Alpinismo sul Gran Sasso, tra passato e presente, con un po' di immaginazione
Fuori dalla cronaca. Si potrebbe intitolare così questo contributo di Roberto Iannilli. L'anno è il 1994. La montagna è quel Gran Sasso che da decenni gli fa da seconda casa, anche nei sogni. La nuova via, Immaginazione al Potere, è quella che ha aperto con Roberto Borrelli sulla Seconda Spalla del Corno Piccolo. Noi ve la proponiamo suggerendovi di non badare a quel "fuori tempo" che l'anno potrebbe suggerire. Per una volta prendevi il tempo. Senza il timore che la notizia venga divorata e superata dalle altre mille che premono. E, se potete e volete, usate un po' di immaginazione. Per vedere le (splendide) pareti del Gran Sasso. Quel loro essere Isola e, come tale, terra diversa da tutto ciò che sta attorno. E poi, prendetevi tempo per cercare (se non lo sapete) chi sono Chiaretta Ramorino e Rinaldo Amigoni, due dei personaggi che fanno capolino in questa piccola storia... Magari per scoprire che, forse sì, un po' di immaginazione che vaga tra passato e presente, può servire. Anche di questi tempi.
IMMAGINAZIONE AL POTERE di Roberto Iannilli
Venerdì 15 luglio 1994
"Ecco, scendo subito!" Rispondo al citofono senza domandare chi è.
"Dove parcheggio?" Mi chiede Roberto.
"Ti apro il cancello, mettila dentro al portico."
Roberto Borrelli arriva poco dopo le 20, lo zaino l' ho già messo nel bagagliaio della mia Toyota MR2 rasoterra, il tempo di caricare il suo e siamo in viaggio, verso il Gran Sasso.
"Non ho potuto fare prima, il principale non voleva mandarmi più via questa sera!" Mi dice.
"Ti sei ricordato il sacco a pelo? Non ce la facciamo a salire al Franchetti, dormiamo all' Hotel SIGET." Gli rammento io.
Roberto ha ventidue anni, io quaranta, e nonostante questo salto generazionale stiamo bene insieme. Ci leghiamo alla stessa corda da circa tre anni e il nostro è un rapporto di amicizia particolare, la differenza di età a la particolare dolcezza del suo carattere me lo fanno sentire quasi figlio. Possibilità invero molto remota, a diciott'anni non avrei mai potuto procreare, le ragazze le vedevo ma non riuscivo a toccarle, ero troppo timido.
Abbiamo cominciato a scalare insieme a Ripa Majla, poi l' ho circuito senza pudore e convinto ad accompagnarmi in montagna. Un giorno gli ho detto: "Ti va di fare una via al Gran Sasso? Dovrebbe essere facile …"
"Come sarebbe dovrebbe?" Mi rispose.
"A vederla non sembra difficile."
"Ma scusa: che via è, chi l' ha fatta? Che grado è?"
"E' che ancora non l' ha fatta nessuno, noi saremmo i primi. Ma è facile, si vede che è facile." Gli risposi senza vergognarmi affatto della bugia. E fu la prima di una bella serie di vie, tutte difficili.
Questa sera ci accampiamo nel locale dove girano i seggiolini dell' impianto di risalita della società SIGET, l' Hotel SIGET appunto. Di certo non saremo soli, anche se il pienone sarà domani che è sabato, quando si farà fatica a trovare il posto per stendere materassino e sacco a pelo. Ma a noi non importa, la sera non ritorneremo ai Prati, dormiremo al Franchetti.
In realtà dal rifugio non è propriamente comodo andare alla Seconda Spalla del Corno Piccolo, il percorso per arrivare all' attacco è più lungo e tutti preferiscono restare ai Prati di Tivo, base della seggiovia. Il problema è che per aprire una via nuova occorrono più ore che per ripeterne una già salita e la seggiovia inizia a salire solo alle 8 e 30. L' alternativa è andare a piedi, e in questo caso è più comodo dal Franchetti: tutta discesa.
Arriviamo che sono quasi le ventitré. Parcheggio accanto alla seggiovia e scarichiamo gli zaini. Con le luci frontali accese entriamo nel locale dei seggiolini e facendo il minimo rumore possibile ci sistemiamo accanto a vari bozzoli colorati, dentro ci sono delle larve di alpinista in sospensione vitale, attendono la schiusa domani all' alba, per poi migrare per la riproduzione sulle pareti del Gran Sasso.
Sabato 16 luglio 1994
Risaliamo le scalette del Sentiero Ventricini, poi traversiamo per la cengia che corre sotto la parete ovest della Seconda Spalla del Corno Piccolo ed arriviamo all' attacco, poco a sinistra di quello dell' Aquilotti 75, una delle più belle vie delle Spalle, uno dei tanti capolavori di Lino D' Angelo ed Enrico De Luca.
"Beh! Che te ne pare?" E indico a Roberto la linea della nostra possibile via.
"Che come al solito non so dirti di no e poi me ne pento." Mi risponde Roberto.
Il sole sorge dall' altra parte della montagna, qui siamo in ombra e fa ancora freddo, con le dita gelate vuotiamo gli zaini e prepariamo il materiale.
Per prima cosa indossiamo i caschi e quindi mettiamo gli imbraghi. Mentre posiziono sui porta materiale l' attrezzatura per proteggermi, Roberto disfa le matasse delle due mezze corde e le rifà, mettendole in ordine per non ingarbugliarle.
"Buongiorno ragazzi." Ci voltiamo verso la forcelletta per vedere chi ci saluta.
"Ciao Rinaldo, cosa vai a fare?" E' Rinaldo Amigoni, uno dei volti storici dell' arrampicata romana e non solo.
"Andiamo a fare l' Aquilotti 75. Sto con Chiaretta."
Chiaretta Ramorino e Rinaldo Amigini sono per me due miti, due persone che vanno al di là della loro testimonianza di scalatori, mi piacciono. Come molti dei personaggi che hanno segnato l' alpinismo negli anni in cui ero bambino, destano in me un sentimento di profonda ammirazione e rispetto. Noi scalatori moderni badiamo ai gradi, alla libera, cerchiamo il gesto, ma i materiali di cui disponevano loro fanno sembrare un gioco le nostre arrampicate. L' avventura è un fondamento dell' alpinismo e ancora oggi puoi trovarla se vuoi, all' epoca era però la costante, non si poteva sbagliare, ma bisognava osare ugualmente.
"Vedo che hai trovato compagnia. Ciao ragazzi." E' arrivata anche Chiaretta
Mi piace da impazzire la signorilità senza fronzoli di Chiaretta e la nobiltà dei modi di Rinaldo. Quando li incontri ad arrampicare, in falesia o in montagna, soltanto se conosci la storia comprendi il valore, non c' è mai supponenza nel loro atteggiamento.
La via Aquilotti 75 attacca a meno di dieci metri da dove siamo Roberto ed io, quindi i nostri amici si fermano e iniziano la preparazione alla scalata, mentre noi proseguiamo la nostra.
Tolgo gli scarponcini da avvicinamento ed anche i calzini e provo a calzare una scarpetta da arrampicata ma rinuncio subito, il contatto mi gela i piedi. Rimetto i calzini e prima di ritentare con le scarpette gli do un paio di alitate all' interno. Roberto aggancia la piastrina Stich nell' anello di servizio della sua imbragatura e ci passa le corde a cui sono legato. Siamo pronti.
"Beh! Io vado!"
"Vai Robbè e st' attento!" Mi risponde Roberto mentre recupera la corda in più e si mette nella posizione di chi fa sicura al compagno.
Mi sfrego le mani per cercare di scaldarle e attacco la via, è iniziata una nuova avventura.
Aprire una via di arrampicata significa scalare una parete di roccia lungo una linea dove ancora nessuno è mai passato, è tracciare un nuovo percorso verso la vetta, o più prosaicamente, verso l' alto. L' apritore ha come terreno di gioco la roccia lavorata da milioni di anni di erosione e la interpreta scegliendo il percorso più congeniale alla sua idea di via. Questa potrebbe seguire la linea più facile, o la maggiormente diretta, o addirittura la più difficile, oppure la specialmente bella, ma potrebbe anche essere varie cose insieme. Il risultato dipende dalla scelta dello scalatore e da quello che la parete gli riserva, particolare questo che regala sempre delle sorprese. E' una forma di creatività e non è raro trovare dei veri capolavori di via, quasi delle opere d' arte, sintesi tra estrosità umana e natura.
Con un ultimo passaggio esco da una larga e difficile fessura e approdo su un terrazzino alla base di una parete che pare meno complicata. Cerco con lo sguardo e non vedo Chiaretta e Rinaldo sull' Aquilotti, devono averci superato mentre ero impegnato con la fessura; vanno forte i giovincelli, non c' è che dire. Pianto due chiodi, attrezzo la sosta e mi ci aggancio.
Accoppio le mani a mo di megafono e ci urlo dentro: "Molla tutto!"
Pochi secondi e mi torna la voce di Roberto, sempre gridata: "Libbera!"
Tiro su le corde avanzate e mi paiono pesantissime, fatico più di quanto dovrei; devo essere davvero stanco. Quando sento che non vengono più urlo ancora: "Finita?"
"Si!"
Inserisco le due corde nell' autobloccante e, sempre ad alta voce: "Quando vuoi!"
Contemporaneamente iniziano ad arrivare una serie di deng deng, è il martello di Roberto che schioda la sosta. Passa qualche istante e la sua voce ancora risale a me: "Vengo!"
Recupero il mio compagno che veloce arrampica e mi raggiunge.
"Robbè, hai l' orologio a portata di mano?"
"Le cinque!" Mi risponde dopo aver guardato l' ora.
"So' stanco, fa freddo e il cielo s'è coperto. Io scenderei, magari tornamo domani e la finimo."
"Stavo per dirtelo io. Me so' morto de freddo alla sosta sotto."
Per oggi basta, siamo stati anche troppo bravi, ci caliamo in corda doppia e andiamo al rifugio.
Domenica 17 luglio 1994
"Ma ce l'hai il nome per la via?" Mi chiede Roberto mentre scendiamo rapidi verso la madonnina.
"Ai miei tempi c'era uno slogan, Immaginazione al potere diceva, sarò un po' nostalgico ma mi piace."
"Bello! Che significa?"
"E' una storia lunga e complessa, un giorno te la racconterò."
Continuiamo con il nostro passo allenato verso la parete, oggi finiremo la nostra linea, daremo ancora potere all'immaginazione, qualità indispensabile ad un alpinista che scala le montagne per sincera passione.
***
Herbert Marcuse se ne è ormai andato dal 1979, l' immaginazione non ha preso il potere e oggi non resta nulla da immaginare. La quasi totalità di quelli che teorizzavano l' aspirazione ad un potere immaginifico hanno smesso i panni del contestatore e seguono devoti gli ideali senza fantasia di una società basata sull' egoismo, l' individualismo, le apparenze. Probabilmente sono solo un nostalgico sentimentale e un poco fuori tempo, ma sono affezionato all' assioma di Marcuse, mi ha insegnato a non accontentarmi di una vita preconfezionata, pronta all' uso, liofilizzata, sterile, certificata ed insignificante. Troppo facile assumere per via parentale un' esistenza da farsi poi scorrere addosso, senza immaginazione, molto meglio sbagliare e azzerare, qualche volta.
di Roberto Iannilli - Sabato 5 maggio 2012
Via Immaginazione al potere, parete ovest, Seconda Spalla, Corno Piccolo, Gran Sasso
Roberto Iannilli e Roberto Borrelli, 16 e 17 luglio 1994. Sviluppo: 215 m, difficoltà ED (passaggi di VII+)
Per chi volesse, consigliamo il recente libro di Roberto Iannilli: Forse accade così. L'Alpinismo: un gioco, ma non uno scherzo