Bine Žalohar e la prima discesa del Falak Sar nella Swat Valley in Pakistan
Bine Žalohar, sciatore estremo sloveno e atleta Karpos, è da poco rientrato dal Pakistan, dove
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Bine Žalohar, sciatore estremo sloveno e atleta Karpos, è da poco rientrato dal Pakistan, dove
Planetmountain
Bine Žalohar, sciatore estremo sloveno e atleta Karpos, è da poco rientrato dal Pakistan, dove ha messo a segno la prima discesa integrale del Falak Sar. Con 5957 metri di altezza il Falak Sar è la più alta elevazione della Swat Valley, nell’Hindu Kush pakistano, e presenta versanti che sembrano studiati appositamente per gli appassionati di sci estremo. La spedizione è stata veloce. Iniziato l’avvicinamento il 18 maggio Bine e i suoi 4 compagni hanno fatto ritorno al villaggio di Kalam il primo giugno. “La nostra è stata la terza salita assoluta alla montagna” ci dice subito Bine, carico di entusiasmo. “Abbiamo attaccato gli sci in cima e ci siamo lanciati in discesa per 1800 metri, che non sono stati per nulla facili!”. Poco sotto la vetta si sono trovati a traversare una complessa zona minacciata da seracchi, fino a incontrare la cresta di nord-ovest. Qui si sono calati per 200 metri in doppia, quindi hanno proseguito la discesa fino a raggiungere il campo base a 4150 metri di quota. “Un’avventura indimenticabile, vissuta in un ambiente unico nel suo genere e con compagni eccezionali”.
Bine, quando e come hai scoperto il potenziale sciistico del Falak Sar?
Tutto nasce quando, 3 anni fa, Enrico Mosetti propone di sciare insieme in questa zona. Il Falak Sar è subito entrato a far parte dei nostri sogni grazie alla sua forma, con pendii sciabili in ogni direzione. Abbiamo subito iniziato a ragionare sul progetto, ma alla fine non siamo riusciti a concretizzarlo a causa di mille imprevisti, tra cui la pandemia da Coronavirus.
Poi?
Dopo un anno di stop ho proposto a Tom Grant, uno dei migliori sciatori estremi che conosca, di fare qualcosa insieme. Abbiamo ragionato su diverse opzioni, tutte in Pakistan. Alla fine la scelta è ricaduta sul Falak Sar, per diverse ragioni: la logistica semplice, il poco tempo necessario per poter fare un serio tentativo, la bellezza della Swat Valley che i locali chiamano “la Svizzera dal Pakistan”.
Salita e discesa sono andate alla grande, ma sui tuoi social racconti di aver avuto qualche problema di salute che ha minato la bella realizzazione...
Quando porti avanti spedizioni brevi come questa, con soli 23 giorni a disposizione, non hai il tempo materiale per fare un corretto acclimatamento. Siamo andati subito spediti e in breve tempo abbiamo preso quota, ritrovandoci subito a star male a causa di un forte mal di montagna che ci ha fermati per qualche giorno al campo base. Fortunatamente abbiamo recuperato in fretta e siamo riusciti a muoverci, giusto in tempo per poter sfruttare una breve finestra meteo. Anche se non è stato per nulla facile.
Cosa intendi?
Io personalmente ho avuto qualche problema con dei congelamenti alle dita dei piedi. Nulla di grave, anche se ancora oggi non ho sensibilità a tre dita.
Dopo tante difficoltà, com’è stato sciare su quelle nevi?
Avevamo in mente la nord, per poi fare ritorno in qualche modo verso il colle ovest, dove avevamo piazzato un campo base avanzato. Alla fine, dopo aver raggiunto la vetta, abbiamo valutato che le condizioni non sarebbero state ottimali e avremmo rischiato di trovarci bloccati in parete in un luogo remoto, dove non esiste un sistema organizzato di soccorso come potrebbe essere il PGHM di Chamonix.
Quando sei su queste montagne cambi completamente approccio...
Si, esatto. Qui ho sperimentato per la prima volta quanto l’approccio possa essere diverso da quello che si mette in atto sulle montagne di casa. Sciare a Chamonix è bellissimo, ma qui in Pakistan è molto più affascinante e speciale. Ogni decisione che prendi deve essere ponderata perché le conseguenze potrebbero essere molto più difficili da gestire.
La neve invece, che condizioni avete trovato?
Non sono state facili. In alta quota molti tratti erano ghiacciati e ci siamo dovuti calare per 200 metri in corda doppia, sia a causa della pendenza che delle condizioni. In generale l’esperienza è stata bellissima, sciare per 1800 metri in mezzo al nulla godendo solo del suono delle assi sulla neve immacolata ci ha regalato sensazioni uniche. Voltarsi e guardare la nostra traccia ha riempito cuore e occhi di emozioni ancora oggi vive e difficili da descrivere a parole.
Info: www.karpos-outdoor.com
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