed un paio di empanadas mi fa pensare ad un teletrasporto in un posto migliore dove posso sognare ancora più in grande e in cui si può giocare ancora più duro che nelle Alpi, e soprattutto un posto dove ho salito poco ed ho progetti ovunque...
Con Andrea Di Donato, che ho incontrato per caso in aereo sbarchiamo ad El Calafate usciamo dall'aeroporto e non c'è un alito di vento. Il mio compagno di scalate Manu Cordova arriverà solo il giorno seguente con un contingente di Iberici, è quindi su Andrea che è sempre di buon umore che sfogo la mia frustrazione per essere arrivato alla fine di quattro giorni di bel tempo. Il giorno dopo l'arrivo di Manu saliamo a depositare il nostro materiale (poco) al campo Niponino sotto il Torre. Il maltempo arriva e si installa sul massiccio per una settimana. Come ovunque altrove ci sono giornate ottime dove si può fare più o meno come a casa, giorni brutti dove è meglio stare a casa, ed un certo numero di giorni dove bisogna bene calcolare e giocare le proprie carte, osare ma non strafare.
Uno di questi giorni ci vede impegnati a risalire al Paso Superior ai piedi del versante est del Fitz Roy e dalla Aguja Mermoz, il nostro obiettivo per la giornata successiva che speriamo essere sufficientemente buona. Lasciamo la nostra truna alle 5 ed attacchiamo Vol de Nuit, una via di misto del celebre inglese Andy Parkin. Approfittiamo del fatto che il tempo sia incerto per godere di una rara solitudine, c'è soltanto una cordata alla Guillaumet. Le recenti nevicate hanno coperto la roccia di uno strato di neve polverosa e non c'è ghiaccio, ma stiamo scalando e per di più su roccia fantastica. Una dozzina di tiri di cui alcuni, difficili, ci conducono ad una breccia sulla cresta sommitale. La via finisce qui, ma dalla breccia non si vede il Torre e siamo comunque attratti dall'idea di raggiungere la vetta 80 metri più in alto, saliamo quindi su misto i metri che ci separano dalla vetta e come spesso accade da queste parti, questi non sono la parte più facile. La discesa non è stata delle più semplici, una corda incastrata nel posto sbagliato e ci ritroviamo a scendere con una sola corda la seconda metà della via. Rientriamo a El Chalten a notte fonda.
Dopo un giorno di provvidenziale maltempo eccoci di nuovo in cammino. Questa volta siamo diretti alla Torre Egger, che speriamo poter salire e scendere nella giornata di tempo splendido previsto per l'indomani. Alle quattro del mattino inizia ad albeggiare mentre scaliamo i tiri iniziali della via Exocet sulla Standhart. Lasciamo in seguito Exocet per dirigerci verso la parete Sud ed una volta al di sopra del Col dei Sogni scendiamo con un paio di doppie per raggiungere la base dello Spigolo dei Bimbi, la bellissima via di Salvaterra-Cavallaro-Vidi alla Punta Herron. Saliamo le splendide placche scolpite che avevo già salito l'anno scorso. Alle due del pomeriggio ci ritroviamo al Col de Lux, la breccia tra la Egger e la Herron, che abbiamo appena salito. Il Col de Lux mi è sempre sembrato un posto magico e non senza i suoi misteri. I tiri seguenti su placche ripide ci portano ai piedi del fungo sommitale che sta fondendo a causa del calore. Non perdo l'occasione di traversare a sinistra a dare un'occhiata all'uscita di Titanic, la mitica via di Giarolli e Orlandi. La felicità per la vetta tanto attesa precede una certa apprensione per una discesa che non sembra per nulla facile. Scendiamo direttamente sul colle della Conquista per la parete Sud. Poi seguiamo il versante est del Colle seguendo un misto di vie diverse, concentrati a finire la discesa senza complicazioni e godendoci questo posto incredibile. Qualche ora dopo eccoci di ritorno al Niponino.
Siamo pronti a risalire non appena possibile ed una settimana dopo ci ritroviamo in diverse cordate a subire la legge di una previsione del tempo poco affidabile. Il bel tempo tarda ad arrivare e quando arriva siamo già di ritorno al Chalten. Il bel tempo dura poco, Manu ne approfitterà per salire la Guillaumet in giornata da El Chalten con Colin Haley. Il maltempo si installa per dieci giorni e Manu torna a casa. Faccio cordata con Andrea. La promessa di un tempo migliore ci spinge a fare progetti improbabili. Improbabile era solo la speranza di avere una finestra concretamente buona su cui contare. La Supercanaleta diventa quindi il nostro obiettivo. Il calore delle ultime settimane ha fatto sciogliere completamente la neve dei primi 1000 metri di via. Essendo il meno improbabile dei nostri progetti la dice lunga sulla fattibilità delle salite che abbiamo accantonato...
Le perturbazioni che hanno colpito il massiccio potrebbero avere riformato la linea. Rapidi preparativi fatti al caldo, non affamati e chiusi tra solide mura, ci vedono pronti a partire come al solito esageratamente leggeri. Sei ore di avvicinamento ed eccoci di fronte alla Supercanaleta che sembra in condizioni corrette. Inizia l'attesa e la speranza di non essere beffati dalla meteo che è capricciosa, e che finisce per causare l'insuccesso di quasi tutte le cordate in giro per il massiccio. Il fatto che gli ultimi pretendenti alla via siano stati respinti dalle condizioni ci permette di affrontare questo viaggio in completa solitudine, una rarità che apprezziamo su questa via a volte affollata.
Dopo un giorno di attesa, eccoci verso l'una del mattino ai piedi della via, su una traccia di valanga sperando che il canale non abbia deciso di fondere proprio prima del nostro passaggio e di trovare la neve un po’ indurita dal gelo. Riusciamo a trovare il Bloque Empotrado prima dell'alba. La parte alta della via è coperta di neve fresca e polverosa, e con Andrea saliamo godendoci il misto non facile e di ottima qualità di questa grande classica. Ogni volta che levo lo sguardo verso lo Hielo Continental mi aspetto di vedere le prime nuvole arrivare dall'oceano, ma l'unica nuvola è quella che avvolge la cima del Fitz Roy. Queste condizioni ci rallentano ma il tempo tiene meglio di quanto previsto, e quando raggiungiamo la vetta alle 13 abbiamo ancora qualche ora prima dell'arrivo della perturbazione. La discesa della Supercanaleta, pericolosa quando il sole colpisce la parete, ci sembra quasi facile dopo aver ridisceso la Torre Egger e il Cerro Torre. Una ventina di doppie e disarrampicata più tardi rieccoci in cammino verso il Chalten. Piove ma siamo già nel bosco, è ora di tornare a casa. Ma ancora una volta è solo un arrivederci.
Un ringraziamento alle aziende che mi aiutano: Adidas, Blue Ice, Kayland, Petzl.
Ed un ringraziamento a coloro con cui ho condiviso queste belle salite: Manu Cordova, Andrea Di Donato e a Sebastian dell' Aylen Aike Hostel
di Corrado Pesce
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