Alpinismo: nuova via per Salvaterra, Garibotti e Beltrami sul Cerro Torre
IL 13/11 Ermanno Salvaterra, Alessandro Beltrami e l'argentino Rolando Garibotti hanno raggiunto la vetta del Cerro Torre aprendo 'El Arca de los Vientos' (L'Arca dei Venti), nuova via sul Cerro Torre, la montagna simbolo dell'alpinismo in Patagonia.
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Cerro Torre, El Arca de los Vientos: il Cerro Torre dalla Laguna Torre
archivio Ermanno Salvaterra
Cumbre! Ermanno Salvaterra, Alessandro Beltrami e l'argentino Rolando Garibotti domenica 13 novembre hanno raggiunto la vetta del Cerro Torre. La notizia era già rimbalzata nei giorni scorsi. La cima era sicura, ma mancavano ancora i dettagli della salita che, solo ora, sono stati pubblicati sul sito ufficiale della spedizione. Insomma, ora si possono dare alcuni importanti ragguagli della bella e risolutiva cavalcata iniziata l'12 novembre e terminata in vetta alle 23,45 di domenica 13.
Si è trattato davvero di un bel tour, veloce (leggero) ed emozionante che ha ripagato Ermanno, Rolando ed Alessandro della rinuncia di qualche giorno fa, quando, a 300 metri dalla cima, erano stati ricacciati indietro da una delle classiche quanto improvvise bufere patagoniche. Come sempre, in Patagonia, ancora una volta il carattere e la perseveranza hanno pagato! Questa, come scrivono nel diario di spedizione: “è la prima via nuova aperta sul Cerro Torre in perfetto stile alpino. Decidiamo di chiamare la nostra via 'El Arca de los Vientos' (L'Arca dei Venti) e la dedichiamo alla memoria di due cari nostri Amici, lo spagnolo Pepe Chaverri e l'argentino Teo Plaza”. Due grandi alpinisti patagonici che non ci sono più.
Ma veniamo a quel che è successo e a questa nuova 'L'Arca dei Venti'. Questo in breve il 'tragitto' come è stato descritto da Ermanno: “La nostra via si sviluppa salendo lungo il diedro iniziale salito da Egger, Fava e Maestri nel '59. Dal punto più alto raggiunto da loro abbiamo continuato al Colle della Conquista lungo placche a sinistra della via Americana alla Torre Egger. A questo punto abbiamo girato a destra, salendo lungo la parete nord-ovest per parecchi tiri, per poi portarci allo spigolo nord. Da qui ci siamo spostati sulla parete nord, salendo diritti ad una ventina di metri dallo spigolo. Alla fine della parete nord abbiamo raggiunto lo sperone ovest lungo il quale siamo andati in cima. In tutto abbiamo fatto 37 tiri per coprire i 1200 metri di parete.” La corsa è iniziata con un primo giorno (11 novembre) dedicato all'avvicinamento da El Chalten, alla salita dei primi 5 tiri del diedro e alla posa di tre corde fisse per poi passare la notte nella grotta di ghiaccio alla base della parete. Nei due giorni successivi la veloce salita.
Il 12 novembre la sveglia è alle 3,45. Veloce risalita delle tre corde con i Jumar e poi via fino al nevaio triangolare e alle 12 sono già al Colle della Conquista. Ancora avanti, di corsa, confortati dalle buone condizioni meteo. E, alle 16,30 sono sul terrazzino dove, solo qualche giorno prima, erano stati costretti a scendere dal maltempo: per raggiungerlo, quella prima volta, avevano impiegato due giorni… Questo è il posto per il bivacco. Ma intanto Ermanno parte per esplorare la parete nord. Un primo tiro a cui Rolando aggiungerà il secondo. La strada per l'inizio dell'avventura sulla nord dell'indomani. Ora è tempo di sistemarsi per far passare la notte: come sempre non è una situazione comodissima… ma passa. D'altronde, raccontano: “Il posto è incredibilmente affascinante. Di fronte a noi la Egger, a destra il Fitz ed a sinistra lo Hielo Continental. Il freddo è abbastanza pungente ma il cielo incredibilmente stellato. La notte trascorre velocemente e riusciamo anche a dormire un po'”.
Il 13 novembre si riparte alle 8,00. “La parete è quasi verticale e molto difficile. Con altre due lunghezze su roccia e scalando fra le incrostazioni di ghiaccio riusciamo a saltare fuori dalla parete nord. Con un altro tiro raggiungiamo la Via dei Ragni di Lecco”. E' mezzogiorno, e ancora il Torre riserva molte sorprese. “La Torre Egger è ormai molto sotto di noi ma la vetta del Torre ancora non si può vedere. Iniziamo una serie di tiri molto impegnativi che a turno cerchiamo di salire. Il ghiaccio non ha consistenza ed a volte siamo obbligati a crearci un varco prima di trovare una certa consistenza della neve o del ghiaccio. Abbiamo solo due fittoni e siccome i chiodi da ghiaccio non tengono le protezioni sono quasi inesistenti. Sappiamo che oltre metà delle cordate che hanno salito la via sulla ovest, la Via dei Ragni di Lecco, hanno rinunciato alla vetta proprio in questo punto. Noi non dobbiamo mollare. Costi quel che costi”. Anche se il cielo si è coperto e il vento ha cominciato a soffiare. Poi finalmente arriva anche l'ultimo tiro sull'incredibile fungo di ghiaccio: “lo facciamo a pezzi, salendone un po' ciascuno. Il freddo si fa pungente ma alle ore 23.15 siamo sul punto più alto del Cerro Torre”. Felicità e coincidenze di una cima amata (forse perché difficile e particolare): esattamente un anno prima, il 13 novembre del 2004, Ermanno Salvaterra e Alessandro Feltrami, con Giacomo Rossetti, erano lì, sempre su quella cima, raggiunta con la loro via da est, “Quinque anni ad paradisum”.
Non deve essere stato facile bivaccare sotto il fungo, a pochi metri dalla cima, anche se è un classico del Torre… poi alle 4 inizia la lunga e difficile discesa. Dalla spalla è una scarica continua di slavine, ma poi arriva anche la 'casa', la grotta sul ghiaccio. Solo lì: “iniziamo a renderci conto di cosa siamo riusciti a fare. Siamo veramente distrutti. Facciamo fatica a camminare, le mani dolgono ed i piedi di Ale e di Ermanno sono in uno stato pietoso. Siamo soddisfatti di quanto siamo riusciti a portare a termine ed anche a noi sembra sia stato un sogno.”
Il giorno dopo erano già a El Chalten. Domenica Ermanno e Alessandro dovrebbero essere di ritorno in Italia. E ci sarà modo anche per riparlare del quesito che, specialmente Ermanno e Rolando, si ponevano: troveremo le tracce di Maestri e Egger?
Nella foto: il Cerro Torre (ph arch. E. Salvaterra).
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