Coffee Break #08 - Va la slitta va...
Nel suo Coffee Break n° 8 Daniela Zangrando - con Alberto Tadiello che come sempre cura le immagini di questo suo libero spazio della mente e della fantasia - ci racconta una storia di Natale, ma anche la storia del Natale. Una piccola e struggente storia di un amore impossibile che si ripete da tempi immemorabili tra le creste, il vento e quel mondo delle cime e delle montagne che non raggiungeremo mai.
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Va la slitta va…
© archive Tadiello-Zangrando
Si erano conosciuti così. Lei, Turritopsis nutricula e lui, Corvo. Lei era giovane, alla sua duecentomillenovesima vita. Medusa dai tentacoli sinuosi e dallo sguardo magnetico. Lui un corvo comune, di mezza età. Poderoso, nerissimo. Becco aguzzo, leggermente ripiegato all'ingiù. Piumaggio lucido e curato. L'aveva notata in una fredda mattina invernale, poco prima del levar del sole. Da allora si erano visti sempre più spesso ed erano diventati inseparabili.
«Sciocchina, come è possibile che tu non abbia mai visto Natale? Non mi hai detto che sei immortale? Deve esserti pur capitato almeno una volta!» – diceva lui appollaiato su uno scoglio, perso nei movimenti dei suoi aggraziati tentacoli.
«Immortale sì, ma... Magari succederà. Mi piacerebbe così tanto! Dai, dimmi com'è! Raccontami Natale.»
«Allora, io sono uno degli esseri più fortunati che esista in natura. Sono tutto nero. Zampe nere. Becco nero. Capo nero. Di solito mi acquatto su una cresta, in alto, e lo aspetto. Come ben sai, se Natale capisce di esser riconosciuto, scompare subito! Ma lui non può vedermi... io sono furbo e nero. Sono un tutt'uno con la notte! I gracchi, ad esempio, non sono mica tanto intelligenti... credono di essere invisibili, ma appena Natale vede il loro becco giallo, tac, non si mostra più. Ma tu vuoi sapere com'è. Dunque, hai presente San Nicolò?»
Lei annuisce in silenzio.
«Simile, ma molto più paffuto. Gli piacciono le carni ed i dolciumi! Ha un barbone bianco. Occhi brillanti. Mani enormi. Incendia tutto il cielo dove passa. È un miracolo vederlo volare». Poi prendeva fiato. Le aveva raccontato la stessa storia così spesso! Quella discussione cadeva ogni 25 dicembre. E ogni volta lei assumeva l'aria raccolta e triste di chi non può prender parte a qualcosa di immensamente grande. Per lui era penoso e non poteva far altro che svolazzarle sopra scarabocchiando in aria tutti i simboli di quel loro bizzarro amore. Ma lei niente. Nemmeno un sorriso.
«Mi sono reincarnata per secoli. Non c'è più nulla da fare. Dovrai raccontarmi tutto tu, di Natale in Natale.»
Un anno dopo, lei era lì. Il corvo tardava. Era la notte del 24. Lei gli aveva chiesto di passare a salutarla prima di raggiungere la sua cresta per essere sicura che fosse davvero nero come la notte e potesse quindi vedere anche quell'anno il miracolo di Natale! Pensò addirittura che il corvo le stesse giocando qualche scherzo e che fosse già appollaiato sul solito scoglio, mimetizzato nel buio, a spiarla. Provò a chiamarlo, ma non ci fu alcuna risposta. Strano si fosse dimenticato del loro appuntamento.
La medusa non sapeva che avrebbe mancato tutti i prossimi appuntamenti, che non sarebbe più stato la sua vista, i suoi occhi. Corvo non era immortale. Lui era morto.
Venne a saperlo da un vento di passaggio: «è morto Corvo! Ahhhh, quale triste dipartita! Corvo è mortooooo!»
Istintivamente, senza pensare, alzò gli occhi pieni di lacrime. Vide un crinale aguzzo, in alto. Era forse quella la cresta di cui lui parlava? Tentò allora di sollevarli ancor di più, li conficcò nel buio. Ecco un incendio di luci! Uno sfavillio! Ecco... Natale! Turritopsis nutricula si accorse di non aver mai guardato prima. Lassù.
di Daniela Zangrando
La cura delle immagini di Coffee Break è di Alberto Tadiello
La Turritopsis nutricula è una piccola medusa in grado di invertire il suo ciclo vitale tornando ad uno stadio primordiale di ammasso di cellule indifferenziate. Questo consente all'animale di ricominciare l'intero ciclo, rigenerandosi forse all'infinito.
>> Tutti gli articoli Coffee Break
«Sciocchina, come è possibile che tu non abbia mai visto Natale? Non mi hai detto che sei immortale? Deve esserti pur capitato almeno una volta!» – diceva lui appollaiato su uno scoglio, perso nei movimenti dei suoi aggraziati tentacoli.
«Immortale sì, ma... Magari succederà. Mi piacerebbe così tanto! Dai, dimmi com'è! Raccontami Natale.»
«Allora, io sono uno degli esseri più fortunati che esista in natura. Sono tutto nero. Zampe nere. Becco nero. Capo nero. Di solito mi acquatto su una cresta, in alto, e lo aspetto. Come ben sai, se Natale capisce di esser riconosciuto, scompare subito! Ma lui non può vedermi... io sono furbo e nero. Sono un tutt'uno con la notte! I gracchi, ad esempio, non sono mica tanto intelligenti... credono di essere invisibili, ma appena Natale vede il loro becco giallo, tac, non si mostra più. Ma tu vuoi sapere com'è. Dunque, hai presente San Nicolò?»
Lei annuisce in silenzio.
«Simile, ma molto più paffuto. Gli piacciono le carni ed i dolciumi! Ha un barbone bianco. Occhi brillanti. Mani enormi. Incendia tutto il cielo dove passa. È un miracolo vederlo volare». Poi prendeva fiato. Le aveva raccontato la stessa storia così spesso! Quella discussione cadeva ogni 25 dicembre. E ogni volta lei assumeva l'aria raccolta e triste di chi non può prender parte a qualcosa di immensamente grande. Per lui era penoso e non poteva far altro che svolazzarle sopra scarabocchiando in aria tutti i simboli di quel loro bizzarro amore. Ma lei niente. Nemmeno un sorriso.
«Mi sono reincarnata per secoli. Non c'è più nulla da fare. Dovrai raccontarmi tutto tu, di Natale in Natale.»
Un anno dopo, lei era lì. Il corvo tardava. Era la notte del 24. Lei gli aveva chiesto di passare a salutarla prima di raggiungere la sua cresta per essere sicura che fosse davvero nero come la notte e potesse quindi vedere anche quell'anno il miracolo di Natale! Pensò addirittura che il corvo le stesse giocando qualche scherzo e che fosse già appollaiato sul solito scoglio, mimetizzato nel buio, a spiarla. Provò a chiamarlo, ma non ci fu alcuna risposta. Strano si fosse dimenticato del loro appuntamento.
La medusa non sapeva che avrebbe mancato tutti i prossimi appuntamenti, che non sarebbe più stato la sua vista, i suoi occhi. Corvo non era immortale. Lui era morto.
Venne a saperlo da un vento di passaggio: «è morto Corvo! Ahhhh, quale triste dipartita! Corvo è mortooooo!»
Istintivamente, senza pensare, alzò gli occhi pieni di lacrime. Vide un crinale aguzzo, in alto. Era forse quella la cresta di cui lui parlava? Tentò allora di sollevarli ancor di più, li conficcò nel buio. Ecco un incendio di luci! Uno sfavillio! Ecco... Natale! Turritopsis nutricula si accorse di non aver mai guardato prima. Lassù.
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