50 giorni per 106 vette delle Dolomiti

Il grande viaggio di Franco Nicolini e Mirco Mezzanotte su 106 cime delle Dolomiti oltre i 3000 metri: 50 giorni di sola montagna e scalata, spostandosi a piedi o in mountainbike.
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Mi sono chiesto dove avrei potuto vivere ancora più intensamente la montagna, e la risposta era difronte a me: le Dolomiti, casa mia.
arch. Franco Nicolini

E’ durato esattamente 50 giorni, dal 7 maggio al 25 giugno 2007, il gran tour di Franco “Franz” Nicolini e Mirco Mezzanotte per concatenare 106 cime di 17 gruppi diversi delle Dolomiti. Il tutto è stato affrontato dai due con lo schema libero di chi affronta la montagna giorno per giorno, per starci e girovagare e viverla.

Le scalate su vie classiche si sono alternate alle vie normali e alle ferrate, a seconda delle condizioni meteo e del momento. Anche per questo i trasferimenti tra un gruppo e l’altro e tra le varie cime sono avvenuti rigorosamente a piedi o in mountainbike.

Nicolini e Mezzanotte erano partiti con l’idea di compiere il tour in 90 giorni ma alla fine il tutto si è concluso in 50 giorni esatti… una bella corsa ma soprattutto come scrive Franco Nicolini: una montagna vissuta “ con il sole, la pioggia e qualche volta anche sotto la grandine e la neve. Ogni giorno un giorno diverso, dove le scelte sono state fatte ad ogni alba, dove più il tempo passava e più il legame con la montagna e l’ambiente diventava intenso.”



SULLE CRESTE DELLE DOLOMITI IN 50 GIORNI
50 giorni per 106 cime dolomitiche oltre i 3000m
di Franco Nicolini

Qualche volta proprio davanti a noi si nascondono le avventure più grandi e le emozioni più forti. Ho avuto la fortuna di viaggiare e visitare le lontane catene Himalayane e il Karakorum per confrontarmi con i giganti della Terra o attraversare valli sperdute in Cina dove esistevano ancora altissime cime inviolate.

Mi sono chiesto dove avrei potuto vivere ancora più intensamente la montagna, e la risposta era difronte a me: le Dolomiti, casa mia. Un progetto che è nato qualche anno fa e che nel tempo è diventato inevitabile, una bellissima sfida e nello stesso tempo un modo per capire ancora più profondamente come e per quanto tempo l’uomo può adattarsi ad una prova psicofisica dura, come la mente reagisce davanti a sollecitazioni continue dove non è previsto l’errore.

Il concatenamento di 106 cime a “tremilametri”, i trasferimenti tra 17 gruppi dolomitici da effettuarsi solo a piedi o in bicicletta, un tempo massimo di 90 giorni per terminare: c’erano tutti gli ingredienti per farsi trascinare in questa indimenticabile avventura. In più l’elemento magico, poter scalare, arrampicare, salire, vivere attivamente la montagna per più di due interi mesi, senza le logiche di qualsiasi altra spedizione che prevede inevitabili tempi morti per le pratiche burocratiche, i trekking di avvicinamento, le soste per i campi.

No, qui tutto è stato vita vissuta, con il sole, la pioggia e qualche volta anche sotto la grandine e la neve. Ogni giorno un giorno diverso, dove le scelte sono state fatte ad ogni alba, dove più il tempo passava e più il legame con la montagna e l’ambiente diventava intenso, tanto che quasi al termine dell’opera l’obiettivo non era più il tentativo di terminare nel minor tempo possibile, ma invece cercare la maggiore soddisfazione nelle arrampicate attraverso l’eleganza delle ascensioni su vie classiche e famose.

Io e il mio “socio” Mirko abbiamo impiegato 50 giorni per realizzare il grande concatenamento. Con quasi 15 anni di differenza sulle spalle, siamo riusciti a mettere a frutto le nostre conoscenze, quelle che non si trovano scritte sui manuali, e soprattutto abbiamo trovato un affiatamento immediato.

Ci conosciamo da tempo, siamo già stati insieme su un 8000, il Cho-Oyu, abbiamo gareggiato in squadra nello scialpinismo, ma questa era in effetti una prova diversa, insidiosa perché lunga e senza soste, capace di mettere a dura prova anche rapporti consolidati.

Credo sia prevalsa la nostra capacità di concentrarci e di adeguarci costantemente alle situazioni; Mirko nel corso delle prime settimane ha intuito velocemente le peculiarità dei miei ritmi di salita, cosa che ci ha permesso progressivamente di coordinarci in operazioni di cordata che ritengo di alto livello e che ripeto non sono scritte su nessun manuale di alpinismo ma ti permettono di muoversi su certi terreni di arrampicata in maniera sufficientemente protetta ma soprattutto veloce.

Naturalmente non sono mancate le giornate eccezionali con delle arrampicate su salite classiche che ricorderò per sempre: le arrampicate sulla roccia massiccia del Brenta o delle Cime di Lavaredo, i lunghi ed esposti traversi carichi di neve del Cristallo e Popena, le lunghe camminate per concatenare in giornata tutte le Dolomiti di Fanes, la Marmolada con la tanta neve di maggio, e i passaggi in cresta sul Civetta e sull’Antelao ci hanno regalato emozioni incredibili.

Meno “stupende” sono state invece altre esperienze, come la salita della Croda Rossa d’Auronzo o la Moiazza che abbiamo scalato in condizioni limite o addirittura proibitive, sotto scrosci di acqua gelata su pareti vetrate che ci hanno rallentato movimenti e pensieri.

Ma all’alba del giorno dopo era già tutto dimenticato. La nostra determinazione e la grande voglia di godersi a fondo questa avventura ha prevalso su tutto, rischi, fatiche ma soprattutto le tante belle immagini vissute nei giorni di bel tempo ha ripagato di tutto questo.

Un’ultima cosa proponiamo, che una cosi grande avventura abbia una grande dedica: “a mia sorella Loredana“ persa circa tre mesi fa per un male incurabile.
Grazie di tutto

Franco Nicolini





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