Aurélia Lanoë e Silvia Loreggian concludono 'South 6', sei pareti sud e la traversata delle Alpi in bici

Sono distesa in tenda in uno di quei numerosi pomeriggi in cui il maltempo imperversa sul K2. Il Baltoro è stato luogo di riflessione e ispirazione per un lungo, ma al tempo stesso breve, mese. E' proprio lì che la voglia di scalare su roccia, al sole e di continuare a viaggiare, senza necessariamente dover volare dall'altro lato del mondo, si fa così forte da farmi nascere l'idea di questo progetto per l'estate succesiva. Ed è sempre lì che penso all'amica Aurélia Lanoë come compagna perfetta per dare forma a questa avventura. Le scrivo un messaggio con l'InReach, il mio piccolo telefono satellitare, e, come al solito, la sua risposta entusiasta mi trasmette uno di quei sorrisi interiori che non si vedono ma che ci permettono di essere felici. Delle scelte fatte, delle persone volute accanto a noi e della strada che stiamo percorrendo.
South6 consiste nella scalata di sei pareti Sud delle Alpi, scelte da noi come le più belle dal punto di vista arrampicatorio ed estetico, in contrasto con l'alpinismo eroico e "di sofferenza" che caratterizza invece le sei pareti Nord delle Alpi. Vogliamo concatenare le pareti con la bicicletta, con un viaggio unico dal mare all'estremità sud ovest delle Alpi, al mare all'estremità sud est delle Alpi. La bicicletta è il mezzo che ci permette di vivere il concatemento in modo totalmente ecologico, senza uso di mezzi motorizzati e senza che nessuno lo utilizzi per noi, di proposito, per supportarci. Il desiderio di vivere un mese della nostra vita ad emissioni zero e ad alta intensità fisica, ci trasmette la forza di lanciarci in una disciplina per noi un po' nuova: il bike packing.
Passa così un anno... Tra qualche cambio di programma e ore spese al telefono riusciamo finalmente a definire il piano: il 31 di luglio è il giorno prescelto per la partenza. Arriviamo con il treno a Ventimiglia, eccitate come i bambini quando si lanciano in una nuova avventura, senza nessuna paura come magari capita per altri progetti alpinistici. La strada sarà talmente lunga che ci sarà tempo per preoccuparsi di eventuali problemi, così lunga che ci costringe ad immaginarne un pezzetto per volta e sembra di avere tanti piccoli progetti in un grande progetto. Cariche quindi di tutta l'attrezzatura d'arrampicata e la minima indispensabile per campeggiare, partiamo.
Il risultato sono 1500 chilometri e 22.000 metri di dislivello positivi percorsi in bicicletta, 10.000 metri di dislivello positivi percorsi a piedi, 4000 metri di roccia verticale scalati, tre giorni di riposo su un mese esatto di viaggio e due tuffi nel mare nei due punti opposti delle Alpi!
Corno Stella - massiccio dell'Argentera
La prima parete scelta è il Corno Stella, nel massiccio dell'Argentera. Partiamo da Ventimiglia all'una del pomeriggio, mutande e reggiseno bagnati dal tuffo in mare obbligatorio, 30° e alta pressione. Un meteo che ci accompagnerà senza grandi cambiamenti per le successive tre settimane! L'avventura comincia e così anche le prime salite con le nostre bici cariche ognuna con circa 18kg a testa, la prima notte accampate a bordo strada con la nostra tendina e la prima colazione all'alba per cercare di evitare almeno qualche ora il grande caldo di agosto.
Il Corno Stella è una montagna poco conosciuta e per vederla bisogna proprio andarci di proposito. È una montagna un po' da local, ed è stato proprio questa sua caratteristica ad attrarmi. Solo i camosci ci fanno compagnia lungo l'avvicinamento al rifugio Bozano, dove Marco, il gestore, ci accoglie con una squisita pizza artigianale. Due nuovi amici di Borgo San Dalmazzo ci rendono la serata goliardica e ci fanno immergere completamente nello spirito familiare del posto. Ringrazio veramente di cuore Lorenzo e Andrea per la compagnia e il supporto logistico!
L'indomani scaliamo la via Ge.La.Mo., è la prima via del progetto e sebbene siamo partite da solo due giorni (e significa che non scaliamo da solo tre giorni), trovarmi a tirare le piccole tacche del primo tiro con le dita ghiacciate dopo tante ore seduta sulla sella mi dà la sensazione di non ricordarmi più cosa vuol dire scalare! Ma la temperatura si addolcisce e così anche i miei movimenti, presa dopo presa la roccia iniza a scorrere di nuovo velocemente sotto le mie mani, tutto ritorna ad essere più familiare e piacevole, tanto da ritrovarmi in cima senza nemmeno accorgemene. Scendiamo veloci, non perdiamo troppo tempo ed inforchiamo subito le nostre biciclette, direzione... Mont Blanc!
Monte Bianco
La prossima meta è appunto il Monte Bianco, lungo una delle sue vie più famose: il Pilone Centrale del Freney. Abbiamo scelto la via Bonington al Pilone Centrale perché è in assoluto la linea più estetica e tecnica al Monte Bianco per il suo versante sud. Una via importante, piena di storia e significato che ancora mancava nei nostri palmares.
Quando vediamo il Monte Bianco per la prima volta in lontananza pedalando lungo la valle d'Aosta, è una grande emozione. È una montagna che entrambe vediamo di continuo e che abbiamo già salito lungo diversi itinerari e versanti, ma sapere di arrivare dal mare in bicicletta e di doverla attraversare lungo quella via per riuscire ad approdare in Francia ci fa per un attimo rabbrividire.
E così, dopo qualche giorno di bicicletta, saliamo al bivacco Eccles per trascorrere il pomeriggio e parte della notte. Nella notte appunto, partiamo per la nostra scalata. La fortuna sembra aver deciso ufficialmente di assisterci e non solo abbiamo un meteo perfetto, ma abbiamo anche delle condizioni di ghiacciaio e parete ottimale.
Scaliamo senza sosta, illuminate dalla luce delle nostre lampade frontali. Saliamo gran parte in conserva, il sole inizia a vedersi in lontanaza e man mano che passano le ore anche le temperature diventano più miti e ci aiutano a tenere un buon ritmo. Arriviamo alla Chandelle, qui ci concediamo di cambiare ritmo, le difficoltà aumentano considerevolmente e con queste, il nostro stupore nel pensare al coraggio degli apritori all'epoca. Dalla cima della Chandelle alla cima del Monte Bianco però é ancora lunga, tratti di cresta nevosa si alternano a tratti di cresta rocciosa, la stanchezza inizia a farsi sentire ma poi finalmente, cima!
Ho perso il conto di quante volte sono salita qui su, la prima volta con Stefano, Giovanni e Matteo lungo la cresta integrale di Peuterey, poi tante volte con gli sci per allenamenti primaverili all'alta quota, adesso con Aurélia direttamente dal mare by fair means, bellissimo! Ma non è finita, 3000 lunghi metri di dislivello di discesa ci aspettano per scendere fino a Chamonix, dove dopo una pizza ed una birra crolliamo definitivamente nel mio piccolo, ma per me accogliente, nido di casa! Un grazie speciale a Stefano Ragazzo, il mio fidanzato, che di rientro dal lavoro di guida in Monte Rosa ha preso le noste bici in Val Veny per farcele ritrovare a Chamonix, ma soprattutto, per l'amore che l'ha spinto a venirci incontro lungo la discesa con uno zaino carico di delizie da boulangerie francese!
Reissend Nollen - Wenden
Da Chamonix, si riparte per la Svizzera. Le tappe in bicicletta si fanno più serie, i tratti piani quasi scompaiono e con il Col de la Forclaz prima, il Passo di Grimsel poi e la breve ma ripida salita a Wendenalp, raggiungiamo il Wendenstock. È la prima volta che vedo finalmente le famose pareti del Wenden, sono estasiata. Ritrovo immediatamente la connessione con la roccia, la voglia di scalare e il bisogno di fermarmi un po' per fare mio di nuovo il ritmo statico e la concentrazione interiore che la scalata richiede. Con calma, mi immergo nell'atmosfera del luogo. I pochi altri scalatori del posto sono molto amichevoli, ci sentiamo tutti parte di una grande famiglia.
Scaliamo la via Caminando, un capolavoro sul Reissend Nollen. Una quindicina di tiri, uno più bello dell'altro, dove la verticalità (a partire dallo zoccolo iniziale) e la distanza tra gli spit, mi permettono di sentirmi leggera e un tutt'uno con la parete.
Drusenfluh - Rätikon
Si riparte poi per altri due ripidi giorni di bicicletta, dove la ciliegina sulla torta arriva proprio sul finale con una strada al limite della pendenza per i nostri rapporti di cambio da Gravel. Fortunatamente i miei genitori sono venuti a trascorrere un paio di giorni con noi in quest'angolo di paradiso, sono con il furgone e, oltre a prenderci le borse delle bici, renderanno il nostro semplice campeggio con la tenda decisamente più confortevole.
Scaliamo la via Schwarzer Diamant sul Drusenfluh. È bellissima. Cominciamo presto per evitare il caldo, e le temperature ci permettono ancora di godere dell'aderenza imprescindibile sulle micro concrezioni create dall'acqua su queste pareti altrimenti prive di qualsiasi presa. Di nuovo quel senso di leggerezza e sicurezza si impadronisce di me, sono entusiasta quando tocca a me scalare da prima di cordata, un po' sofferente quando da seconda! Il tiro finale cambia genere, è un doppio strapiombo dove vado un paio di volte sù e giù prima di convincermi che è proprio quella presa brutta quella da tenere per riuscire ad impostare un movimento dinamico a qualcosa che da sotto ancora non vedo, ma che spero di trovare, et voilà, proprio lì, la trovo! Tutto riesce a-vista di nuovo, i nostri sorrisi non si spengono, la voglia di continuare su questa onda positiva ci da la carica giusta per la prossima meta, si ricomincia a pedalare!
Dopo tre settimane di alta pressione e meteo dalla nostra parte, gli astri si scontrano e le successive giornate di bicicletta si rivelano essere in assoluto le più lunghe e con più dislivello, circa 140km e più di 2000m D+ ciascuna. Saranno un viaggio mistico interiore cadenzato dal continuo gocciolare della pioggia sul frontino dei nostri cappellini e sulle nostre giacche ben presto inzuppate e inutili.
Marmolada - Dolomiti
La prossima parete nel mirino é la mia tanto amata Marmolada. Scelgo una via che per certi versi già conosco e non così sfidante per me, perché mi risulta difficile immergermi in uno stato fisico e mentale ottimale, a questo punto del viaggio. Ad ogni modo, Tempi Moderni in giornata (..e addirittura senza neanche far buio in discesa), sarà una bella cavalcata senza esitazione, che fa finalmente scoprire alla mia amica Aurélia quello che provavo a spiegarle a parole. E che lei, incredula, non poteva capire: la scalata in Marmolada è un qualcosa di unico. E fa capire a me perché spesso mi viene sottolineato che "vengo dalla miglior scuola di scalata". Perché se scali bene in Marmolada, non c'è nulla che ti possa fermare! Dalla cima di questa mia montagna del cuore, il panorama è mozzafiato e la felicità di essere ad un passo dalla fine altrettanto!
Cjanevate - Alpi Carniche
Si continua alla volta del Friuli. Il meteo ancora ci fa tentennare. Ne approfittiamo per vivere qualche giornata a ritmo più lento, una bella colazione dal mio cuginetto a Caprile, una buona cena di compleanno per Aurélia a Cortina, un paio di giorni tra rifugio Marinelli e Agriturismo Morareto ad aspettare che esca il sole e asciughi le pareti bagnate dalle ultime pioggie. Sul più bello, quando il sole splende su un cielo blu di Prussia, ci troviamo bloccate dentro una macchina dove abbiamo trascorso la notte, su gentile concessione della ragazza che gestisce l'agriturismo e che ci ha trovato questa soluzione perfetta di fronte all'overbooking del weekend e l'impossibilità di alloggiarci altrimenti. Attendiamo che tutti si sveglino e finalmente qualcuno si accorga che siamo bloccate qua dentro! Partiamo poi decise, al solito si cammina veloci, si scala veloci ed in breve siamo in cima alla via Nouvelles Sensations sul Pilastro delle Plote del Cjanevate!
Da qui, i minuti si susseguono senza soluzione di continuità, diventano ore e le ore lasciano il posto al tramonto prima, all'oscurità della notte poi e infine al silenzio dell'alba. Ma questa prima luce timida del giorno la vediamo affiorare dal mare.. Perchè sì, ce l'abbiamo fatta, esattamente un mese dopo la nostra partenza da Ventimiglia, dopo una notte passata a pedalare e gestire il poco cibo rimastoci, ci tuffiamo sul mare del lato opposto delle Alpi!
Monfalcone ha così il sapore di una notte confusa e buia in sella alla bicicletta, di una doppia brioche e caffè americano al panificio aperto alle 4 del mattino, della salsedine e del mare freddo ma calmo delle 6 del mattino, di qualche minuto di quiete e incredulità, di un capitolo che si chiude con la stessa semplicità e spensieratezza con cui si era aperto.
Il grazie più grande va alla mia compagna di avventura, Aurelia: semplicemente perfetta. E poi infiniti grazie alle numerosissime persone che ci hanno aiutato, ognuno a proprio modo (e ognuno sa come), nel rendere tutto ciò possibile e più piacevole!
Ed infine grazie a La Sportiva, Grivel e Totem, che credono nella mia visione di vita.
- Silvia Loreggian, Chamonix